Gli anni '80 non sono stati granché, cari amici dei Mutzhi Mambo, sia esteticamente che musicalmente, specie rispetto ai decenni precedenti, ma qualcosa di buono l’hanno portato.
E anche di molto buono!
Come i fantastici Talking Heads capitanati da quel geniaccio di DAVID BYRNE, per esempio…
Oddio, a ben vedere anche la loro carriera è iniziata nella seconda metà degli anni ’70, quindi si dovrebbero annoverare tra le band di quel decennio (come molti altri gruppi e solisti erroneamente giudicati “musica anni ’80”…), però è vero che quando pensiamo al meltin’pot di generi che hanno prodotto le “Teste Parlanti”, non può non venire in mente il periodo di Reagan e Craxi.
Per stoppare subito eventuali polemiche di qualche nostro amico particolarmente affezionato a questo periodo, diciamo subito che si tratta di un nostro giudizio, quindi vi preghiamo di non ammorbarci con commenti tipo: “no, gli anni ’80 erano fantastici, per questo, questo e quest’altro motivo...”, anche perché spesso il motivo principale di tale preferenza risiede in realtà nell’anno di nascita di chi scrive il commento…
Comunque, tornando a noi, oggi festeggiamo il leader dei Talking Heads perché come loro nessuno mai è stato in grado di produrre una sintesi così elettrizzante e intelligente di stili musicali tanto diversi ed eterogenei.
E questo senza dover per forza scivolare nel “famolo strano” palloso e snob che il più delle volte è il limite di chi vuol essere originale a tutti i costi.
Caratteristica che invece abbiamo riscontrato nei dischi solisti di Byrne (ma, lo ripetiamo, son gusti…).
Sinceramente infatti, la sua carriera senza gli Heads ci ha appassionato il giusto, spesso non riusciamo proprio ad essere in sintonia col musicista scozzese (diciamocelo, parecchio del materiale a suo nome ci fa cacare…) ma quello che ha prodotto con il suo vecchio gruppo rimane una pietra miliare inarrivabile per inventiva ed ironia.
Venuti alla ribalta durante gli anni della new wave, i Talking Heads furono uno dei complessi che maggiormente ha rinnovato la scena della musica rock a cavallo fra gli anni '70 e gli anni '80.
Prima di tutto (e questo non è detto sia stato un bene…) per certi versi sono stati la rivincita dell'intellettuale rock un po’ nerd che andava di moda all’epoca dei folksinger del Greenwich Movement e dei Velvet Underground e che poi era scomparso con il tamarrismo dell’hard rock o i barocchismi freakkettoni del progressive; il tipo che ora va tanto nel cosiddetto indie, Franz Ferdinand e Kasabian in testa...
In secondo luogo, apportarono innovazioni rivoluzionarie al fattore “ritmo”: intendiamoci, il rock era sempre stato una musica "ritmica", batteria e basso erano sempre stati le sue colonne portanti ma con i Talking Heads quel concetto venne rifondato ex novo con il massiccio innesto di suggestioni provenienti da tutto il mondo rielaborate in ottica new-wave.
Su tutto la voce da banditore di David Byrne che ha saputo (e sa ancora) raccontarci la schizofrenia della società contemporanea.
Punk-funk vennero definiti, almeno inizialmente, ma gli Heads furono molto, molto di più e molto di diverso, tanto da essere definibili solo come “Talking Heads”!
Caratterizzati, nei loro momenti migliori, da un equilibrio tra pop e avanguardia, fruibilità e sperimentazione, riconoscibilità e contaminazione, musica bianca e musica nera, la loro proposta artistica era eclettica ed estrosa, e trovava la sua più congeniale espressione nei concerti devastanti, con un impatto sonoro e scenico mai eguagliato e un allampanato Byrne nella parte di una improbabile marionetta dinoccolata e fuori di testa, perfetto interprete delle follie del gruppo.
David Byrne nasce a Dumbarton, in Scozia, il 14 maggio 1952; suo padre è un ingegnere elettronico.
A 2 anni si sposta con la famiglia in Canada per poi stabilirsi, 6 anni dopo, a Baltimora, nel Maryland.
Byrne si diploma a Landsdowne, poi va Providence per frequentare i corsi universitari di educazione artistica alla Rhode Island School of Design, nella quale rimane solo un anno, sufficiente per fargli conoscere Chris Frantz e Tina Weymouth, una coppia di musicisti legati sentimentalmente (che si sposeranno nel 1977).
Tra il 1971 e il 1972 forma insieme a un suo amico di Baltimora, Marc Kehoe, un duo chiamato Bizadi, nel quale Byrne canta e suona il violino e l'ukulele; il duo si esibisce nei locali cittadini e, poi, a San Francisco, come buskers o nei ristoranti.
L'esperienza termina nella primavera del 1972 e Byrne torna a Providence per riprendere i contatti artistici con Chris e Tina, con cui dà vita agli Artistics (conosciuti anche come Autistics).
I tre sono il nucleo fondante, nel 1974, dei Talking Heads.
Si esibiscono anche al mitico CBGB’s di New York ma la loro bizzarra performance non ottiene granché consensi.
Nel 1976 si aggiunge il chitarrista/tastierista Jerry Harrison, proveniente dal gruppo proto-punk dei Modern Lovers, che rimane impressionato da un loro concerto a Boston.
Il gruppo firma con la Sire Records e pubblica il singolo "Love Goes To Building Fire".
Il passo successivo è il tour inglese con i Ramones, e il loro album di debutto omonimo “Talking Heads: 77”.
Il disco getta le basi di un nuovo modo di intendere il punk, molto più orecchiabile e politically correct, si potrebbe pensare a un primo ascolto frettoloso.
In realtà, l'approccio è cinicamente ironico, spietato e ipercritico verso ogni aspetto, tic, automatismo della società postmoderna e dei "ggiovani" in particolare.
Cavalli di battaglia “Uh-Oh, Love Comes to Town” e la stranota “Psychokiller”.
L'impatto dell’album sul circuito underground è così forte da fargli guadagnare il palco del CBGB'S, questa volta da headliners, condiviso con i Blondie, i Television, i Dead Boys, e gli stessi Ramones, ormai colleghi alla pari.
Non sfuggono all'occhio curioso di Brian Eno, che l'anno successivo gli produce il disco “More Songs About Buildings and Food”, che, come il primo, propone uno stile molto originale fatto di canzoni brevi e divertenti, tra cui spicca la cover di Al Green “Take Me to the River”.
Pezzi ballabili ma cerebrali impostati su un ritmo obliquo, un ibrido nevrotico di funky e di rock’n’roll che, complice anche l’uso di ritornelli orecchiabili e di un cantato allucinato, volutamente piatto e stentoreo, finiscono per causare un effetto di straniamento ossessivo.
È musica apparentemente inorganica, demenziale, ma in realtà tutt'altro che naif.
Con il terzo disco “Fear of Music” (1979), la mano di Eno si fa sentire di più, con hit come “Life During Wartime” e “I Zimbra”, brano che ospita la chitarra di Robert Fripp.
Gli Heads spostano nettamente il baricentro verso l'aspetto ballabile della loro musica, portando il loro funky spartano alle soglie della disco music più delirante.
Al tempo stesso, con questo disco Byrne abbandona l'effervescenza adolescenziale per assumere un tono più drammatico e austero, da messia dell'apocalisse più che da beffardo censore dei costumi giovanili.
“Remain in Light” (1980) è considerato il loro capolavoro ed è uno dei dischi che getteranno le basi (nel bene e nel male) delle sonorità del decennio a venire.
I nostri compiono una svolta definitiva verso un funky molto ritmato, dove le percussioni si fanno ossessive e i brani velocissimi (tra le hit “Once in a Lifetime” e “Houses in Motion”).
Un complesso studio sul ritmo, costruito mediante stratificazioni sovrapposte di note e percussioni, una sorta di personale rilettura della musica afroamericana imbevuta di world music di diverse latitudini, con una sfrenata fantasia che si riflette anche nei testi, enigmatici e visionari.
Alla semplicità primitiva degli esordi contrappongono ora una più complessa strategia di sovrapposizioni sonore, quasi barocche negli arrangiamenti.
Eno è ormai a tutti gli effetti il quinto membro dei Talking Heads, e collabora alla scrittura di tutti i brani.
Partecipano all'album musicisti del calibro di Adrian Belew, Jon Hassel, Robert Palmer e Nona Hendryx.
Nel giro dei quattro anni successivi il gruppo si prende un periodo di pausa, ma pubblica l'album live “The Name of This Band Is Talking Heads” (1982), che contiene registrazioni effettuate tra il 1977 ed il 1981 in diverse città, tra cui New York e Tokyo.
Durante questo periodo di pausa, nel 1981 Byrne collabora nuovamenteo con Brian Eno, per “My Life in the Bush of Ghosts”, un album complesso e evocativo che fonde musica elettronica con percussioni del Terzo Mondo e effetti vocali ipnotici.
C'è a chi piace...
Nello stesso anno, Byrne inizia anche ad esplorare il teatro con la composizione di “The Catherine Wheel”, un’opera di ballo sperimentale (64 interminabili minuti di angoscia pulsante e sospiri alienati) coreografata da Twyla Tharp.
Nello stesso periodo, Tina Weymouth e Chris Franz varano un progetto funk più leggero, i Tom Tom Club, mentre Harrison registra “The Red And the Black” (1981), sulla falsariga di “Remain In Light”.
Il nuovo disco degli Heads, “Speaking In Tongue” (1983), questa volta senza Eno, segna per certi versi un ritorno al minimalismo di “Fear Of Music”.
Da un lato il gruppo conserva il sudato afro-billy degli ultimi dischi, ma dall'altro procede per brividi introversi e nevrotici, come nei primi dischi.
Byrne canta di nuovo a squarciagola sull'incalzante tribalismo di “Burning Down The House”, sconvolto dalle solite scansioni controtempo della chitarra e da sonorità funky delle tastiere.
Si segnalano “Pulling Up The Roots”, “Slippery People” e “This Must Be The Place”.
Nel giugno 1985 esce “Little Creatures”, i cui brani più importanti sono la celeberrima “Road to Nowhere” e “And She Was.
Si tratta del loro apice commerciale, il loro disco più “anni ‘80”.
Un anno dopo è la volta di “True Stories”, pubblicato in contemporanea rispetto all'omonimo film scritto diretto e interpretato da David Byrne.
Pur avendo lo stesso titolo, il disco però non è la colonna sonora della pellicola che racconta la storia della città di Virgil, in Texas, e i suoi avvenimenti nei 150 anni della sua fondazione.
Mentre la colonna sonora vera e propria si avvale di vari collaboratori e, per la prima volta nella carriera solista di Byrne, i brani hanno una sorta di “forma canzone”, anche quelli strumentali, il revisionismo di Byrne è evidente anche nell'album degli Heads.
Essendo il film ambientato in una cittadina i frontiera, la musica fa ricorso ai suoni locali: cajun (“Papa Legba”), gospel (“Puzzlin' Evidence”), southern-rock (“Love For Sale”), country (“People Like Us”), yodel (“Wild Wild Life”).
Chiude il concept (e il film) “City Of Dreams” inno ottimista all'"American dream": ormai il nostro David si è convertito alla filosofia della “buona vecchia gente semplice”.
E non pare neppure ironico...
Nel 1988 esce l'ottavo e ultimo album della band: “Naked”, registrato a Parigi e coprodotto da Steve Lillywhite, talmente sofisticato da risultare stucchevole.
Dopo la pubblicazione di questo disco il gruppo entra in pausa, ma solo nel dicembre 1991 viene comunicato ufficialmente lo scioglimento della band.
Il loro ultimo brano è “Sax and Violins”, una canzone inserita nella colonna sonora del film “Fino alla fine del mondo” di Wim Wenders.
Nel 1996 esce un album apocrifo dei Talking Heads con i tre membri fondatori ma senza Byrne, a nome The Heads e intitolato “No Talking, Just Head”, a cui partecipano numerosi vocalist della scena punk e non solo: tra questi Johnette Napolitano (Concrete Blonde), Debbie Harry (Blondie), Gordon Gano (Violent Femmes), Richard Hell (Voidoid), Michael Hutchence (INXS) e Andy Partridge (XTC).
Della carriera successiva di Byrne, non ce ne vogliate, ma non ce ne occupiamo.
Sinceramente i suoi esperimenti world music, le sue tiepide riprese dello stile Heads, le sue fascinazione latine, le sue tentazioni elettroniche e le sue coreografie pallose, non sono proprio pane per i nostri denti…
Comunque sia, è stato un gran maestro e gli vogliamo esternare la nostra assoluta stima e ammirazione per quello che ha saputo regalarci.
Ma seguire, non lo seguiamo più…
Tanti auguri, David!
“I can't seem to face up to the facts
I'm tense and nervous and I can't relax
I can't sleep 'cause my bed's on fire
Don't touch me I'm a real live wire
Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est
Fa-fa-fa-fa-fa-fa-fa-fa-fa-far better
Run run run run run run run away oh oh
Psycho Killer
Qu'est-ce que c'est
Fa-fa-fa-fa-fa-fa-fa-fa-fa-far better
Run, run, run, run, run, run, run, away oh oh oh
Yeah yeah yeah yeah!”
Talking Heads – Psychokiller