Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

Orsù, forza, carichiamoci in spalla badile e piccone e mettiamoci a scavare.
Perché oggi si scava, cari amici dei Mutzhi Mambo, si va proprio in basso, alle radici più luride e incistite del Pulp di casa nostra.
L’obiettivo, ancora una volta, è dimostrare che al peggio non c’è mai fine e che noi italiani siamo fra quelli peggio che stanno alla fine!
Per questa crociera negli inferi del Pulp nostrano, non poteva esserci miglior nocchiero che il versatile GIULIANO CARNIMEO, vero, instancabile factotum del cinema tricolore.
Non che Giuliano Carnimeo fosse stato così male a dirigere: a parte l'ultima infame parte della sua carriera, caratterizzata da titoli che definire imbarazzanti è un eufemismo, il resto della sua filmografia è quantomeno dignitoso.
Era quello che si dice un autore completo e un autentico regista eclettico: in trent’anni di carriera è riuscito a frequentare quasi tutti i generi, dal thriller alla commedia sexy, passando per gli spaghetti-western, i postatomici, i film-barzelletta e i lacrima movie.
Intendiamoci, non è l‘eclettismo di Kubrick, quello a cui si fa riferimento…
Carnimeo era più un “artigiano” nel senso proprio della parola, uno che faceva sempre il suo “mestiere” a prescindere dal copione o dal genere (e il budget) che gli veniva assegnato: il problema erano casomai i copioni, i generi (e i budget…).
Per lui vale quello che abbiamo affermato anche per altri: il fascino di questi registi sta proprio nella loro capacità di far tanto con poco, un'abilità ormai quasi perduta nelle produzioni odierne.
In questo senso Carnimeo e i tanti validi mestieranti del nostro cinema di genere, a prescindere dal giudizio sulla qualità del loro lavoro, meritano il massimo rispetto.

Giuliano Carnimeo nasce a Bari il 4 luglio del 1932; si sposta con la famiglia prima a Bologna, poi a Venezia e infine a Roma, dove vive dal 1939. 
Laureato in giurisprudenza e procuratore legale, non eserciterà mai la professione; in compenso si dà da fare nel teatro, al cinema, per le riviste.
Entra al Centro Sperimentale di Cinematografia e si diploma come regista. 
Tra il 1960 e il 1967 fa molta gavetta e si forma professionalmente alla scuola di Giorgio Simonelli, come assistente regista di "Robin Hood e i pirati" (1961), e di parecchie parodie di Franco e Ciccio: "I due mafiosi" (1963), "Due mafiosi nel Far West" (1964), "Due mafiosi contro Al Capone" (1966), "Due mafiosi contro Goldginger" (1965), "I due sanculotti" (1966), "I due figli di Ringo" (1967) e "I barbieri di Sicilia (1967)". 
Simonelli si rivela un valido "maestro di bottega": è un buon tecnico che viene dal montaggio, un regista essenziale a cui della critica importa il giusto.
Uno che non spreca pellicola, fa gli storyboard e ha in testa il film mentre lo gira; fa soltanto i ciak strettamente necessari riesce a dirigere anche quattro film all’anno.
Il regista perfetto per i film di Franco e Ciccio che vengono prodotti a un ritmo industriale. 
Carnimeo porterà a termine "I due figli di Ringo", perché Simonelli si ammala durante le riprese e muore prima di finirlo.
Altri maestri per Giuliano sono Camillo Mastrocinque ("Vacanze d’inverno", 1959), Carlo Campogalliani ("Fontana di Trevi", 1960 e "Ursus", 1960, che il nostro sceneggia pure) e Fabrizio Taglioni (Un branco di vigliacchi); e poi Grieco, Giannini, Ciorciolini e Roberto Bianchi Montero, ma anche Steno in "Totò, Eva e il pennello proibito" (1959) con Abbe Lane.
Il suo esordio ufficiale alla regia è nel 1962, nella co-produzione italo-statunitense "Panic Button operazione fisco", una commedia con Jayne Mansfield, realizzata da George Sherman e seguita per la versione italiana dal regista barese. 
Ma il genere dove Carnimeo ha maggior successo è il western, all’interno del quale gira un numero incredibile di pellicole dal 1967 al 1974, firmate con lo pseudonimo di Anthony Ascott. 
I titoli sono spesso sul filo del demenziale e caratterizzano lavori a metà strada tra western serio e commedia farsesca, come tipico della fase crepuscolare di questo genere. 
Il suo attore feticcio è Gianni Garko, ovvero Sartana, grande idolo del pubblico negli anni '70.
Quello che inaugura il suo filone "spaghetti" è "Il momento di uccidere" (1967), un western piuttosto originale, un giallo atipico ambientato tra canyon e praterie che affida il colpo di scena alla scoperta del cattivo solo nel finale.
La pellicola segna l’inizio della collaborazione tra Carnimeo e l’attore uruguayano George Hilton, cognato del produttore Luciano Martino, che lavorerà molto nel cinema di genere italiano. 
Seguiranno "Joe! Cercati un posto per morire" (1968), "Sono Sartana il vostro becchino" (1969), "C’è Sartana vendi la pistola e comprati la bara" (1970), "Una nuvola di polvere, un grido di morte, arriva Sartana!" (1971), "Buon funerale amigos, paga Sartana" (1971), "Testa t’ammazzo, croce sei morto, mi chiamano Alleluja" (1971), "Gli fumavano le Colt, lo chiamavano Camposanto" (1971), "Uomo avvisato mezzo ammazzato, parola di Spirito Santo" (1972), "Il West ti va stretto amico, è arrivato Alleluja" (1972), "Fuori uno sotto l’altro, arriva il Passatore" (1973), "Lo chiamavano Tresette, giocava sempre col morto" (1973) e "Di Tresette ce n’è uno, tutti gli altri son nessuno" (1974).
Per quello che riguarda Sartana, il personaggio era nato da un’idea di Gianfranco Parolini (che si firma Frank Kramer) nel film "…se incontri Sartana prega per la tua morte" (1968).
Viene interpretato da Gianni (John) Garko, anche se in verità questo attore aveva già dato le fattezze ad un personaggio omonimo nel film "1000 dollari sul nero" (1967) di Alberto Cardone (Albert Cardiff), ma era completamente diverso. 
Il pistolero creato da Parolini è una via di mezzo tra 007 e Mandrake, un eroe nero, una sorta di becchino con poteri soprannaturali: ai giovani garba un sacco e ottiene un successo inaspettato che produce un’infinità di sequel apocrifi e di sfacciate imitazioni. 
Carnimeo chiama Garko a interpretarlo nuovamente in "Sono Sartana, il vostro becchino" (1969) insieme a Klaus Kinski, ma elimina al personaggio i tratti spettrali e surreali che lo caratterizzavano al debutto. 
Pur nascendo con Garko, in alcuni film Sartana viene interpretato da George Hilton che fornisce al personaggio una caratterizzazione più comica e darà il volto ad altri eroi: Alleluya e Tressette, quest'ultimo vera pietra tombale dello spaghetti-western, in quanto ne sancisce la totale, definitiva trasformazione in un genere demenziale.
Camposanto e Spirito Santo sono altri due personaggi western interpretati da Gianni Garko, molto simili a Sartana, ma anch'essi più scanzonati, anche per merito di soggetti più leggeri scritti da Enzo Barboni, Tito Carpi e Federico De Urrutia. 
Si passa poi al giallo erotico col celebre "Perché quelle strane gocce di sangue sul corpo di Jennifer?" (1972), firmato ancora Anthony Ascott ,che tenta di insersi nel filone Argentiano e di bissare il successo de "Lo strano vizio della signora Wardh" (1970). 
Ci sono Edwige Fenech, Paola Quattrini, George Hilton, ma il film manca di suspense e la sceneggiatura è piuttosto maldestra. 
Pero mantiene un suo certo fascino, la Fenech è uno schianto e un paio di sequenze sono da antologia.
Le scene di sangue sono crude e realistiche: addirittura la sequenza del primo omicidio nell’ascensore avrebbe ispirato Brian De Palma per "Vestito per uccidere" (1980).
Inoltre Hilton e la Fenech sono perfetti nei rispettivi ruoli e la scena del lungo rapporto sessuale vale la visione dell’intero film.
Dopo di questo, Carnimeo gira un altro thriller (anche se il titolo farebbe pensare più ad un porno) con Edwige Fenech: "Anna, quel particolare piacere" (1973). 
L'attrice franco-algerina è una cassiera di un bar di Bergamo che si innamora di un pericoloso boss mafioso, interpretato da Corrado Pani. 
L'inizio è costruito come un poliziottesco piuttosto trucido ma poi l'andazzo erotico d stampo sado-maso prende velocemente il sopravvento sulla trama gialla. 
Peccato che tutto poi assuma toni melodrammatici, da lacrima - movie, e viene meno il clima morboso.
Di lì alla commedia sexy il passo è breve.
"La signora gioca bene a scopa?" vede Edwige Fenech in compagnia di Carlo Giuffrè, Enzo Cannavale, ma, nonostante il titolo, non è particolarmente audace e gioca più sulla comicità che sulle tette della protagonista.
il nostro abbandona temporaneamente il filone sexy per girare due pellicole con Simone e Matteo, la coppia apocrifa interpretata dalla coppia Michael Coby (Antonio Cantafora) e Paul Smith (il massiccio israeliano Anam Eden), che plagia Bud Spencer e Terence Hill: "Un gioco da ragazzi" (1975) e "Il vangelo secondo Simone e Matteo" (1976).
Anche "Carioca Tigre" (1976) non ha niente a che vedere con il genere sexy: si tratta di una commedia girata in Brasile, sempre in stile Spencer-Hill, interpretata da Antonio Cantafora insieme ad Aldo Maccione.
Purtroppo, per problemi di distribuzione, non lo vedrà quasi nessuno... 
Ma il nostro si rifà con "L’insegnante balla… con tutta la classe" (1979), una vera commedia sexy che vede per la prima volta Nadia Cassini protagonista assoluta. 
C'e pure il gotha del genere a darle manforte: Alvaro Vitali, Lino Banfi, Mario Carotenuto, Renzo Montagnani e un bel gruppo di studenti allupati.
Il sedere della Cassini buca lo schermo e diventa protagonista assoluto di una pellicola non certo indimenticabile, ma il pubblico dei maschietti la ricorda bene, oh se la ricorda bene...
Carnimeo bissa con l'attrice americana, girando "L’amante tutta da scoprire" (1980), co-produzione italo-spagnola realizzata tra Madrid e Roma.
Stavolta, ad ammirare il lato-B della Cassini, oltre al solito Montagnani, ci sono Bombolo e Enzo Cannavale.
Giuliano si conferma un buon regista, rivitalizzando temporaneamente un genere in decadenza come la commedia sexy, grazie a una sceneggiatura più curata della media.
Con "Prestami tua moglie" (1980), riunisce sul set attori di diverse generazioni come Lando Buzzanca, Renzo Montagnani, Diego Abatantuono e Massimo Boldi. 
Anche il cast femminile è bello "ruspante" grazie alla presenza di Daniela Poggi, Janet Agren e Claudine Auger.
L'anno successivo è la volta dell'orrido barzelletta-movie "I carabbimatti" e della tarda e stanca commedia sexy "Mia moglie torna a scuola", con Montagnani e Carmen Russo.
Giuliano Carnimeo gira poi quello che viene considerato il miglior Pierino "apocrifo" (capirai…) con "Pierino medico della Saub" (1981), in pratica "Il medico della mutua" (1968) di Luigi Zampa con Alberto Sordi, rivisto e corretto in salsa Alvaro Vitali. 
Siamo ormai al tramonto della carriera di Carnimeo e i suoi ultimi film sono delle schifezze assolute. 
Si comincia con "Zero in condotta" (1983), una pessima commedia scolastica ambientata alla fine degli anni Cinquanta, sullo stile di "Sapore di Sale"; si prosegue col post-apocalittico "Il giustiziere della strada" (1984), noto anche come "Sterminator" e come "Gli sterminatori dell’anno 3000", firmato con lo pseudonimo Jules Harrison, la più povera e triste delle pellicole girate a imitazione di "Mad Max"; e poi la volta di "Computron" (1986), un film per la televisione, trasposizione in chiave moderna del racconto "Dagli Appennini alle Ande", tratto da "Cuore di Edmondo De Amicis", con un bimbo sfigato che va in cerca della mamma tramite computer; e infine il trashissimo "Quella villa in fondo al parco" (1988), che circola anche come "Rat Man", unico horror della sua carriera. 
Vale la pena di spendere due righe per questo delirio: girato, per risparmiare, a Santo Domingo (quindi la villa del titolo non c'entra assolutamente nulla!), è la storia di un uomo topo assassino, interpretato da un attore (il povero Nelson Aquino de La Rosa, un indio nano considerato l’uomo più piccolo del mondo) così brutto da sembrare proprio un roditore, anche se l’effetto comico supera quello orrorifico. 
Carnimeo torna allo pseudonimo di Anthony Ascott (e fa bene), fa interpretare la pellicola da un paio di bonazze come Eva Grimaldi e Janet Agren (che urlano senza convinzione davanti al sadico uomo roditore), ma non riesce a far niente di più che un film così assurdamente mal realizzato da diventare un cult.
Con questo "capolavoro", il nostro Giuliano chiude definitivamente con il cinema ed esce da un mondo che aveva frequentato per quasi trent’anni: realizza qualche trasmissione culturale per il Dipartimento Scuola – Educazione dal 1988 al 1996, poi si ritira per motivi di salute. 
Il Maestro ci lascia a Roma, il 10 settembre del 2016.
Per ogni artigiano come lui che se ne va, un pezzo di cinema, anzi, di come si fa il cinema, viene perduto.
Per sempre…
Onore a Giuliano Carnimeo!

“Il film comico è più semplice, non serve un maestro d’armi, non ci sono problemi di pallottole e di colpi in canna. Una commedia si gira in quattro settimane, se l’attrice principale non fa le bizze, mentre un western è più difficile” 
Giuliano Carnimeo

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