9 agosto
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Ci sono registi e registi, alcuni interessanti, altri bravi, altri mediocri, altri fanno semplicemente schifo. Alcuni hanno fatto un solo film notevole, altri diversi belli e alcuni brutti ma pochi, molto pochi sono quelli fondamentali. Ebbene, cari amici dei Mutzhi Mambo, il signor ROBERT ALDRICH è uno di questi! Nato a Cranston, nel Rhode Island, il 9 agosto del 1918, figlio di un editore, nipote di un senatore e cugino di Rockfeller, il nostro Robert non avrebbe avuto problemi se avesse continuato a studiare economia all'università. Ma Aldrich era uno che i problemi amava cercarseli: abbandonò gli studi e iniziò a lavorare presso una radio locale per uno stipendio da fame, pur di seguire la sua passione per il mondo dello spettacolo. La famiglia non la prese affatto bene, gli tagliò i fondi e lo estromise completamente da ogni eredità. Si iscrisse all'Accademy Studios dove seguì dei corsi di recitazione, e poi compì una dura gavetta come sceneggiatore e aiuto-regista prima di approdare alla sua prima regia televisiva. Il suo primo lungometraggio cinematografico risale al 1953 e l'anno successivo sfornò subito due classici-classici del western: "L'ultimo apache", con Burt Lancaster nella parte del pellerossa, il primo film in assoluto in cui i nativi americani sono visti in ottica positiva (prima, e anche per almeno i due decenni successivi, erano dipinti solo come spietati e crudeli selvaggi), e "Vera Cruz", una tesissima storia di rapine sullo sfondo della Rivoluzione messicana, con il roccioso Gary Cooper e di nuovo il fido Burt Lancaster. Del '55 è invece "Un bacio e una pistola", un classico del noir, un adattamento vigoroso di un romanzo hard-boiled con Mike Hammer, il detective privato donnaiolo e corrotto, creato da Mickey Spillane (inutile sottolineare come questo film sia stato citato e saccheggiato in seguito, perfino da Lynch e Tarantino). Dello stesso anno "Il grande coltello", un bel dramma psicologico con Jack Palance, con cui il nostro Robert criticò in modo esplicito l'ipocrisia e il cinismo dello Star System di Hollywood. Nel '56 girò "Prima linea", un asciutto e serrato war-movie con Jack Palance e Lee Marvin, anch'esso molto critico verso l'establishment e la logica interessata che sta dietro alle guerre (tanto che l'esercito americano negò ogni collaborazione e un'associazione di reduci ne organizzò il boicottaggio). Del '62 il suo film più celebre, l'angosciante thriller gotico "Che fine ha fatto Baby Jane" con l'immensa, spaventosa Bette Davis nella parte di una ex-bambina prodigio, pazza e alcolizzata, che sottopone la sorella disabile (una bravissima Joan Crawford) alle più crudeli angherie (ma non tutto è come sembra...), mentre del '64 è "Piano piano, dolce Carlotta", concepito originariamente come seguito di "Baby Jane", ma cambiato in corsa per il sopravvenuto decesso della Crawford. Anche qui la Davis fa la parte della pazza visionaria, spinta verso la follia dai loschi maneggi dei parenti, e anche qui Robert riuscì ad infondere alla vicenda tinte foschissime e malate. Della produzione successiva, tutta di ottima fattura, si devono almeno citare: "Quella sporca dozzina", violento e cinico film bellico con degli ex-galeotti spediti a compiere una missione segreta praticamente impossibile (vi ricorda qualcosa?), con un cast stellare (Marvin, Borgnine, Bronson, Cassavetes, Savalas...); "Niente orchidee per Miss Blandish", una storia di rapina con ostaggio senza lieto fine, claustrofobica e angosciante, tratta da un romanzo di James Hadley Chase; il western crepuscolare e pessimista "Nessuna pietà per Ulzana", con un Burt Lancaster in piena forma; "Quella sporca, ultima meta", la storia di una partita di football americano organizzata tra detenuti e guardie carcerarie, con un disincantato Burt Reynolds nel ruolo di protagonista. Il grande regista se n'è andato nel 1983, per insufficienza renale, lasciandoci a rivedere i suoi bellissimi film che, in fondo, sono stati proprio così: solidi, violenti, cinici, eccessivi... come una partita di football in carcere!

...e visto che si parlava di Spillane:
"Bastarono due minuti alle macchine della polizia per piombare sul posto. Arrivarono dalle due estremità della strada, a tutta sirena, andarono ad arrestarsi sotto il lampione, e gli agenti che sedevano vicino all’autista erano a terra prima ancora che le gomme avessero smesso di gemere. Uno degli agenti, un giovane, stringeva in pugno una rivoltella e pareva prontissimo a servirsene. Me la puntò diritto al ventre e disse: «Chi siete voi?» Indicai con la sigaretta il cadavere sul marciapiede. «Testimone oculare» risposi laconicamente."
Mickey Spillane - Il Colpo Gobbo

Robert Aldrich