2 agosto
Macché "Blade Runner"! Macchè "Il silenzio degli innocenti"! Ma quale "Il Signore degli Anelli"!? "Il Padrino" e "I predatori dell'Arca Perduta" poi...Signore e signori, oggi parliamo di FRITZ LANG, il più grande regista austriaco e uno dei maggiori della storia del cinema, l'autore che prima di tutti (e probabilmente meglio di tutti) ha saputo affrontare, in maniera matura e consapevole, generi come la fantascienza, il thriller, il fantasy, l'avventura e il noir. Friedrich Christian Anton Lang nasce a Vienna il 5 dicembre 1890. Per far piacere al padre architetto si iscrisse al Politecnico, ma nel 1911, lasciò la famiglia e si iscrisse all'Accademia di pittura di Monaco, per seguire i corsi del simbolista Franz von Stuck. Nel 1912 iniziò a viaggiare per l'Europa, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Russia, Turchia, Asia Minore, Bali, Nordafrica, guadagnandosi da vivere vendendo disegni e vignette. Nel 1913 va a Parigi e per un anno fece la vita del pittore debosciato nella capitale francese. Frequentò assiduamente i cinema, appassionandosi a questa "nuova" forma d'arte. Allo scoppio della Grande guerra fu chiamato sotto le armi nelle file dell'esercito austro-ungarico. Eroe di guerra, più volte decorato per le numerose ferite ricevute, venne rimpatriato per una grave ferita in cui rimase orbo da un occhio, all'inizio del 1918, e dichiarato inabile al servizio attivo. Durante la lunga, penosa convalescenza scrisse dei copioni e sceneggiature per film. Ne vendette due ma non venne neanche citato nei titoli e il risultato lo deluse parecchio. Decise quindi che, vaffanculo, i film se li sarebbe fatti da solo! Se ne andò a Berlino, la capitale della cinematografia tedesca. Lì girò i suoi primi film tra cui "Die Spinnen 1: Der Goldene See" (I ragni: il lago dorato) e "Die Spinnen 2: Das Brillantenschiff" (I ragni: la nave dei diamanti), delle belle avventure esotiche e misteriose alla Indiana Jones. Gli fregarono sotto il naso "Il gabinetto del dottor Caligari" che gli era stato promesso e che fu invece affidato a Robert Wiene. Prima di scappare dai nazisti ebbe il tempo di inanellare ben quattro capolavori: "Il dottor Mabuse", un thriller con, come protagonista, un pazzo criminale con manie di grandezza e poteri paranormali (c'è chi ci ha visto una prefigurazione della parabola Hitleriana), un capolavoro dell'espressionismo che avrà due seguiti, "I Nibelunghi", un costosissimo precursore delle baracconate fantasy, tratto dalle saghe germaniche (in parte perduto), "Metropolis", probabilmente il più importante film di fantascienza in assoluto, distopico e spettacolare, per anni creduto perduto e poi, per fortuna, adeguatamente restaurato e, soprattutto, il suo primo film sonoro, il suo capolavoro immortale, "M, il mostro di Düssendorf", con uno straordinario Peter Lorre nei panni di un serial killer pedofilo. Per l'epoca fu uno scandalo, sia per l'argomento scabroso sia per la pietà umana che l'attore riuscì a far trasmettere da un personaggio così negativo. L'ultimo film prima di espatriare fu "Il testamento del Dottor Mabuse", secondo capitolo della serie del malvagio villain, in cui i rifermenti a Hitler divennero più espliciti. Dopo una breve tappa parigina, il nostro si trasferì negli Stati Uniti, dove riprese alla grande la sua attività. Girò un paio di ottimi western, dei film di guerra, dei melodrammi, ma è con i noir che darà il meglio di sé: "La confessione della signora Doyle", del 1952, "La bestia umana", del 1954, (tratto da La Bête humaine di Émile Zola, remake di un film di Jean Renoir), "Gardenia blu" e il bellissimo "The Big Heat", (Il grande caldo), del 1953, "Quando la città dorme" e "L'alibi era perfetto", del 1956. Tornò poi nella sua amata Germania dove girò altri due film avventurosi di ambientazione esotica e il suo testamento cinematografico, "Il diabolico Dottor Mabuse" terzo capitolo della saga del pazzo criminale con poteri esoterici. Il grande regista si spense, vecchissimo, il 2 agosto del 1976 a Beverly Hills. Il suo cinema, cupo, visionario, contrastato, ha fatto da modello a un numero incredibile di seguaci e rimane un esempio di cinema-cinema tout court, senza compromessi. Averne oggi di guerci dalla vista così lunga...

"Io ho fatto questo? Ma se non ricordo più nulla! Ma chi potrà mai credermi? Chi può mai sapere come sono fatto dentro, che cos'è che sento urlare nel mio cervello… e come uccido? Non voglio! Devo! Non voglio! Devo! E poi, sento urlare una voce… ma io non la posso sentire! Aiuto! Non posso… non posso… non posso… non posso…"
Hans/Peter Lorre -M, Il Mostro di Düssendorf

Fritz Lang