Accendete i ventilatori, presto! Mettete i condizionatori a paletta! Levate il ghiaccio dal congelatore!
Occhio che oggi la temperatura di questa estate in declino si impennerà a manetta, specie per le care amiche dei Mutzhi Mambo, perché festeggiamo il compleanno del più fico di tutti: SEAN CONNERY, il maschio più “maschio” in assoluto!
Nessuno è stato, è o sarà mai “cool” come il fantastico Sean Connery, non c’è proprio gara!
Le donne impazzivano, gli uomini speravano di identificarsi ma Sean Connery è unico, irraggiungibile, incontenibile, inimitabile!
Il vero e solo 007, Connery è un concentrato di ferormone maschile, l’unico credibile nel ruolo dell’agente segreto più elegante e letale del mondo, l’unico che rimane incrollabile e non risulta ridicolo o forzato nelle parti più “macho” del cinema.
Perché lui è prima di tutto un uomo vero, un grande attore di grande fascino, dal carattere solitario e dalla complessa personalità.
Chiaramente il suo nome è intimamente legato al primo, mitico James Bond, la spia glamour al servizio dell'Intelligence service britannico con licenza di uccidere, il mitico personaggio nato dai racconti di I.L. Fleming all'inizio degli anni Sessanta.
Però Connery ha conservato il suo fascino al di là della stagione bondiana, conclusasi nel 1971 per sua decisa rinuncia.
La popolarità dovuta a quel personaggio aveva oscurato le sue qualità recitative, nonché la sua versatilità: un’eredità così pesante avrebbe potuto imprigionarlo e compromettere il resto della sua carriera.
Ma non è certo un divo “canonico”, il nostro Connery, al di là del suo profondo timbro di voce, e del suo “fisico bestiale”; fin dai primi film si era rivelato un attore di rilievo, un interprete asciutto ed espressivo, tutte doti forgiate in teatro con i personaggi shakespeariani, pirandelliani, dei tragici greci e dei classici della letteratura russa.
Solo una volta è tornato al “suo” James Bond, nel 1983, ma è riuscito comunque a lavorare con grandissimi maestri del cinema, da Alfred Hitchcock a John Huston, da Sidney Lumet a Fred Zinnemann, da Brian De Palma a Terry Gilliam, da John Milius a Gus Van Sant, da Steven Spielberg a John Boorman.
E pure da vecchio è rimasto un sex symbol…
Maledetto!
Thomas Sean Connery nasce a Edimburgo, 25 agosto del 1930.
Figlio di un camionista e di una cameriera, fratello dell'attore Neil Connery, fin da piccolo si sente attratto dal mondo dello spettacolo e prende lezioni di danza classica dall'età di 11 anni.
A causa delle modeste condizioni economiche della famiglia, si trova costretto ad abbandonare gli studi obbligatori all'età di 13 anni, cosa che per lui rimarrà sempre un cruccio.
Si fa comunque una cultura per conto suo e si arruola nella Royal Navy, da cui però viene congedato per un'ulcera.
Tornato a terra si arrangia in mille mestieri: da verniciatore di bare a muratore, da bagnino a comparsa teatrale, da guardia del corpo a fattorino per le consegne del latte, fino a modello nudo (il fisico ce l’ha…) per l'Accademia d'Arte di Edimburgo.
Poi, nel 1953, partecipa al concorso di Mister Universo arrivando terzo.
Il regista Herbert Wilcox non si lascia scappare questo corpo nerboruto e lo sceglie immediatamente per inserirlo nel cast de “Le armi del re” (1954).
In seguito, dopo una manciata di ruoli televisivi, qualche anno più tardi, lo si ritrova nel film di Terence Young “Il bandito dell'Epiro” (1957), nel crime “Club di gangsters” (1957), di Montgomery Tully, nel drammatico “I piloti dell'inferno” (1957), di Cy Endfield, il film fantastico targato Disney “Darby O'Gill e il Re dei Folletti” (1959), di Robert Stevenson, l’avventuroso “Il terrore corre sul fiume” (1959), con Scilla Gabel, il noir “Scotland Yard sezioni omicidi” (1961), di John Lemont, e il bellico “A 077, dalla Francia senza amore” (1961), di Cyril Frankel (chiaramente ribattezzato così in Italia dopo il successo di 007, in realtà il titolo originale e “On the Fiddle”...)
Il 1962 è senza dubbio un anno che gli porta molta fortuna: dopo essere entrato nel nutrito cast di star del film bellico “Il giorno più lungo”, di Ken Annakin, accanto a Robert Mitchum, Rod Steiger, Henry Fonda, John Wayne e Richard Burton, si sposa con l'attrice Diane Cilento, dalla quale avrà il suo unico figlio, l'attore Jason Connery, che lavorerà spesso con il padre.
Ma non basta: il nostro Sean si aggiudica pure il ruolo della spia più famosa del mondo (Mata Hari a parte…), battendo una concorrenza spietata composta da Cary Grant, Rex Harrison, Trevor Howard e Roger Moore (che verrà ripescato in seguito).
Il ruolo di 007, agente con licenza di uccidere, di trombare le meglio femmine, di fumare come un turco e di bere super alcolici senza fare una grinza, è perfetto per Connery che infatti, viene confermato per ben sette film sulle avventure della spia al servizio di sua Maestà Britannica: da “Agente 007 - Licenza di uccidere” (1962), di Terence Young, a “Mai dire mai” (1983), di Irvin Kershner, passando per capolavori come “Dalla Russia con amore” (1963), di Terence Young, “Missione Goldfinger” (1964), di Guy Hamilton, “Thunderball (Operazione tuono)” (1965), di Terence Young, “Si vive solo due volte” (1967), di Lewis Gilbert, “Una cascata di diamanti” (1971), di Guy Hamilton.
Disgraziatamente Connery ha perso tutti i suoi capelli già dall'età di 21 anni e così è costretto a recitare con un toupet in testa, cosa che però non leva un pelo al suo charme.
Calvo o no, nei panni di Bond si “ripassa” comunque sventole come Ursula Andress, Daniela Bianchi, Honor Blackman, Akiko Wakabayashi e Kim Basinger…
Per non parlare di Gina Lollobrigida nel thriller “La donna di paglia” (1964), di Basil Dearden, o Tippi Hadren nel giallo psicoanalitico “Marnie” (1964), ennesimo capolavoro di Alfred Hitchcock, tanto per far capire a tutti che Sean Connery non tromba solo nei panni di James Bond…
Fondamentale è l'incontro con il regista Sidney Lumet, che lo imporrà come protagonista di pellicole come “La collina del disonore” (1965), “Rapina record a New York” (1972), “Riflessi in uno specchio scuro” (1973), “Assassinio sull'Orient Express” (1974) e “Sono affari di famiglia” (1989).
Recita poi nella commedia “Una splendida canaglia” (1966), di Irvin Kershner, ma rifiuta inspiegabilmente la parte del ladro gentiluomo Thomas Crown nel tiratissimo “Il caso Thomas Crown” (1968), ruolo poi offerto a Steve McQueen, per interpretare l’inutile western “Shalako” (1968) di Edward Dmytryk: probabilmente il nostro starà ancora rimuginando sul perché (sarà forse che la protagonista femminile era Brigitte Bardot?)….
Passa alla regia nel 1969, firmando il documentario operaio “The Bowler and the Bonnet”, unica esperienza dietro la macchina da presa di Connery che, da questo momento in poi, sceglierà di essere solo attore.
Infatti, dopo essere stato diretto da Mikheil Kalatozishvili ne “La tenda rossa” (1969) e Martin Ritt ne “I cospiratori” (1969), passa ad interpretare tre ruoli di culto che arricchiranno (e non poco) la sua filmografia: lo sterminatore Zed nel delirio psichedelico e simbolista “Zardoz” (1973), di John Boorman, uno dei cult di fantascienza più celebrati degli anni settanta, il capo berbero del Rif, Mulay Ahmad al-Raysuni, nell’epico “Il vento e il leone” (1975), di John Milius, e il visionario Daniel Dravot nel capolavoro d’avventura “L'uomo che volle farsi re” (1975), di John Huston.
Conclusosi il matrimonio con la Cilento, Connery si sposa con la pittrice Micheline Roquebrune che gli rimarrà accanto dal 1975 in poi.
Dopo il poliziesco “Ransom, stato di emergenza per un rapimento” (1974), diretto da Casper Wrede e il thriller “Il prossimo uomo” (1976), di Richard C. Sarafian, dividerà il set con Audrey Hepburn nel film di Richard Lester “Robin e Marian” (1976), con Gene Hackman, Michael Caine, e Laurence Olivier nel bellico “Quell'ultimo ponte” (1977), di Richard Attenborough, per essere poi diretto dallo scrittore di fantascienza Michael Crichton in “1855 - La grande rapina al treno” (1978), da Ronald Neame nel catastrofico “Meteor” (1979), e da Richard Lester nel bellico “Cuba” (1979).
Rifiuta il ruolo di Robert Elliott in “Vestito per uccidere” (1980) di Brian De Palma, ma continua la sua carriera di interprete passando per le mani di registi come Peter Hyams (il cult fantascientifico “Atmosfera zero” del 1981, e il thriller “Il presidio - Scena di un crimine” del 1988), Terry Gilliam (il bizzarro “I Banditi del Tempo”, 1981), Fred Zinnemann (il drammatico “Cinque giorni una estate”, 1982), Richard Brooks (la commedia thriller “Obiettivo mortale” del 1982), fino a un semisconosciuto Russell Mulcahy che gli farà interpretare il ruolo di un immortale, nonché maestro d'armi e di vita di Christopher Lambert nel fantasy “Highlander - L'ultimo immortale” (1986).
Nonostante l'età, Connery non è certo un attore al crepuscolo e lo dimostra il fatto che Jean-Jacques Annaud, al momento di trasporre sul grande schermo il best seller di Umberto Eco “Il nome della rosa” (1986), sceglie lui come protagonista offrendogli il ruolo del frate investigatore Guglielmo da Baskerville, che gli farà ottenere il BAFTA come miglior attore.
Ma il suo primo Oscar come miglior attore non protagonista arriva finalmente con la sua interpretazione del ruvido poliziotto Jim Malone, nel favoloso “Gli intoccabili” (1987), di Brian De Palma.
“Indiana Jones e l'ultima crociata” (1989),di Steven Spielberg, dove il nostro interpreta il padre del simpatico avventuriero, è il suo ultimo film degli anni Ottanta.
Poi, dopo avere ricevuto una laurea ad honoris causa in Letteratura dalla St. Andrews University, si lancia il pellicole di avventura, di spionaggio o più semplicemente action-movies, tutta roba di cui si poteva fare a meno…
Gli anni Novanta sono infatti gli anni degli spionistici “La Casa Russia” (1990), di Fred Schepisi, e “Caccia a Ottobre Rosso” (1990), di John McTiernan, dell’avventuroso “Mato Grosso” (1992), sempre di McTiernan, e del thriller “Sol Levante” (1993), di Philip Kaufman.
Non mancano, anche in questo decennio, i soliti inspiegabili rifiuti: niente “Jurassic Park” e “Die Hard - Duri a morire”, per scegliere invece pellicole mediocrissime come “Alla ricerca dello stregone” (1993) e “Robin Hood - Principe dei ladri” (1991), di Kevin Reynolds, o il filmone fracassone d'azione, tutto effetti speciali, “The Rock” (1996) di Michael Bay.
Affianca una procace Catherina Zeta-Jones in “Entrapment” (1999), di Jon Amiel (va be’ che Sean è sempre un sex – symbol ma qui si va sul ridicolo…) e poi si lascia dirigere dal regista indipendente Gus Van Sant nel melenso “Scoprendo Forrester” (2000).
L'ultimo film è il fumettistico “La leggenda degli uomini straordinari” (2003), di Stephen Norrington, tratto (male) dall’omonimo comic di Alan Moore.
La cataratta scende sui suoi occhi, rendendogli difficilissimo recitare.
Trasferitosi a vivere fra la Spagna e le Bahamas con la moglie, i suoi ultimo celebri grandi “no” sono per il ruolo di Gandalf nella trilogia di Peter Jackson “Il signore degli anelli” (2001-2003), per quello dell'Architetto negli ultimi due capitoli di “Matrix” (2003) e per quello di Re Filippo di Macedonia in “Alexander”.
Nel gennaio 2006, si fa rimuovere un tumore dal rene a New York e poi dà l'estremo saluto al cinema, annunciando nel 2006 il suo ritiro ufficiale.
Impegnato politicamente a sostegno del separatismo scozzese e per cause antirazziste, ha creato insieme a Jackie Stewart, pilota di formula 1, lo Scottish International Education Trust, iniziativa a favore dei ragazzi scozzesi privi della possibilità di proseguire gli studi.
Caro Sean, stacci ancora a lungo in salute perché noi ti vogliamo sempre un sacco di bene.
Ormai, purtroppo, il tempo dell’invidia è finito…
Tanti auguri, grande Connery!
“La sola prova dell'esistenza del diavolo, è il nostro desiderio di vederlo all'opera.”
Guglielmo da Baskerville/Sean Connery – Il Nome della Rosa