Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

Affermare che il talento non si misura dal successo è una banalità, lo sappiamo.
Ma se c’è uno che può testimoniare che questo detto corrisponde al vero, questi è senza dubbio l’australiano HUGO RACE, uno dei cantautori più intensi (e sottovalutati) attualmente in circolazione.
Voce profonda, bellissima, scurissima, un po’ alla Leonard Cohen, ispirazione musicale eclettica ma sempre contrassegnata da atmosfere noir e desertiche che la rendono adatta ad una sbronza solitaria, ad un viaggio notturno in macchina, nonché ad accompagnare qualche pic-nic a base di “funghetti”, Hugo Race, pur essendo estremamente prolifico, è rimasto sempre un po’ al margine della scena musicale, sempre fieramente underground.
Eppure non suona certo musica estrema o particolarmente bizzarra; non sicuramente mainstream ma nemmeno meno potabile di quella prodotta da autori per certi versi affini (ma di molto più successo) come Mark Lanegan o Nick Cave.
E proprio Cave, con cui il nostro ha esordito fin dai tempi dei Birthday Party e dei primi Bad Seeds, rappresenta per lui un paragone ormai diventato scomodo ed ingeneroso, una cappa che per certi versi ne ha mortificato la carriera solista.
Oltretutto i due fanno cose molto diverse e non assimilabili, se non per una comune vena “dark” di fondo (che comunque si può ritrovare in diversi artisti…).
Fatto sta che Race lo trovi in qualche localino, non in un Palasport sold-out: può essere una scelta di coerente autonomia espressiva, una volontà di non scendere mai a compromessi, l’handicap di non aver avuto una backing band stabile (a parte i True Spirit, che comunque sono un gruppo “aperto”) e quello di essere uno spirito essenzialmente nomade, il fatto che non tutta la sua numerosa produzione vanti la medesima ispirazione, eccetera eccetera... 
Le ragioni possono essere molteplici ma noi ci vediamo pure la mano severa della sfiga.
Che dire, cari amici dei Mutzhi Mambo, la vita a volte è matrigna…
Ah, va aggiunto che Race è molto legato al nostro Paese e questo non può che rendercelo più simpatico.
Hugo Justin Race nasce il 23 maggio del 1963 a Melbourne, in Australia, da una famiglia anglo-irlandese.
Sua madre suona il piano e suo padre è un appassionato di musica, soprattutto classica e operistica.
Quando, nel 1978, la prima ondata di punk e new wave spazza anche l'Australia, Hugo forma, come chitarrista e cantante e con Robin Casinader alle tastiere, la sua prima band, i Dum Dum Fit.
Nel 1980, sempre con Casinader e con Edward Clayton-Jones (ex-The Fabulous Marquises) alla chitarra, organo e voce, e Nick Seymour al basso, fonda un nuovo gruppo wave-jazz-noise, i Plays with Marionettes, che godrà di una certa fama a livello locale. 
Nel 1982 pubblicano un singolo split condiviso con il gruppo People with Chairs up Their Noses, col loro brano "Witchen Kopf".
Un'altra traccia, "Hellbelly", appare su una compilation di vari artisti, “This Is Hot”, nel 1984. 
Nel febbraio 1984 la band si scioglie ma già l’anno precedente Race se n’era andato per unirsi a Nick Cave, i cui Birthday Party erano ormai agli sgoccioli.
Il nuovo progetto di “Re Inkiostro” inizialmente ha il sobrio e modesto nome “Nick Cave: Man or Myth?”, ma viene presto ribattezzato (e meno male!) Nick Cave & the Bad Seeds. 
Race suona nel primo dei loro album, il fondamentale “From Her to Eternity” (1984).
Dopo le strade tra Race e Cave si separano e il nostro forma i Wreckery, una band dai toni cupissimi con sonorità new wave molto influenzate dal blues, composta dai vecchi compagni Casinder e Clayton-Jones con l’aggiunta di Tadeusz O'Biegly al basso e Charles Todd (ex-Wild Dog Rodeo e Cattletruck) al sassofono e all'organo 
I Wreckery pubblicano poco nella loro breve ma seminale storia: gli EP “I Think This Town is Nervous” (1985) e “Yeh My People” (1986), con Nick Barker al basso (ex-Curse e Reptile Smile) a sostituire il dimissionario O'Biegly, e due album in studio, “Here at Pains Insistence” (1987) e “Laying Down Law” (1988), prima di sciogliersi entro la metà del 1989.
Mentre è ancora membro dei Wreckery, nel 1986 Race ha una piccola parte in “Dogs in Space”, di Richard Lowenstein, interpretato da Michael Hutchence e Saskia Post e, l’anno successivo, co-sceneggia il film “Ghosts ... of the Civil Dead” (1988), diretto da John Hillcoat, e interpretato da Nick Cave e Dave Mason dei Reels. 
Nel 1989, Race è Mack the Knife, una rockstar "sociopatica" protagonista di “In Too Deep”, un thriller erotico indipendente di Colin South e John Tatoulis.
Hugo mette su la sua band, Hugo Race & the True Spirit, con cui pubblicherà ben 13 dischi tra il 1988 e il 2015.
Il gruppo potrebbe definirsi un collettivo aperto che ha visto transitare diversi musicisti, da Nico Mansy a Chris Huges, passando per i "nostri" Marta Collica e Michelangelo Russo.
La loro musica viene descritta come "Trance Industrial Blues", una bella amalgama di post punk, dark-ambient, cantautorato, folk rarefatto e, appunto, blues, con degli sprazzi di psichedelia ed elettronica; anche se la mutevolezza della composizione della band rende difficile definirne un suono ed un genere “classico”.
Ma già nel 1987, Race, Barker e Casinader incidono a nome “The True Spirit” con ospiti i musicisti ospiti Brian Colechin al basso, John Murphy alle percussioni e Chris Wilson all'armonica. 
Un brano, "Certified Fool", appare su una compilation di vari artisti, “Melbourne Stuff”. 
Le stesse session di registrazione produrranno l'album di debutto di Hugo Race & The True Spirit, il bellissimo, noirissimo, “Rue Morgue Blues”, apparso nel giugno 1988.
Verso la fine del 1989, Hugo si trasferisce in Europa, inizialmente a Londra e poi a Berlino
Nel 1990 esce “Earls World” con i True Spirit. 
Sono della partita Alex Hacke (degli Einstürzende Neubauten) alla chitarra e la slide, Chris Hughes (degli Slub) alle tablas, John Molineux all'armonica, Rainer Lingk al banjo, chitarra e basso, e Thomas Wydler alla batteria (gli ultimi due dai Die Haut).
Race si avvale più o meno della stessa formazione per registrare il successivo “Second Revelator” (1991), con la preziosa collaborazione dell'ex compagno nei Bad Seeds, Mick Harvey, al piano, organo, basso, cori, percussioni e produzione. 
Della vasta (e non tutta memorabile ma sempre dignitosa) produzione successiva dei True Spirit, segnaliamo almeno “Spiritual Thirst “ (1993), “Valley Of Light” (1996), “Last Frontier” (1999), “The Goldstreet Sessions” (2003), “Live in Monaco” (2005), “53rd State” (2008), e l’ ultimo “The Spirit” (2015).
Nel 1998, Race si trasferisce in Italia e, l'anno successivo, fonda la propria etichetta, la Helixed, che incorporerà diversi progetti collaterali tra cui i Sepiatone con sede nel nostro paese, un progetto ambient elettronico/acustico, quasi da colonne sonore, con Marta Collica (ex Vice Mice) con cui pubblica tre dischi, i Transfargo, con sede a Zurigo, con Dimitri de Perrot che pubblica un album, “Mil Transit” (2003), e un progetto lounge multimediale siciliano, “Merola Matrix” (2004), dedicato al re della sceneggiata partenopea.
Produce artisti italiani come Cesare Basile e Nove Rose. 
Nel gennaio 2000 collabora con la cantante australiana Mia Stone (ex-Stone Circus e Satellite) e il suo gruppo, i Michaela.
Nel 2007 si unisce a Chris Brokaw (ex Codeine) e Chris Eckman dei Walkabouts, per pubblicare l'album, “Dirtmusic” e altri tre dischi, sperimentando ancora una volta la contaminazione, stavolta spingendo il suo blues sporco e desertico fino in Africa.
Nel 2010 forma Hugo Race and The Fatalists con Antonio Gramentieri e Diego Sapignoli della band strumentale italiana, Sacri Cuori che pubblicano due album: “Fatalists” (2010) e “We Never Had Control” (2012). 
Nel 2011 torna a vivere in Australia. 
A partire da ottobre 2013, Race è stata contemporaneamente membro di Hugo Race e True Spirit, Hugo Race Fatalists e Dirtmusic, sebbene abbia anche trovato il tempo per altri progetti.
Al cinema ha ruoli minori nel film di Michael Rymer "Queen of the Damned" (2002), nella parte di un bassista vampiro, e ne "L'imbarcadero" (2014) di Marco Caputo e Davide Imbrogno.
Nel 2014, Race presenta la prima dal vivo di “Long Distance Operators”, un progetto con l'artista belga Catherine Graindorge; i due pubblicano il loro album di debutto omonimo all'inizio del 2017.
Ultimamente è in giro con Michelangelo Russo per promuovere il progetto “John Lee Hooker's World Today” (2017), una personale rivisitazione dell’opera del grande bluesman.
Tanti auguri Maestro, continua sempre a sorprenderci e affascinarci.
E chi se ne frega se nel locale ci sono si e no 30 persone…
Anzi, meglio!

“Nothing pure enough to be
Or clean enough to be
Evergreen
Aura (?) almost too faint/faded (?) to see
Can you keep up the speed?
It’s moving way fast
Can you hold me?
I still feel the same
Through all the tests
I looked around, looked around
But all that’s left
Can you handle the silence?
Or is it too heavy for us to find?
And there’s a white, white sand to see (?)
Radiant silver screen projecting pictures
Of this temporary sin
Can you keep up the speed?...”
Hugo Race and The Fatalists - Nightvision

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

  • Hugo Race

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    23 Maggio
    Affermare che il talento non si misura dal successo è una banalità, lo sappiamo.Ma se c’è uno che può testimoniare che questo detto corrisponde al vero, questi è senza dubbio l’australiano HUGO... Hugo Race
  • Martyn Jacques

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    22 Maggio
    Una chicchina per i nostri amici dei Mutzhi Mambo: oggi vi presentiamo infatti il grandissimo MARTYN JACQUES, leader, cantante e fisarmonicista degli incredibili Tiger Lillies, gli alfieri del dark... Martyn Jacques
  • Marc Ribot

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    21 Maggio
    Premessa: a noi i chitarristi che suonano seduti (a meno che non siano vecchi o malati) piacciono poco, siamo prevenuti... Ma per il funambolico MARC RIBOT facciamo volentieri un'eccezione, visto che... Marc Ribot