29 aprile
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo
«Signore e signori, buonasera»: era bello (e inquietante) sentirlo dire dopocena, quando dovevano iniziare le puntate delle serie create da ALFRED HITCHCOCK, il "Maestro del Brivido"! Appariva sul piccolo schermo, rigorosamente in bianco e nero, bello ciccione, sornione (e la parola "sornione" con lui ha assunto il suo pieno significato....), presentando e congedando le puntate in situazioni sempre più grottesche e macabre, pronto a stuzzicare i nostri più malati istinti con la sua ironia nera (così tanto fottutamente british)! Hitchcock, cari amici dei Mutzhi Mambo, era il più bravo di tutti a scandagliare le nostre curiosità più morbose, spaventose e cattive e a riproporle in versione potabile. È praticamente impossibile definire quanto è stato fondamentale: non era un regista di "genere", era un inventore di "generi"! Insieme a Kubrick, è probabilmente l'uomo che ha creato quasi tutti i canoni del cinema moderno, almeno quello di suspense, che ancora oggi fungono da "regole" se vuoi realizzare un film decente. Il prestigio, guadagnato nel tempo, di indiscusso maestro nell'orchestrare la suspense all'interno della struttura del film, non si limita al virtuosismo dispiegato nel genere del thriller ma si fonda sulla creazione di un mondo immaginario, la cui riconoscibilità è tale da essere racchiusa in una cifra stilistica inconfondibile. La struttura narrativa del film (inquadratura, montaggio, sequenza) non narra soltanto il fatto in se stesso ma traccia un imprevedibile percorso che finge di essere narrazione per introdurre in un'operazione metacinematografica che sposta l'intrigo da decifrare tutto sul piano dei "meccanismi" filmici e visivi, sganciandoli dalle mere figure narrative del genere giallo o thriller. L'importanza del cinema di Hitchcock, come al solito, non venne inizialmente colta dalla critica che mostrò anche diffidenza e fraintendimento rispetto alla sua opera. E questo perché nell'opera del maestro inglese, trasferitosi nel 1940 negli Stati Uniti, non c'è quasi mai, come nel giallo, la reale preoccupazione di seguire e dipanare un intreccio, né, come nel noir classico, l'interesse a descrivere un mondo, le sue leggi e i suoi personaggi. Quello che interessava ad Hitchcock era mettere in scena le paure comuni dell'uomo comune, e fare in modo che lo spettatore le vivesse in prima persona mentre le osservava e non le subisse invece attraverso un racconto. Le vertigini, la perdita d'identità propria o di chi ci è a fianco, il tradimento, l'essere accusati ingiustamente, la claustrofobia, il venire improvvisamente strappati dal proprio mondo, l'essere braccati: il cinema di Hitchcock suscita queste sensazioni, che sono tutte facce di uno stesso sentimento di base, la paura. Una paura motivata e ragionevole, non lontana e soprannaturale come quella dell'horror, con cui ogni spettatore potrebbe trovarsi un giorno a fare i conti. Sembrerebbe impossibile, visto quanto riusciva a mostrarsi simpatico, ma a sentire gli attori che lavorarono con lui, risulta che sulla scena fosse un tiranno, un vero stronzo! Alfred Joseph Hitchcock naque il 13 agosto del 1899 a Leytonstone, un quartiere dell'East End di Londra, a otto chilometri dal centro. I genitori erano titolari e proprietari di un negozio di frutta e verdura. Il padre commerciava come grossista di derrate alimentari; successivamente acquistò anche una pescheria. Dirimpetto al negozio si trovava l'abitazione della famiglia. Alfred era il più giovane di tre fratelli. Il padre, cattolico osservante, provvide a impartirgli una rigida educazione cattolica. Spesso Alfred accompagnava il padre sul carretto con i cavalli nel giro di consegna delle merci ai clienti e ai negozi della zona. Nel 1914 muore il padre, un uomo eccezionalmente severo, all'età di 52 anni. La famiglia gli trasmise comunque un grande amore per il teatro. Si recavano tutti insieme alla domenica nei teatri della zona e Alfred ben presto conobbe attraverso commedie e drammi, tante storie con cui nutrire la sua fantasia; apprezzava le interpretazioni di attori e attrici famose e guardava ammirato le spettacolari scenografie. Durante il tempo libero spesso se ne stava solitario e disdegnava i giochi, preferendo mettersi ad osservare. Aveva una passione spiccata per la geografia: collezionava carte topografiche, studiava gli orari ferroviari. A otto anni aveva già percorso tutte le linee tramviarie londinesi e raggiunto in battello a vapore la foce del Tamigi. Consultava con regolarità il bollettino dei naviganti e su una mappa segnava le rotte della flotta mercantile inglese. Nell'autunno del 1910 si iscrisse presso il Saint Ignatius College, retto dai Gesuiti. Ne sperimentò presto la feroce disciplina. Nel luglio del 1913, a 13 anni, lasciò l'Istituto. Per tutto il 1914 frequentò dei corsi serali presso la Scuola di Ingegneria e Navigazione dell'Università di Londra. All'inizio del 1915 trovò un posto alla Henley Telegraph & Cable Company, una fabbrica di cablature elettriche, fili telegrafici e materiale bellico. Per 15 scellini alla settimana doveva calcolare la misura e il voltaggio dei cavi elettrici che la ditta installava. Nel 1917 si sottopose alla visita medica per il servizio militare, ma venne riformato. Si arruolò comunque in un corpo volontario del genio. Leggeva tantissimo: Gilbert Keith Chesterton, John Buchan, Edgar Allan Poe, Gustave Flaubert; scriveva pure racconti per la rivista aziendale. Alla Henley, grazie alla sua abilità nel disegno, venne trasferito all'ufficio pubblicità. Continuò a frequentare il teatro e si appassionò al cinema. A Londra all'epoca c'erano 400 cinematografi e l'ingresso al cinema costava meno della poltrona a teatro. Nel 1920 entrò nel mondo della settma arte: venne assunto nella sede londinese della Famous Players-Lasky-Studios, una società cinematografica anglo-americana (la futura Paramount Pictures). Il suo lavoro consisteva nel disegnare i titoli e le didascalie dei film muti prodotti dallo Studio, un lavoro che eseguiva spesso di notte perché non aveva ancora lasciato il vecchio impiego alla Henley. Dal 1923 al 1925 Alfred lavorava per la Gainsborough Pictures, occupandosi di diverse mansioni secondarie, come il più classico dei tuttofare: sceneggiatore, scenografo, assistente alla regia, addirittura montatore in cinque film. Affiancò come aiuto il regista Graham Cutts nella lavorazione del film "Woman to Woman" prodotto da Michael Balcon. L'ultima esperienza maturata come aiuto scenografo-sceneggiatore per il film "The Blackguard" di Graham Cutts, coproduzione fra la Gainsbourough e l'UFA di Berlino, lo portò nella capitale tedesca dove lavorò a fianco di Murnau che stava girando "L'ultima risata" e di Fritz Lang che aveva appena finito di girare "I nibelunghi". Si fa risalire a questo soggiorno berlinese la componente espressionistica di tanto cinema Hitchcockiano. Nel 1925 Hitchcock tornò alla regia con due coproduzioni anglo-tedesche, "The pleasure garden" (uscito solo nel 1927) e "Il pensionante" (1926), film, quest'ultimo, che rivelò il suo talento nel suggerire atmosfere di mistero in una variazione del caso di Jack Lo Squartatore. Nella costruzione visiva del film si affastellavano i temi, che saranno tipicamente hitchcockiani, del dubbio, del falso colpevole, della persecuzione mentale, dell'ossessione psicologica che "minaccia" dall'interno del pensiero e "dietro lo sguardo" dei personaggi tutto lo svolgersi dei fatti. Dopo "Vinci per me!" (1927) Alfred si affermò definitivamente con "Blackmail" (1929), che girò muto e che venne poi distribuito post-sonorizzato, e con "Omicidio" (1930), esempio di whodunit (intrigo basato sull'interrogativo del "chi ha commesso il delitto") ambientato nel mondo del teatro, come sarà per "Paura in Palcoscenico" (1950). Ma la maestria del regista si confermerà, coniugando un sottile humour a un calibrato e abilissimo senso dell'intrigo e della suspense, con i più significativi tra i film che compongono il suo periodo inglese: "Il club dei trentanove" (1935), dalla perfetta struttura "a inseguimento", lo spionistico "Agente Segreto" (1936), "Sabotaggio" (1936), tratto da "The secret agent" di J. Conrad e cadenzato con un ritmo implacabile, "Giovane e innnocente" (1937) miscela di causticità e invenzioni visive in un intrigo persecutorio, "La Signora scompare" (1938) che caratterizza il meccanismo hitchcockiano di indagine e suspense intorno al :mistero cifrato" in una notazione musicale, già presente nella prima versione di " L'uomo che sapeva troppo" (1934). Il successo anche commerciale di questi film assicurò a Hitchcock un avvenire a Hollywood e il periodo statunitense si aprì con "Rebecca, la prima moglie" (1940), tratto da un romanzo di D. Du Maurier (da un'altra opera della stessa scrittrice aveva anche tratto l'ultimo film del periodo inglese, l'onirico e trasgressivo "La taverna della Giamaica" del 1939). Al film prodotto da David O. Selznick, che unisce il romanticismo gotico e il senso del melodramma a una atmosfera di angosciose allusioni e interrogativi inquietanti, fece seguito una serie di opere di grande successo come "Il prigioniero di Amsterdam" (1940), "Il signore e la signora Smith" (1941), "Sabotatori" (1942), "Prigionieri dell'oceano" (1944), ma soprattutto "Il sospetto" (1941), "L'ombra del dubbio" (1943) e "Io ti salverò" (1945), film in cui emergono con forza le figure hitchcockiane per eccellenza: il senso di colpa e di pericolo, la persecuzione minacciosa, i meandri congetturali della mente, l'ombra del peccato, le ambiguità morali, sempre regolati da un perfetto meccanismo thrilling e racchiusi in una "paranoia dello sguardo" dove ogni dettaglio è significante. L'opera di Hitchcock si andò delineando soprattutto attraverso la messa a punto di spazi e tempi, di figure stilistiche, di movimenti di macchina capaci di implicare emozionalmente e direttamente lo spettatore nella soluzione dell'intrigo. Da film di spionaggio come il celebre "Notorious" (1946), dove un crudele sarcasmo si unisce all'accensione del mélo passionale in cui è coinvolta la figlia di un nazista condannato negli Stati Uniti subito dopo il conflitto mondiale, interpretata da Ingrid Bergman, al dramma giudiziario "Il caso Paradine" (1947), con una torbida moglie (Alida Valli) incriminata di uxoricidio, all'inquietante "Nodo alla gola" (1948), vicenda tutta racchiusa in un appartamento, teatro del "delitto gratuito" perpetrato da due giovani omosessuali e girata con la tecnica particolare di una catena di lunghi piani-sequenza, ciascuno della durata di dieci minuti, in modo da dare continuità e compattezza alla tensione incalzante, messa in atto da una regia abilissima e millimetrica risolta nelle congetture mentali dei personaggi. Tensione che sarebbe ritornata in "Il delitto perfetto" (1954) dove Hitchcock sperimentò l'effetto del 3D e dove l'abilità tecnica risulta riversata in una densa concentrazione della messinscena di un crimine familiare all'interno dello spazio serrato di un salotto borghese. Invenzioni visive, preziosità nella costruzione dei piani-sequenza, dimensioni lacerate dal senso del peccato o della trasgressione, atmosfere ambigue e risvolti oscuramente etici caratterizzarono diversamente il trascurato film in costume "Il peccato di lady Considine" (1949), dove il mistero si sublima tutto nel paradosso di una macabra vicenda matrimoniale, "L'altro uomo" (1951), sceneggiato da Raymond Chandler sulla base di un romanzo di P. Highsmith, dove il gioco è tutto nell'intercambiabilità tra colpa e innocenza, e il tormentato ritratto umano di "Io confesso" (1953) interpretato da Montgomery Clift nelle vesti di un sacerdote in bilico tra sospetto e infrazione. A quel periodo risalgono i capolavori "La finestra sul cortile" (1954), indagine e riflessione sulla funzione dello sguardo, "Caccia al ladro" (1955), variazione sul tema dell'ambiguità in cui risplende la raffinata Grace Kelly, la commedia nera percorsa da un irresistibile cinismo e da un sovvertimento onirico (e insieme lucido della logica) "La congiura degli innocenti" (1955), la seconda versione di "L'uomo che sapeva troppo" (1956), dalla magistrale e incalzante cronometria della suspense, sino allo straordinario "La donna che visse due volte" (1958) e al vertiginoso "Intrigo internazionale" (1959). Su queste opere e su quelle che seguiranno - lo spaventoso "Psycho" (1960), "Gli Uccelli" (1963) "Marnie" (1964), "Il sipario strappato" (1966), "Topaz" (1969), sino al thriller "Frenzy" (1972), che segnò il ritorno di Alfred nella perfida Albione, e a "Complotto di famiglia" (1976), il suo ultimo film‒ si è andata costruendo la tessitura hitchcockiana. Tesi e antitesi si identificano, nei film di Hitchcock, con il luogo mostrato e il luogo occultato: da parte i fatti, narrati come peripezie, e dall'altra un "codice" quasi esoterico, attraverso la riduzione del narrativo a supposizione, la ricerca geometrica delle forme, il raggiro semantico, disseminando i film di falsi ingressi, nel labirinto dei fatti, in ogni caso rassicuranti per la loro verosimiglianza. Il cinema di Hitchcock obbedisce a questa legge: più una situazione sembra naturale, familiare, normale, più è suscettibile di diventare inquietante, di aprire trabocchetti impensati. Caratteristica comune a quasi tutti i film di Hitchcock, a eccezione di alcuni fra quelli girati in Inghilterra nel periodo giovanile, è la sua presenza in almeno una scena. Il regista riferì che all'inizio della sua carriera si prestava per presenze casuali, laddove ci fosse stato bisogno di una comparsa; successivamente, le sue apparizioni cameo divennero una consuetudine scaramantica e, infine, una specie di gioco per gli spettatori, che, a ogni uscita di un nuovo film, dovevano cercare d'individuare in quale inquadratura si fosse nascosto. Nel 1955 iniziò a produrre e a girare alcuni episodi della leggendaria, deliziosa serie cult "Alfred Hitchcock presenta". Dal 1955 al 1962, delle 268 puntate andate in onda, solo 17 sono state dirette da Hitchcock. Dal 1962 al 1965 si trasformò ne "L'Ora di Hitchcock", per sottolineare la durata, passata dai 25 minuti a puntata ai 50. Innumerevoli sono le star che hanno debuttato, partecipato o finito la carriera nei telefilm del nostro (da Peter Lorre a Robert Redford, da John Cassavetes a Christopher Lee, da Anne Francis a Better Davis, da Leslie Nielsen a Steve McQueen...). A Capodanno del 1980 ricevette dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra il titolo di baronetto. Nel mese di aprile di quell'anno venne ricoverato al Cedars Sinai Hospital. La mattina del 29 aprile 1980 morì per problemi cardiaci e renali, a Bel Air, Los Angeles all'età di 80 anni. Dopo i funerali, il suo corpo fu cremato e le ceneri vennero sparse nell'Oceano Pacifico. Il grande Maestro del Brivido, il più grande, se ne andava così a spaventare i pesci...
"Anche se facessi Cenerentola, il pubblico cercherebbe qualche cadavere nella carrozza."
Alfred Hitchcock