Diciamocelo, ha avuto un'infanzia di merda: povertà, babbo poligamo e assente, la visione del fratello affogato in una tinozza, la cecità arrivata a otto anni...poteva diventare un barbone alcolizzato (ne avrebbe avuto tutti i diritti) ma invece RAY CHARLES è diventato RAY CHARLES, "Il Genio"!
Non era uno stinco di santo (non è perché uno è cieco che dev'essere buono per forza) però ha fatto grande musica e, purtroppo, anche roba da rutto libero (tipo il duetto con Totò Cotugno nel Festival di Sanremo del'90); comunque noi lo ricorderemo, nell'anniversario della sua scomparsa, con le note di "I Got a Woman" e "Hit the road, Jack", che basterebbero, da sole, a fargli perdonare di tutto!
Considerato uno dei pionieri della musica soul, nonché uno dei musicisti più importanti di tutti i tempi, seppe coniugare, con una energia e un'intensità uniche, sonorità diverse, dal rhythm'n'blues alla musica country, dal jazz al rock'n'roll, fino a codificare gran parte della musica nera a venire.
Ray Charles Robinson nsce ad Albany, in Georgia, il 23 settembre del 1930.
La madre è impiegata in una segheria, mentre il padre è un meccanico tuttofare addetto alla manutenzione delle ferrovie.
La famiglia si trasferisce a Greenville, quando Ray è appena nato.
I genitori in realtà sono sposati e, anzi, il padre aveva messo su altre tre famiglie, lasciando presto la compagna e i due figli.
Ha appena cinque anni, quando assiste impotente alla morte del fratello minore, George: lo vede annegare in una tinozza per il bucato.
Perde completamente la vista all'età di otto anni a causa di un tracoma ma, grazie al Braille, impara a leggere e scrivere musica.
Charles si destreggia senza problemi col pianoforte, il clarinetto, la tromba e il sassofono e lascia la scuola nel 1945, determinato a diventare un grande musicista.
Fa una promessa a se stesso: «Niente cane, niente bastone e niente chitarra. Ho sempre associato queste tre cose alla debolezza e alle suppliche».
Diventa subito uno dei pezzi forti del circuito dei club della Florida, suonando assieme ad una band del sud chiamata The Florida Playboys, musica simile a quella di Nat “King” Cole e Charles Brown.
La Florida, però, non è abbastanza grande per le sue ambizioni e, dopo aver chiesto a un collega quale fosse la città in assoluto più lontana da Tampa, se ne va a Seattle.
È lì che firma il suo primo contratto e pubblica il suo primo singolo, "I Love You, I Love You (I Will Never Let You Go)/Confession Blues" (1949), e il suo primo successo ad entrare nelle classifiche di vendita, "Baby, Let Me Hold Your Hand" (1951).
L’Atlantic Records, nel 1952, gli offre la libertà musicale che desidera: può produrre le sue sessions da solo e scegliersi i musicisti che vuole.
Jerry Wexler, all’epoca uno dei dirigenti dell’etichetta, capisce che la cosa migliore da fare con Ray è lasciarlo lavorare per conto suo e gli garantisce una libertà creativa e artistica all'epoca inaudita in ambito pop e rhythm'n'blues.
La sua fiducia viene presto ripagata: Ray inizia a pubblicare un classico dopo l’altro.
"It Should Have Been Me", "Mess Around", entrambe scritte da Ameht Ertegün, "I Got a Woman", la sua prima grande hit, scritta con il suo collega Renald Richard, "This Little Girl of Mine", "Lonely Avenue", "Mary Ann", "Drown in My Own Tears" e "The Night Time (Is the Right Time)", canzoni incluse nei suoi dischi "Hallelujah, I Love Her So", "Yes Indeed!" e "The Genius Sings the Blues", sono pezzi che non hanno certo bisogno di commenti.
A partire da "I’ve Got a Woman" (1954), Ray Charles racconterà storie di desiderio, nostalgia e lussuria mescolandole con i ritmi e le atmosfere del gospel, gettando così le fondamenta di quella che presto sarebbe diventata la musica soul.
Ciò spaventa alquanto i bacchettoni: Charles inizia a ricevere lettere da predicatori e bigotti di ogni risma, che lo accusano di aver imbastardito gli inni sacri.
Poi, cinque anni dopo, questo irriverente ma geniale miscuglio di sacro e profano diventerà la "soul music" e tutti si metteranno a suonarla!
Successivamente, Ray inserisce nel suo sound un coro femminile, le mitiche Raeletts, uno sratagemma per bilanciare la mascolinità del suo timbro baritonale.
Si tratta di un altro furto al mondo gospel: questa volta, però, Ray carica decisamente di tensione erotica i tradizionali “scambi” tra le voci, una tecnica che perfeziona per il suo singolo del 1959, "What’d I Say".
La canzone diviene al centro di polemiche incendiarie tra chi vede in essa il "male" e viene additato come "lussuriosa" ma vende ugualmenteo più di un milione di copie.
Lo stesso anno la ABC gli fa un’offerta "che non si può rifiutare": 50,000 dollari in anticipo e la proprietà dei suoi master!
Nel 1960 la sua versione di "Georgia On My Mind" (un brano di Hoagy Carmichael) raggiunge il primo posto delle classifiche americane; dello stesso periodo altri singoli mitologici come "Hit the Road Jack" e "Unchain My Heart".
Due anni dopo i due volumi di "Modern Sounds in Country & Western Music" disintegrano i confini tra country, pop e R&B.
Nel 1964 l’arresto per possesso di eroina, da cui era dipendente da almeno vent'anni.
Per non finire in gattabuia (che per lui non sarebbe stata particolarmente buia...), Ray si impegna a seguire un feroce programma di disintossicazione; impiega un anno a liberarsi dalla "scimmia" e non vorrà più parlarne.
Fino al 1967, Charles pubblicherà altri brani di successo come "Busted", "Take these Chains from My Heart" e "Here We Go Again".
Nei decenni successivi rimarrà sempre attivo, sia sul palco che in studio, ma con meno intensità di un tempo.
Il suo contributo alla musica contemporanea era già stato così grande che ormai nessuno pretende da lui qualcosa di più che essere se stesso e ripetere a loop i suoi successi.
Lui si rilassò pure troppo però...
La sua produzione successiva non sarà mai più all'altezza delle vette realizzate fino agli anni '60 e Charles si limiterà ad essere un performer di lusso, coccolato da presidenti che lo fanno suonare ai party di insediamento e inseguito da pop star più o meno inutili (uno fra tutti Toto Cotugno!) che vogliono vantare nel curriculum un duetto col vecchio genio...
Unico vero picco del suo lunghissimo tramonto sarà l'indimenticabile apparizione nel film "The Blues Brothers" (1980).
Charles muore il 10 giugno del 2004, per le complicanze di una malattia al fegato, all'età di 73 anni.
Lascia dodici figli, venti nipoti e cinque pronipoti.
Magari era pure cieco, ma il "coso" gli funzionava bene!
Onore a "The Genius"!
Ray Charles - Hit the road, Jack