Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

Sperando che la rubrica di oggi non venga equivocata, celebriamo l'anniversario della scomparsa di uno dei più grandi scrittori del Novecento, LOUIS-FERDINAND CÉLINE, il cantore del nichilismo letterario. 
Questo Vostro Almanacco, come più volte ribadito, non si occupa di politica e non vuol dare giudizi morali.
Céline, cari amici dei Mutzhi Mambo, viene qui omaggiato come sommo poeta della miseria umana, come narratore dell’inarrestabile decadenza della società.
Nessuno come lui è stato in grado di scavare negli abissi della malvagità e dell'abiezione umana e di descrivere la cattiveria di fondo che muove le nostre azioni, con uno stile unico, nervoso, potente, espressivo, senza arretrare di fronte a oscenità o violenze. 
Certo, definire Céline un autore Pulp è sicuramente riduttivo (non per noi, chiaramente), è letteratura nobile la sua, ma il suo stile schizoide e l’assoluto cinismo, lo fanno uno dei massimi numi tutelari di chi ha usato la sua “maniera” per descrivere in modo asciutto e spietato il mondo marcio del crimine o l'abbrutimento delle droghe e dell'alcol o il sordido mondo della prostituzione.
Del fatto poi che avesse volontariamente scelto di fare il medico dei poveracci e contemporaneamente fosse stato un razzista e un feroce antisemita a noi non c'è ne può fregàdemeno! 
Se dovessimo fare le pulci alla vita privata e ai moventi dei personaggi che presentiamo, questa rubrica non esisterebbe.
Noi guardiamo all'artista, se poi era uno stronzo, cazzi suoi…
Questo sia chiaro sempre e per tutti!
Louis Ferdinand Auguste Destouches nasce nel 1894 a Courbevoie, sulla Senna, ma cresce a Parigi, dove la madre negoziante si trasferisce, mentre il padre continua a fare l’assicuratore nel paese d’origine. 
Raggiunta l’adolescenza, Louis-Ferdinand sembra destinato a fare il commerciante, almeno così sperano i suoi familiari. 
Ed in effetti le sue prime esperienze di lavoro le fa proprio in questo settore.
Poco dopo avere compiuto il suo diciottesimo anno di età il ragazzo arriva alla svolta della sua vita. 
Nel 1914, viene arruolato nell’esercito francese e inviato al fronte contro i tedeschi. 
Nel corso di una battaglia, riporta gravi ferite a un braccio e viene congedato. 
Menomato, Céline ottiene come compenso un impiego a Londra presso l’Ufficio Francese d’Immigrazione ma rimarrà per sempre con un braccio a mezzo servizio e un fastidioso fischio nelle orecchie che gli impedisce di dormire. 
Nel 1916 gli viene affidato un incarico in una società commerciale di legname in Camerun. 
L’esperienza coloniale è comunque breve in quanto, avendo contratto una brutta forma di malaria, egli deve rientrare di corsa in Francia. 
Nel 1915 aveva sposato a Londra la barista Suzanne Nebout, ma il matrimonio non essendo stato regolarmente registrato all’anagrafe francese risulta nullo. 
Louis approfitta dell’errore e, nel 1919, porta sull’altare un’altra donna, Edith Follet, il cui padre medico lo instrada verso lo studio della medicina. 
Louis si appassiona alla materia, si applica con profitto a Rennes e nel 1924 si laurea all’Università di Parigi.
La sua tesi di laurea costituisce un'opera molto importante e innovativa in grado di trascendere la freddezza delle argomentazioni mediche per romanzare l'esperienza del medico Semmelweis, colui che introdusse il metodo dell'asepsi nella pratica ospedaliera. 
Due anni più tardi si conclude rovinosamente il matrimonio con la Follet e Céline, che ora ricopre un incarico presso la Società delle Nazioni, accetta di girare il mondo, visitando la Svizzera, nuovamente il Camerun, gli Stati Uniti, Cuba e il Canada.
Nel 1931 è di nuovo in Francia dove inizia a praticare la professione di chirurgo presso l’ospedale municipale di Clichy. 
Siamo nel periodo che anticipa il parto della sua prima grande opera.
Nel 1932 esce infatti “Viaggio al termine della notte” (scritto nelle sue lunghe notti insonni, da qui il titolo…) e Louis adotta come ortonimo il cognome della nonna materna. 
Con questo romanzo, Céline affronta tutti i temi più importanti del XX secolo: la guerra, l'industrializzazione, la decadenza coloniale, l'impoverimento e l'aridità delle coscienze. 
È la storia di un medico, Ferdinand Bardamu, alter ego dell'autore, che dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale si imbarca per le colonie, di qui agli Stati Uniti e poi nuovamente in Francia dove diventa medico dei poveri. 
Una vicenda di ampio respiro, pretesto per tracciare un affresco cinico e disperato della condizione umana. 
Nel 1933, Céline è ormai uno scrittore di fama nazionale e i commenti ai suoi lavori riempiono le pagine dei giornali e delle testate letterarie.
Louis accetta il successo, ma, almeno in apparenza, ne rimane distaccato.
Ciò che piace di Céline è il coraggio di immergersi nelle fogne dell’umanità, di sguazzare tra i nuovi Miserabili, condannati alla sofferenza, ma anche inclini al peccato.
Un metodo utile per capire i veri motivi di un degrado sociale e morale e un mezzo per esorcizzarlo.
In fondo, parlando dei disgraziati attraverso uno stile rivoluzionario ed un lessico aspro, dirompente, apocalittico e mefitico, quasi sulfureo, pieno di citazioni colte e di dialetto da bassifondi, descrive il loro dramma senza melensaggini e senza sconti.
D’altra parte l’autore non li delude mai, apparecchiando scenografie, immagini e storie di tale promiscuità e degrado, morale fisico, da fare impallidire chiunque. 
Fino dai suoi primi scritti egli ha voluto ardentemente figurare come uno scrittore popolare: anzi, ha desiderato di trasformarsi nell’unica vera voce della gente.
Non a caso egli frequenta (e continuerà a farlo anche in seguito, in veste di medico e chirurgo) soltanto povera gente e pochi spiriti da lui considerati illuminati.
I disgraziati, gli emarginati, gli handicappati, i malati e i quartieri proletari, fatiscenti, umidi e puzzolenti lo attraggono magneticamente e lo inghiottono nei loro pozzi senza fine. 
Questi anfratti dove la luce della giustizia non giunge mai e dove il male si rigenera automaticamente per mancanza di alternative, diventano presto gli scenari della sua indagine e della sua arte descrittiva. 
Céline ama raccontare la vita dei perdenti e dei derelitti, ma lo fa però a modo suo, con rabbia velenosa, disincanto misto a pietà, allucinata determinazione e stile tenebroso. 
Un’aggregazione umana che il positivismo imperante mette alla stregua di un incidente, che tollera i nullatenenti con il disappunto di chi osserva uscire da una catena di montaggio un pezzo mal riuscito. 
Per il cinico, ma anche appassionato Louis il dramma sociale e morale degli uomini senza scampo rappresenta invece qualcosa di effettivo e doloroso: un fenomeno antico ed immutabile, quasi una malattia incurabile, anche se in realtà, da buon medico, ne conosce la causa: la vita stessa è una patologia senza scampo! 
Nelle descrizioni céliniane, presente, passato e futuro si alternano in maniera parossistica, anticipando e posponendo fatti, osservazioni ed emozioni, consentendo al “treno dei pensieri” di scorrere avanti e indietro lungo i binari ben oliati di una logica che talvolta sembra non essere tale.
Pubblicato nel 1936, “Morte a Credito” è il secondo romanzo di Céline: lo stile è spinto ancor più all'estremo, il linguaggio amalgama sempre più registri aulici e bassi senza soluzione di continuità e non lascia riprendere fiato.
In Italia arriva piuttosto tardi, intorno agli anni sessanta, in una traduzione monumentale (ma censurata) di Giorgio Caproni. 
È un romanzo autobiografico, una sorta di prequel di “Viaggio…”: il protagonista è un ragazzo di nome Ferdinand, che deve affrontare la vita nel Passage Choiseul, il suo inserimento nel mondo del lavoro, i suoi viaggi studio. 
Tra un romanzo e l’altro, Céline trova il tempo per vergare una valanga di articoli e libelli contro la media borghesia corrotta dal “modernismo” (nel 1936 compie un viaggio pieno di aspettative in Unione Sovietica, ma ne rimane schifato, e scrive il pamphlet “Mea Culpa” contro il comunismo), e contro il grande complotto ebraico-capitalista (i famigerati “Bagatelle per un massacro”del ‘37, “La scuola dei cadaveri”, del ‘38 e “La bella rogna”, del ‘41, ma dopotutto un ebreo gli aveva fottuto la donna e un altro il lavoro…), lavori che gli porteranno le accuse di antisemitismo e filo-nazismo nel dopoguerra, costringendolo all’esilio e all’emarginazione culturale.
Nel ‘39, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, Céline indossa nuovamente la divisa e si arruola, volontario, come ufficiale medico della marina francese. 
Dopo la resa della Francia, nel giugno del ‘40, egli rifiuta inizialmente di schierarsi con il governo collaborazionista di Vichy e si rifugia nella clinica municipale di Satrouville dove continua a praticare la professione medica. 
Dopo essersi sposato per la terza volta (nel 1936 aveva conosciuto la giovane ballerina Lucette Almanzor) Céline decide però di compromettersi e inizia a dare voce alla sua campagna filo-tedesca e antiebraica. 
Verso la fine della guerra, con il ritiro delle truppe tedesche dalla Francia, egli è costretto a rifugiarsi in Germania, a Sigmaringen, con la famiglia. 
Nel 1945, il nome di Céline spicca già nella lunga lista dei collaborazionisti stilata dai gollisti e dal movimento di resistenza francese.
Céline viene accusato di tradimento e con questo rischia la pena capitale. 
Dalla Germania fugge quindi in Danimarca, dove viene incarcerato per sei mesi e dove vivrà da esule fino al 1950, quando il governo di Parigi lo grazierà e gli consentirà di rientrare in patria. 
Ma l’accoglienza che il mondo intellettuale francese del dopoguerra riserva allo scomodo scrittore non è ovviamente delle migliori.
Dati i suoi trascorsi politici, anche la sua opera viene oscurata.
I suoi libri non vengono bruciati ma, peggio, dimenticati.
Nei circoli culturali tutti fanno a gara per distanziarsi da quella che viene chiamata la “scheggia impazzita” della letteratura contemporanea francese. 
Céline viene di fatto emarginato e anche i suoi vecchi editori (che si sono arricchiti con i suoi libri) e compagni di avventura, alcuni dei quali si sono reintegrati nella nuova società francese, lo rinnegano. 
Pochi gli fanno visita, qualche giornalista in cerca di reduci maledetti, degli esponenti della Beat Generation che lo hanno eletto come ispiratore, con cui si lagna dei danni, morali ma anche economici, causatigli dall’esilio forzato e dall’epurazione. 
Trova rifugio insieme a Lucette in una vecchia casa piena zeppa di libri e cianfrusaglie, circondato da cani e gatti, con accanto il pappagallo Toto spesso ritratto sulla sua scrivania ingombra di fogli, pile di manoscritti, matite, penne e avanzi della cena. 
Lo si vede aggirare nel suo studio, più simile ad un garage, con il foulard al collo, un paio di vecchi pantaloni tenuti su da una corda, maglioni consunti ed infilati l’uno sull’altro, come i barboni. 
Pochi sono i pazienti che ormai si fidano di lui come medico, i suoi libri non si ristampano, e quando iniziano a essere ristampati non si vendono.
“Guignol's band” (1944), “Casse-pipe” (1952), “Pantomima per un'altra volta” (1952), “Normance” (1952), “Da un Castello all’altro” (1957), il primo capitolo della “Trilogia del Nord”, in cui narra a modo suo le peripezie del suo esilio, e “Nord” (1960), secondo capitolo della “Trilogia”, ottengono pessime critiche. 
“Guignol’s band II” esce postumo e incompiuto nel 1964, come postumo esce “Rigodon” (1969), l’ultimo capitolo della “Trilogia”, che viene addirittura censurato.
Il grande maestro della letteratura del ‘900 muore per aneurisma il primo di luglio del 1961, a sessantasette anni, volutamente dimenticato da tutti. 
Fortunatamente, questo genio della scrittura, questo spietato indagatore dell’animo umano, ultimamente viene giudicato per quello che di eccezionale ha prodotto, al netto di ideologie e rimproveri. 
Dopotutto, nessuno scrive come Céline, e questo è un dato di fatto…

"Perché nel cervello d'un coglione il pensiero faccia un giro, bisogna che gli capitino un sacco di cose e di molto crudeli."
Louis-Ferdinand Céline - Viaggio al termine della notte

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