24 aprile
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Mamma mia, che mese aprile! Non bastava Roger Corman: oggi è la volta di un altro campione mondiale di Pulp, il simpaticissimo WILLIAM CASTLE, il regista più scaltro di Hollywood! Infatti, cari amici dei Mutzhi Mambo, Castle non è certo noto per la qualità (spesso ma non sempre infima) delle sue pellicole, quanto per i divertentissimi, per quanto squallidi, espedienti per portare il pubblico in sala, i famosissimi "gimmicks"! Assicurazioni sulla vita, finti sit-in davanti alle sale, sedie vibranti, scheletri di plastica che volteggiano sopra la platea: nessun mezzuccio era troppo ardito o sconveniente per il nostro William. Spendeva più soldi in queste minchiate che per realizzare i film! Autentico cavallo di razza della filosofia low-budget, Castle ha, a suo modo, inventato il marketing più greve legato al cinema, le frasi di lancio più ad effetto (roba che, per esempio, il grande Hitchcock si è studiato ben bene per la promozione di "Psycho"....), il tutto per mascherare la pochezza del suo cinema. Nulla che il corto dell'arrivo del treno in stazione filmato dai fratelli Lumière non avesse già anticipato, almento nella "filosofia", ma che il nostro William ha portato alle conseguenze più estreme e demenziali. Ma Castle non era certo un visionario inconsapevole (come, per certi versi lo fu Ed Wood): il nostro sapeva benissimo dove andare a parare e lo faceva senza rimpianti, pronto a sfruttare ogni spiraglio per guadagnare. Un cinema che, inutile ricordarlo, non c’è più, straordinariamente divertente, a suo modo romantico, certamente spaventoso e sardonico insieme; un mondo straordinariamente inventivo, fatto di grandi intuizioni, geniali trovate di marketing, pellicole che, comunque, si sono meritate un posto nell’enciclopedia del cinema dello spavento. William Schloss (così all'anagrafe) naque a New York, il 24 aprile del 1914. Di famiglia ebrea, per evitare le allora frequenti discriminazioni adottò il cognome d'arte Castle, traducendo in inglese il suo cognome originale Schloss (che in tedesco significa appunto "castello"). All’età di 6 anni il padre lo portò a vedere un film horror, il piccolo ne rimase così impressionato che uscì dal cinema con i pantaloni bagnati. Rimasto orfano all’età di 11, crebbe con la sorella maggiore. Ebbe l’illuminazione sulla sua futura occupazione a 13 anni, quando andò a vedere lo spettacolo teatrale "Dracula", interpretato da Bela Lugosi. Come egli stesso scrive nella sua biografia "Capii allora cosa volevo fare della mia vita: spaventare a morte il pubblico". Lugosi in persona lo raccomandò per la posizione di assistente dello stage manager per il tour della compagnia teatrale. A 15 anni abbandonò la scuola superiore per iniziare a lavorare. Passò i suoi anni dell' adolescenza a lavorare a Broadway in diverse mansioni che andavano dall'assistente scenografo alla recitazione di piccoli ruoli. Grazie a questa formazione "artigianale" (nel vero senso del termine) si fece le ossa nel mondo dello spettacolo. La sua prima "prova" come regista fu un chiaro segnale della sua futura "politica" di marketing. Riuscì ad ottenere il numero di telefono di Orson Welles e lo convinse a concedere in affitto il teatro Stony Creek in Connecticut, dove Welles aveva iniziato a girare "Citizen Kane". Assunse l'attrice tedesca Ellen Schwanneke e, dopo aver appreso che i regolamenti delle gilde teatrali vietavano agli attori nati in Germania di apparire in spettacoli americani e che potevano solo partecipare a pièces originariamente prodotte nel loro paese d'origine, Castle sostenne di averla assoldata per l'inesistente "Das ist nicht für Kinder" ("Non per i bambini"); trascorse poi il seguente fine settimana a scrivere lo spettacolo e a tradurlo in tedesco. Quando la Germania nazista invitò la Schwanneke a una performance a Monaco, Castle prese al volo l'occasione per una manovra pubblicitaria. Girò ai giornali quello che sosteneva fosse un telegramma di rifiuto che l'attrice aveva inviato declinando la richiesta e propagandò il fatto con lo slogan "la ragazza che ha detto no a Hitler"! Per aggiungere del sensazionalismo, vandalizzò segretamente il teatro, imbrattandolo con svastiche. Il trucco funzionò: tutto quel battage assicurò il successo allo spettacolo, scritto in fretta e furia in sole 48 ore! Lasciò Hollywood a 23 anni, per lavorare con Harry Cohn alla Columbia Pictures. Era una delle poche persone che piaceva a Cohn e da lui apprese l'attività di cineasta, specializzandosi nel dirigere B-movie ultra-economici, il primo dei quali fu un crime della serie del detective Boston Blackie, "The Chance of a Lifetime" (1943). Diresse quattro film nella serie "The Whistler", dei noir pieni di mistero basati sul radio-drama omonimo, e si fece presto la reputazione di essere il tipo giusto in grado di realizzare velocemente film low-budget. Inoltre, lavorò come produttore associato per il noir "La signora di Shanghai" (1947) di Orson Welles, dirigendo direttamente diverse sequenze. Professionalmente insoddisfatto, Castle iniziò a fare film da solo. Fra le sue prime prove si segnalano: "Crime Doctor's Man Hunt" (1946), con protagonista il personaggio di Crime Doctor, uno psicologo criminale creato dalla CBS alla radio negli anni 1940, "Chicago, bolgia infernale" (1949), un film poliziesco piuttosto cupo, che segnò il debutto di Rock Hudson, "Cocaina" (1949), un bel noir con Shelley Winters, "I misteri di Hollywood" (1951), un giallo con Richard Conte, "Storia di un detective" (1951), basato sulla serie poliziesca radiofonica "The Fat Man", trasmessa sul network radiofonico della ABC, il western "Non cedo alla violenza" (1951). Dopo diversi altri film, Castle decise di prodursi e promuoversi autonomamente, iniziando la saga dei celeberrimi "gimmicks". L'ispirazione la prese dal thriller psicologico francese del 1955, "Les Diaboliques": finanziò il suo primo film, "Macabre" (1958), ipotecando la sua casa e, per allettare il pubblico, ebbe l'idea di intestare a ogni spettatore un certificato per una polizza di assicurazione sulla vita di $ 1.000 stipulato dal Lloyd's di Londra, nel caso in cui morisse di paura durante il film. Mise delle stazioni sanitarie con tanto di infermieri e ambulanze parcheggiate fuori dai teatri. Il film naturalmente era un discreto giallo con sfumature gotiche che non faceva affatto paura, ma risultò un successone al botteghino. Per "La Casa dei Fantasmi" del 1959, utilizzò uno stratagemma denominato "Emergo": nel momento in cui sullo schermo uno scheletro risorgeva da una vasca di acido, il proiezionista attivava un meccanismo che faceva fluttuare uno scheletro fosforescente con gli occhi rossi sopra le teste degli spettatori, provocando urla di terrore ed attacchi di panico. Dello stesso anno è "Il Mostro di Sangue", un film incentrato su una creatura originata dalla paura che si insedia nella colonna vertebrale, si nutre del midollo spinale delle sue vittime, provocando formicolio e tremore incontrollato nell’ospite, e può essere distrutta solo dalle urla. Per incrementare l’effetto della visione, Castle utilizzò il sistema "Percepto": fece installare dei congegni vibranti sotto i sedili dei cinema che venivano attivati poco prima della fine del film, quando agli spettatori veniva detto che una delle creature si era persa nel cinema ed il protagonista, interpretato da Vincent Price, esortava il pubblico a "gridare per le loro vite". Nel 1960, venne prodotto "13 Fantasmi", girato in "Illusion O", un sistema che permetteva, attraverso degli appositi occhiali costituiti da una lente rossa ed una blu, di veder comparire dei fantasmi durante la proiezione del film. Se le visioni risultavano essere troppo paurose, si poteva guardare tranquillamente il film con la rimanente lente blu. "Homicidal" del 1961, vide la creazione di un espediente totalmente diverso dai precedenti. Questa volta Castle si rivolse all’orgoglio del pubblico istituendo una "pausa terrore", che garantiva il pieno rimborso del biglietto a tutti gli spettatori che non se la sentivano di proseguire la visione. Per coloro che abbandonavano lo spettacolo era prevista una vera e propria umiliazione pubblica: un passaggio obbligato li guidava ad un "angolo dei codardi", dove un’infermiera misurava loro la pressione e li obbligava a firmare un "registro dei codardi"; il tutto mentre una voce registrata continuava a blaterare "Guarda il pollo! Guardalo tremare di paura nell’angolo dei codardi!". Un genio! Nel 1961 uscì anche "Mr. Sardonicus", nel finale del quale lo stesso Castle appariva sullo schermo per istituire un "sondaggio punitivo" e chiedere al pubblico di votare, attraverso appositi cartellini fluorescenti, tra il salvataggio e la morte dell’odioso protagonista. Sebbene il regista abbia affermato il contrario, è quasi sicuro che il finale "buono" non sia mai stato girato, e che in realtà non ci sia mai stata nessuna vera possibilità di scelta. Nel 1963 diresse "Il castello maledetto", remake dell'omonimo film del 1932 diretto da James Whale con Boris Karloff. Per l’uscita di "5 Corpi senza Testa", del 1964, i produttori proibirono a Castle l’utilizzo di qualsiasi gimmick, ed egli pensò bene di metterne in atto uno dei migliori: scritturare la famosissima (ma ormai a fine carriera) Joan Crawford, reduce dal successo di "Che fine ha fatto Babe Jane?". Agli spettatori furono comunque dati dei gadgets che riproducevano l’arma del delitto, un’ascia insanguinata. "I saw what you did", uscito l’anno seguente, è una pellicola incentrata sui macabri scherzi telefonici di due adolescenti e vede di nuovo la partecipazione della Crawford. Per pubblicizzare il film Castle fece realizzare dei giganteschi telefoni di plastica, ma in seguito a un’impennata degli scherzi telefonici e dei conseguenti reclami, la Bell Telephone Company vietò a Castle l’utilizzo dei telefoni e lo costrinse a ripiegare su un altro stratagemma. Secondo il regista, le locandine del film avrebbero dovuto riportare la dicitura "William Castle vi avverte: questo è un film sull’Uxoricidio", e nelle file posteriori si sarebbero dovute creare delle "Shock Sections", costituite da sedili con cinture di sicurezze che avrebbero impedito agli spettatori più sensibili di "essere sbalzati via dalla sedia per la paura", ma sembra che l’idea sia stata abbandonata prima della distribuzione della pellicola. L’ultima trovata di Castle risale al 1975, anno in cui uscì "Bug", un b-movie che vedeva come protagonista un esercito di scarafaggi mutanti. La locandina lo acclamava come "Il film che vedrete con gli occhi chiusi", e presentava una checklist di cose da fare per essere sicuri di non trovarsi di fronte ad una super-blatta. Così come era cominciata, la sua carriera si chiuse con un’altra polizza: un milione di dollari sulla vita di Hercules, il protagonista della pelliccola. Nel 1968 produsse il mitico "Rosemary’s Baby" di Roman Polanski, recitando nel film in un piccolo cameo: Castle avrebbe voluto dirigere lui stesso la pellicola, ma la casa cinematografica insistette per avere un altro regista, temendo che la reputazione di Castle quale regista di B-movie potesse nuocere al film e dimostrando quindi scarsa fiducia nel risultato che il regista avrebbe potuto ottenere. William Castle, l’uomo che voleva spaventare a morte il mondo e che l’aveva sedotto con i suoi trucchi, si spense nel 1977 in California per un attacco di cuore. Troppo simpatico e anarcoide uno come William Castle per poter campare al mondo d'oggi. Peccato perché di "artisti" così non ce ne saranno più. ...
Nota a margine: Lawrence Woolsey, il visionario regista interpretato dal bravissimo John Goodman nello splendido, nostalgico omaggio ai film di serie B di Joe Dante, "Matinee" (1993), è basato sulla figura di William Castle.

"Un esperto è un uomo che ti dice una cosa semplice in modo confuso in modo da far pensare che la confusione sia colpa tua"
William Castle

William Castle