14 gennaio 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Siamo veramente lieti di omaggiare oggi, nell'anniversario della sua scomparsa, una delle migliori attrici in assoluto della storia (e una delle nostre preferite), la favolosa SHELLEY WINTERS! Ha esordito come biondona burrosa e provocante (proprio una vera manza!) ma è riuscita ad essere una delle pochissime pin up a non aver paura di invecchiare con classe. Dotata di una invidiabile auto-ironia, ha interpretato ruoli eccezionali e sempre più imprevedibili in tutta la sua lunghissima carriera (50 anni sul set sono veramente una cosa rara!) senza disdegnare parti "scomode" e bizzarre, in produzioni veramente eterogenee, dimostrando una bravura, una professionalità e un'umiltà veramente fuori dal comune. Nata a East St. Louis, nell'Illinois, il 18 agosto del 1920 con il nome di Shirley Schrift da un emigrante di origine ebraica, e da Rose Winter (nata nel Missouri ma anch'essa figlia di emigranti), studiò recitazione all'Hollywood Studio Club. Si trovò a dividere la propria stanza con un'altra debuttante destinata a diventare una grande celebrità: Marilyn Monroe. Irruppe sulla scena hollywoodiana come vamp dalle chiome bionde con una piccola parte nella commedia "Che donna!" (1943), di Irving Cummings e prese parte, tra gli altri, anche al notevole crime "Violenza" (1947) di Gordon Wiles. In "Doppia vita", diretto lo stesso anno da George Cukor e liberamente tratto dall' "Otello" di Shakespeare, la Winters ebbe il primo ruolo importante della sua carriera. Ha recitato in diversi noir, tra cui "L'urlo della città", (1948), di Robert Siodmak, "Passo falso" (1949), di Chester Erskine, "Cocaina" (1949) di William Castle, e "Ho amato un fuorilegge"(1951), di John Berry, sempre nel ruolo della pupa di turno ma ben presto, sentendosi limitata da questo cliché, preferì approfondire la recitazione per orientarsi verso ruoli di maggiore impegno come ad esempio, nel 1951 in "Un posto al sole", a fianco di Montgomery Clift ed Elizabeth Taylor, nel ruolo non certo glamour della dimessa operaia che trova la morte per mano del marito. Il film, diretto da George Stevens e pietra miliare del cinema statunitense, le consentì di conquistare la sua prima nomination all'Oscar. Dopo di esso si fanno notare il drama di ambiente pugilistico "Tennessee Champ", (1954) di Fred M. Wilcox, "La sete del potere"(1954), di Robert Wise (1954), il mitico "Mambo" (1954), a fianco della nostra eroticissima Silvana Mangano, di Robert Rossen, il fondamemtale noir con Robert Mitchum, "La morte corre sul fiume" (1955), di Charles Laughton, "Il grande coltello" (1955), altro hard boiled favoloso di Robert Aldrich; "Tutto finì alle sei" (1955), tratto da "Una pallottola per Roy" di W.R. Burnett, di Stuart Heisler, con un cast stellare composto da Jack Palance, Lee Marvin, e Lon Chaney; l'eccezionale "Strategia di una rapina" (1959), di Robert Wise, con Ed Begley e Harry Belafonte. Un curriculum da paura! Lo stesso anno si aggiudicò finalmente il massimo riconoscimento dell'Academy, il premio Oscar come miglior attrice non protagonista per "Il diario di Anna Frank"; avrebbe riconquistato nuovamente l'Oscar nel 1965 per il film "Incontro al Central Park", tratto da un romanzo di Elizabeth Kata. È stata la prima attrice a vincere due volte l'Oscar come migliore interprete non protagonista: dopo di lei ci è riuscita solo Dianne Wiest. Successivamente è nel cast del meraviglioso "Il giardino della violenza" (1961), di John Frankenheimer, e soprattutto in "Lolita" (1962), di Stanley Kubrick, in cui interpreta la madre alcolizzata della protagonista: il ruolo della vita! Di qua in avanti la sua personalità dimostra tutta la sua versatilità: non più giovanissima e bella cicciottella, si adatta alla perfezione al suo nuovo status e la ritroviamo infatti in film horror, thriller, western, noir, d'autore, commedie, B-movies, alcuni di essi entrati di prepotenza nel nostro immaginario. Dal giallo "Detective's Story" (1966), di Jack Smight, con Paul Newman, al western crepuscolare "Joe Bass l'implacabile" (1968), di Sydney Pollack; dai thriller "Chi giace nella culla della zia Ruth?" (1971) e "I raptus segreti di Helen" (1971), di Curtis Harrington, all'horror psicologico "Lo specchio della follia" (1969), di Bernard Girard; dal mito della blackexplotation "Cleopatra Jones: licenza di uccidere" (1973), di Jack Starrett, al visionario capolavoro di Roman Polanski "L'inquilino del terzo piano" (1976); dal B-movie "Tentacoli" (1977) di Ovidio G. Assonitis, con Henry Fonda e John Huston, al bellissimo "Un borghese piccolo piccolo" (1977) di Mario Monicelli, a fianco di Alberto Sordi; dal thriller stracult "Gran bollito" (1977) di Mauro Bolognini, al fantascentifico "Stridulum", (1979) di Giulio Paradisi; dal Pulpissimo "Il clan dei Barker", di Roger Corman (1970), all'action "Delta Force" (1986), con Lee Marvin e Chuck Norris. La sua ultima interpretazione risale al 1999 nel film "La bomba", di Giulio Base, al fianco del suo ex marito Vittorio Gassman (anch'esso alla sua ultima apparizione sul grande schermo), con il quale fu sposata e dal quale ebbe una figlia, Vittoria. La sua personalità, per certi versi esplosiva, come donna e come attrice l'ha portata spesso sulle prime pagine dei giornali, anche di quelli riservati strettamente al gossip sul mondo della celluloide. La sua stessa vita sentimentale, quanto mai articolata, è stata al centro del chiacchiericcio mondano, ma anche da lei stessa raccontata talvolta attraverso scritti autobiografici ricchi di particolari rispetto alle vicende dei suoi tre matrimoni – fra cui oltre quello con Gassman, anche con l'attore Anthony Franciosa – e dei numerosi flirt con personalità dello spettacolo come William Holden, Burt Lancaster e Marlon Brando. Con grande autoironia, ricordando le passate avventure, affermò in seguito: «Una volta ho girato un film in Inghilterra: faceva così freddo che stavo per sposarmi». La stupenda Shelley è morta a Los Angeles, il 14 gennaio del 2006. C'è poco da fare o da dire: è stata la meglio!

"Io penso che la nudità sul grande schermo sia disgustosa, vergognosa e anti-patriottica. Ma se avessi 22 anni, con un gran bel corpo, sarebbe artistica, di buon gusto, patriottica e un'esperienza religiosa progressista."
Shelley Winters

Shelley Winters