Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

Un vero pezzo da Novanta, un cardine della controcultura, un regista mitico, un attore mitologico: questo è molto altro rappresenta l'inafferrabile DENNIS HOPPER, una delle icone più rappresentative del cinema di tutti i tempi! 
Regista, attore, sceneggiatore e produttore, Dennis Hopper è stato una delle personalità più complesse e fascinose di quel cinema ribelle che ha raccontato la controcultura americana dagli anni Sessanta in poi.
Sfrenato nella vita privata, alla continua ricerca di una "vita al massimo", non ha saputo resistere a droghe e alcool, così da sfumare spesso i limiti tra la vita dentro e fuori dal set. 
Stranoto erano il suo temperamento inquieto e autodistruttivo, proverbiali i tormentosi rapporti con le donne che lo portarono a collezionare cinque mogli diverse.
Questa, però, è solo la punta dell’iceberg di una personalità complessa e sfaccettata, certamente eccentrica ma dotata di un indiscutibile talento artistico: è stato anche pittore, fotografo e collezionista d’arte. 
La sua fama si legò maggiormente all’indiscutibile grandezza d’attore: nel corso della carriera, ha interpretato più di duecento ruoli tra cinema e TV e, nella finzione, era spesso interprete di personaggi liberi e anticonformisti, talvolta estremi, tanto da venire considerato uno dei miti assoluti del cinema statunitense, di quello più cool e meno addomesticato. 
Eppure, seppur assai meno prolifico (sette lungometraggi e due corti), il suo percorso da regista non è certo meno importante: dopo aver esordito dietro la macchina da presa con un’opera come "Easy Rider", è riuscito ad imbastire un percorso autoriale costellato di ottimi film ma passato forse troppo spesso sotto silenzio perché oscurato dal formidabile esordio. 
Dennis Lee Hopper nasce a Dodge City, in Kansas, il 17 maggio del 1936. 
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la famiglia si trasferisce a Kansas City in Missouri, dove il giovane Hopper frequenta dei corsi d'arte al Kansas City Art Institute. 
All'età di tredici anni il futuro attore e la sua famiglia si spostano a San Diego, dove la madre lavora come istruttrice di bagnini ed il padre come dirigente in un ufficio postale (lavoro che è però soltanto una copertura: in realtà suo padre fa parte dei i servizi segreti dell’ OSS nella Cina di Mao Zedong). 
Dennis frequenta la Helix High School di La Mesa, un sobborgo di San Diego ed è qui che sviluppa l’interesse per la recitazione, frequentando l'Old Globe Theatre di San Diego e l'Actors Studio di New York (dove studia con Lee Strasberg per cinque anni). 
Diventa molto amico dell'attore Vincent Price, la cui passione per la recitazione lo ispira moltissimo; un'altra influenza artistica deriva dall'amicizia con il cineasta sperimentale Bruce Conner. 
Esordisce nel 1954 nella serie tv "Medic", seguita da "The Public Defender" e "Letter to Loretta". 
Il debutto cinematografico avviene con un film per l'epoca, assai rivoluzionario, "Gioventù bruciata" (1955) di Nicholas Ray che, nello stesso anno, lo vuole anche in una piccola parte del dolente western "Johnny Guitar". 
A fianco di James Dean lo ritroviamo nel classico "Il gigante" (1956) di George Stevens, una saga familiare ambientata nel Texas, ma, dopo innumerevoli piccoli ruoli in film mediocri ("L'inferno ci accusa", "Le avventure di Cheyenne Bill" e il più riuscito "Il cerchio della violenza") e la partecipazione ai due lungometraggi sperimentali di Andy Warhol, "The Thirteen Most Beautiful Boys" (1964), e "Tarzan and Jane Regained... Sort of", (1964), è con l'acido "Il serpente di fuoco" (1967) di Roger Corman che si afferma come attore e inizia il sodalizio con Peter Fonda che darà presto frutti succosi. 
Nello stesso anno prende parte al drammatico “Nick Mano Fredda” di Stuart Rosenberg, dove il tema principale ruota attorno al desiderio di libertà e al valore delle idee rivoluzionarie.
Tutti i film del primo periodo cinematografico di Hopper sembrano legati da un filo sottile fatto di ribellioni, anticonformismo e controcultura americana: il cinema è così la rappresentazione visiva della personalità forte e spericolata di Dennis Hopper, un atteggiamento che non abbandonderà mai, nemmeno nella fase matura. 
Dopo l'horror fantascentifico "Queen of Blood" (1966), di Curtis Harrington, il futuristico "Panico nella città" (1968), di Eddie Davis, dove un gruppo di terroristi cerca di far scoppiare la terza guerra mondiale, e i western "Impiccalo piu in alto" (1968), di Ted Post, con Clint Eastwood, e "Il Grinta" (1969), di Henry Hataway, con John Wayne, Hopper sfrutta appieno le sue idee rivoluzionarie per scrivere la sceneggiatura di "Easy Rider" (1969), che decide di dirigere e interpretare assieme a Peter Fonda.
Il film diventa in poco tempo il manifesto degli hippy; i due protagonisti, fautori del viaggio on the road più famoso della storia del cinema, incarnano perfettamente tutte le caratteristiche della cultura alternativa degli anni Sessanta: droga, musica rock, libertà sessuale e mistificazione del mito americano. 
Ripete l'esperienza della regia nel 1971 con il bizzarro "Fuga da Hollywood" ma senza riscuotere il dovuto successo, così ritorna alla più redditizia carriera come attore. 
Partecipa a qualche film interessante ma di scarsa visibilità, come "Braccato a vita" (1976), di Philippe Mora e "Tracks - Lunghi binari della follia" (1977), di Henry Jaglom, prima di conoscere Wim Wenders che vede in lui la perfetta commistione di abilità artistica e pazzia, e lo scrittura per "L'amico americano" (1977), una delle sue migliori interpretazioni. 
Di grandissimo impatto drammatico in parti al limite della follia, per Francis Ford Coppola veste i panni del fotoreporter americano ammaliato dal mostruoso colonnello Kurtz di "Apocalypse Now" (1979).
Con il regista lavorerà anche qualche anno più tardi in "Rusty il selvaggio" (1983), dov'è un avvocato caduto in miseria, alcolizzato e depresso, una sorta di alter ego dello stesso Dennis Hopper, spesso alle prese con problemi legati all'abuso di alcool. 
Nel 1980 ritorna dietro la macchina da presa per girare l'agghiacciante "Snack bar blues", ritratto di una ragazza tormentata dalla madre tossicodipendente e dal padre alcolizzato e incestuoso (interpretato dallo stesso Hopper) che, per evadere dalla sua crudele realtà, si rifugia nella musica di Elvis e Sid Vicious. 
Successivamente recita nel thriller "Osterman Weekend" (1983), diretto dal grande Sam Peckinpah, nello sci-fi "Ritorno alla quarta dimensione" (1985), di Jonathan R. Betuel, nella commedia "I folli dell'etere" (1986), di Maurice Phillips, nel goliardico stracult western "Diritti all'Inferno" (1986), di Alex Cox, con Joe Strummer, prima di affrontare l'horror "Non aprite quella porta - parte 2" (1986), di Tobe Hooper, dov'è il vendicativo sceriffo pazzo nel non irresistibile sequel del mitico "The Texas Chainsaw Massacre".
Nello stesso anno viene chiamato da David Lynch a interpretare un altro personaggio memorabile, lo psicopatico e ossessivo criminale di "Velluto blu".
Il decennio si conclude con una serie di piccoli film comici che fanno uscire il lato più ironico di Hopper, e con il ritorno alla regia con l'ottimo "Colors - Colori di guerra" (1988) con Sean Penn e Robert Duvall, con lo sperimentale "Ore contate" (1990) dove interpreta anche un sicario obbligato ad uccidere una giovane artista (Jodie Foster) della quale si innamora, e col torrido e torbido noir "The Hot Spot - Il posto caldo" (1990), con Don Johnson e le splendide Virginia Madsen e Jennifer Connelly. 
Gli anni Novanta segnano il grande ritorno di Hopper attore: è ne "Il cuore nero di Paris Trout" (1991), di Stephen Gyllenhaal, nell'esordio di Sean Penn come regista "Lupo solitario" (1991), nel noir "Red Rock West" (1992), di John Dahl, e nel delizioso "Una vita al massimo" (1993) di Tony Scott. 
Soprattutto di quest'ultimo fillm si ricorda il suo duetto con Christopher Walken in uno dei dialoghi piu riusciti scritti da Tarantino.
Un altro ruolo difficile da dimenticare è quello del terrorista nell'adrenalinico "Speed" (1994) di Jan De Bont.
Interrompe momentaneamente il suo percorso attoriale per riprendere in mano la macchina da presa e girare la banale commediola "Bionda sotto scorta" (1994), inutile coda di una grandiosa carriera da regista.
Il film non riscuote il successo sperato ma Hopper riceve nuovamente alcune offerte di lavoro in qualità di attore: affianca Kevin Costner nel noiosissimo "Waterworld" (1995), per il quale vince il Razzie Award, figura nel cast del biopic "Basquiat" (1996) di Julian Schnabel e in quello dello splendido noir onirico "Blackout" (1997) di Abel Ferrara, dopodichè colleziona parti in film meno rilevanti come il thriller "Ossessione demoniaca" (1998), l'interessante junkie movie "Jesus' Son" (1999) di Alison Maclean, "Choke" (2000) o il poliziesco "Sulle tracce del serial killer" (2000). 
Il nuovo millennio comincia con l'azione; è in "Compagnie pericolose" (2001) e in "Ticker - Esplosione finale" (2001). 
Poi apre una parentesi dedicata all'horror: è nel cast de "L'incendiaria" (2002), del pessimo "Il corvo: Preghiera Maledetta" (2005) e dello zombistico "La terra dei morti viventi" (2005), di George Romero.
Alterna il cinema alla televisione dove diventa uno dei protagonisti della serie "E-Ring" (2005) nei panni del colonnello Eli McNulty, e dove interpreta "Ben in Crash" (2008), lo spin-off dell'omonimo successo cinematografico di Paul Haggis. 
Lo vediamo poi in "Americano" (2005) di Kevin Noland, in "Hell Ride" (2008), nella commedia "Swing Vote" (2008) con Kevin Costner, nel drammatico "Sleepwalking" (2008) e nel sarcastico "An American Carol" (2008) di David Zucker.
Nello stesso anno è protagonista di due film d'autore, il primo "Lezioni d'amore" di Isabel Coixet, il secondo "Palermo Shooting" diretto dall'amico Wim Wenders. 
Nell'ottobre 2009 il suo manager rivela che l'attore soffre di cancro alla prostata e che ha cancellato tutti gli impegni lavorativi per concentrarsi sulle cure mediche; il 26 marzo 2010, pesando appena 45 chilogrammi, era stato dichiarato malato in fase terminale dal suo avvocato ma non era voluto mancare alla consegna della stella con il suo nome sulla Hollywood Walk of Fame con l'amico di sempre Jack Nicholson.
Muore il 29 maggio 2010, a 74 anni, nella sua casa di Venice in California. 
Si tornerà alla normalità, finalmente?
Onore a Dennis Hopper, il più grande outsider del cinema!

"È che tutti hanno paura ecco cos'è successo. Noi non possiamo neanche andare in uno di quegli alberghetti da due soldi, voglio dire proprio di quelli da due soldi capisci? Credono che si vada a scannarli o qualcosa, hanno paura."
Billy/Dennis Hopper - Easy Rider

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

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    Probabilmente, il taciturno DANNY TREJO, l'Oscar non lo vincerà mai.A meno che, cari amici dei Mutzhi Mambo, non istituiscano un sacrosanto Oscar del Pulp: in questo caso, il nostro Danny,... Danny Trejo
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    15 Maggio
    Allegria, cari amici dei Mutzhi Mambo, che ogni tanto ci vuole, anche se oggi festeggiamo l'infausto anniversario della scomparsa del mitico WILL ELDER, uno dei più grandi disegnatori satirici... Will Elder