27 aprile
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Viaggio a ritroso nel tempo oggi, cari amici dei Mutzhi Mambo, per andare a omaggiare uno dei padri del cinema dell'orrore, il cupo ROBERT WEINE, il maggior esponente del cinema espressionista tedesco! Il suo capolavoro, "Il Gabinetto del Dottor Caligari" (e "Gabinetto" sta per "Laboratorio", razza di ignoranti!), non ha perso nulla, a distanza di quasi un secolo, della sua carica angosciante e visionaria e rimane, insieme a "Nosferatu" di Friedrich Wilhelm Murnau e "Il Dottor Mabuse" di Fritz Lang, l'apice del cinema horror dell'epoca. Giocato sul il tema del doppio e della difficile distinzione tra allucinazione e realtà, aiutato da una scenografia delirante caratterizzata da forme zigzaganti e spigolose, il film venne nutrito e riprese appieno l'atmosfera oscura e pesante che si respirava nella Germania post-Grande Guerra, prefigurando allegoricamente gli esiti storici che ebbe quell'infausto periodo. Robert Wiene nacque a Breslavia, il 27 aprile del 1873, figlio di Carl Wiene, un noto e popolare attore teatrale. Conrad, suo fratello minore, divenne anch'egli attore. Robert all'inizio frequentò i corsi di legge all'Università di Berlino. Dal 1908, entrò anche lui nel mondo dello spettacolo con piccole parti in teatro. La sua prima incursione nel mondo del cinema avvenne nel 1912 con un suo soggetto cinematografico, "Die Waffen der Jugend"; dal 1914 collaborò con la Messter-Film e altre case di produzione, scrivendo e dirigendo commedie e melodrammi. La sua carriera ebbe una svolta nel 1919, quando diresse "Das Cabinet des Dr. Caligari"; originariamente proposto a Lang che però lo rifiutò, prodotto dalla Decla-Film, su soggetto di Hans Janowitz e Carl Mayer, il film fu un grande successo, nazionale e internazionale, cui contribuirono gli scenografi Hermann Warm, Walter Reimann e Walter Röhrig; nella storia del folle ipnotizzatore (Werner Krauss) responsabile dei crimini commessi da una sorta di zombie (Conradt Veidt), la scenografia anticipa infatti il ruolo svolto in seguito dai movimenti di macchina: di fronte alla cinepresa, ancora immobile, le linee spezzate e contorte suggeriscono allo stesso tempo l'instabilità del mondo esteriore e il disordine di quello interiore. Nel film il terrore nasce dagli andirivieni dei personaggi in un décor dipinto fatto di viuzze strette e contorte, di alberi macilenti di cartone, di fanali sbilenchi (con buona pace di Tim Burton...). Il termine "gabinetto", che allude anche ai "gabinetti di curiosità" settecenteschi, assume così il suo significato clinico: Caligari invade l'interiorità delle menti dirigendo un ospizio per alienati, strutturato a sua volta come una scena immaginaria. L'interiorità e l'esteriorità divengono inestricabilmente legate e reversibili; l'anima è un teatro e l'uomo è una marionetta. Ma soprattutto del film si ricordano i fondali dipinti in modo asimmetrico e irrealista, il pesante trucco sui volti dei personaggi, il clima da incubo che tanto spaventò il pubblico dell’epoca e che tanto ha influenzato il cinema a venire, soprattutto quello horror. Weine conservò uno stile vicino all'Espressionismo, improntato al gusto per le "forze oscure", nelle produzioni immediatamente successive, "Genuine" (1920), "Delitto e Castigo" (1923), tratto dal romanzo omonimo di Dostoevskij, "I.N.R.I." (1923), spettacolare ed enfatica messa in scena della passione di Cristo, girata con ingenti mezzi e l'impiego di grandi star, e "Il Burattinaio Satanico" (1923). Tornato a Vienna, dal 1924 assunse la direzione artistica della Pan-Film e riconquistò la critica con "Le Mani dell'Altro" (1924), un thriller psicologico (tratto dal romanzo "Les mains d'Orlac" di M. Renard), in cui un pianista è dominato dalla volontà delle mani che gli sono state trapiantate (nel 1935 Karl Freund ne avrebbe realizzato un remake negli Stati Uniti, dal titolo "Mad love"). Sempre a Vienna girò "Der Rosenkavalier" (1926), adattamento dell'opera di Strauss che suscitò grande interesse anche per il contributo del compositore e librettista H. von Hoffmanstahl. Di nuovo a Berlino dal 1926, Weine proseguì in questo indirizzo più commerciale, anche se non abbandonò del tutto temi e motivi propri dell'Espressionismo, come dimostra in particolare il suo primo film sonoro, "Der Andere" (1930), remake dell'omonimo film del 1913 di Max Mack inquietante vicenda basata sul motivo a lui caro del "doppio". Nel 1934, quando i nazisti avevano già conquistato il potere, Weine, di origini ebraiche, dovette fuggire dalla Germania; dopo aver soggiornato a Budapest e a Londra, si stabilì a Parigi, dove faticò a trovare lavoro e non riuscì a portare a termine la sua ultima regia, "Ultimatum" (1938), dramma storico sulle origini della Prima Guerra Mondiale, affidato poi a Robert Siodmak. Il grande regista morì infatti di cancro il 17 luglio del 1938, dieci giorni prima di finire la produzione del film. E pensare che oggi, per far paura (?) ci vogliono i milioni. Un secolo fa, bastavano estro e tanta, tanta fantasia malata! Tanti auguri Maestro dei Maestri (ovunque tu sia adesso...)!

"I must know everything
I must penetrate his secret...
I must become Caligari!"
Didascalia de "Il Gabinetto del Dottor Caligari"

Robert Weine