IL MONOLITO NERO
A uno cosi, meglio non fargli girare le palle…
Gigantesco, fisico possente scolpito dal football americano, dalla lotta libera e dal karate, sguardo profondo ed enigmatico, volto scavato, poche parole, WOODY STRODE è stato un caratterista americano leggendario, una di quelle “facce” che hanno reso grande il cinema di genere.
Attore di colore tra i più prolifici nelle produzioni a basso costo ma anche in ambito mainstream, specializzato in kolossal in costume e nei western, con puntate nel bellico e in diversi film polizieschi (in special modo italiani), in ruoli da “duro” taciturno, Woody Strode ha lasciato un segno indelebile in tanti appassionati che in lui vedevano un simbolo di impassibilità e potenza, quasi fosse una dimenticata divinità animista, di quelle da temere e a cui si può rendere solo omaggio.
Il suo corpo poderoso, la sua cupa e laconica inespressività, lo rendevano perfetto come gladiatore, guerriero, cowboy o sicario, per tutte le parti insomma che richiedevano poche chiacchiere e tanti muscoli.
Ha recitato in oltre novanta film, cari amici dei Mutzhi Mambo, ed è stato candidato al Golden Globe per “Spartacus”, dove ha reso una grande performance nella parte del gladiatore Draba.
Ha collaborato con alcuni tra i più grandi registi di Hollywwod, tra cui John Ford, Stanley Kubrick, Cecil B. DeMille, Richard Brooks e Henry Hathaway; inoltre ha lavorato con due mostri sacri del cinema di genere nostrano come Sergio Leone e Fernando Di Leo.
Con John Ford strinse anche un importante e duratura amicizia, e sarà uno dei più vicini al regista fino alla morte di quest’ultimo.
Si vedeva quasi sempre in ruoli minori, ma non per questo risultava meno incisivo del resto del cast; non sfigurava mai, anche quando appariva accanto ad alcuni dei più noti e amati attori di Hollywood: quando compare sullo schermo, state sicuri che Strode si nota immediatamente!
Certamente, questo grazie alla sue notevoli caratteristiche fisiche ma anche ad un carisma innegabile ed a uno sguardo penetrante che in molti casi sostituiva il dialogo meglio di tante parole.
Strode non è stato un “protagonista” nel senso formale del termine, ma sicuramente lo è stato nel senso iconico.
Woodrow Wilson Woolwine Strode (così all’anagrafe), nasce a Los Angeles, il 25 luglio del 1914.
Studia alla University of California, dove si afferma campione di football.
Assieme a Jackie Robinson e Kenny Washington forma il famoso “Gold Dust Trio”, che condurrà i Bruins ad una delle più memorabili stagioni di football per la facoltà californiana.
In questi anni solo pochi college schierano atleti afroamericani, e la UCLA diverrà un precedente importante per la futura integrazione razziale in ambito sportivo.
Conclusa l’esperienza universitaria, nel 1946 viene ingaggiato dai Los Angeles Rams della NFL, proprio nell’anno in cui termina il divieto posto dalla lega di ingaggiare giocatori di colore.
In seguito si trasferisce in Canada per giocare con i Calgary Stampeders della Canadian Football League, poi nel 1948 rientra negli Stati Uniti.
Nel frattempo John Ford lo fa esordire quasi per caso, e senza venir accreditato, ottiene un piccolo ruolo nel classico “Ombre rosse” (1939): questo sarà il suo primo passo verso il mondo del cinema.
Nel 1949 ricomincia a praticare wrestling (già nel ’41 aveva lottato per diversi mesi) con ottimi risultati, e alternerà le carriere di attore e lottatore fino ai primi anni ’60.
Vince diversi titoli come wrestler e alterna sport e cinema, inizialmente senza mai apparire nei titoli in vari film, come “Inferno nel deserto”, “Demetrio e i gladiatori”, “Il Calice d'argento”.
Dopo aver ottenuti parti accreditate, tra le altre, nell’horror “Bride of the Gorilla” (1951), di Curt Siodmak, nello storico “Androclo e il leone” (1952), di Chester Erskine, e nell'avventuroso “La città sommersa” (1953), di Budd Boetticher, Cecil B. DeMille lo sceglie per impersonare il Re di Etiopia nel superkolossal biblico “I Dieci Comandamenti” (1956).
Sempre grazie a De Mille è nel cast de “I bucanieri” (1958), di Anthony Quinn, e successivamente si afferma in virtù delle prove offerte nel bellico “38º parallelo - Missione compiuta” (1959), di Lewis Milestone, e nel disaster-movie “La crociera del terrore" (1960), di Andrew L. Stone.
La sua fama si accresce maggiormente a seguito del ruolo di Draba, gladiatore nero in “Spartacus” (1960), che sarà poi l'ultimo film in costume di grande successo da lui interpretato.
Dopo l’avventuroso – romantico – exotico “Desiderio nel sole” (1961), di Gordon Douglas, con Angie Dickinson, Peter Finch e Roger Moore, in cui lo troviamo ancora una volta nei panni del classico baluba selvaggio, negli anni ’60 Strode inizia a specializzarsi nei western, a partire da “I dannati e gli eroi” (1960), di John Ford, dove è protagonista nella parte di un ruvido sergente di frontiera, probabilmente la sua performance migliore.
In seguito lo ammiriamo in “Cavalcarono insieme” (1961), “L'uomo che uccise Liberty Valance” (1962), entrambi di Ford; “I professionisti” (1966), di Robert Brooks, con Burt Lancaster, Lee Marvin, Robert Ryan, Jack Palance e Claudia Cardinale; “Shalako” (1968), di Edward Dmytryk, con Sean Connery e Brigitte Bardot; e, naturalmente, la celebre sequenza iniziale di “C'era una volta il West” (1968).
Lo si vede in un paio di “Tarzan” (“Tarzan e lo stregone”, 1958, di H. Bruce Humberstone, “Le tre sfide di Tarzan”, 1963, di Robert Day), nell’ultima pellicola di John Ford, “Missione in Manciuria” (1966), e nel biopic “Che!”, di Richard Fleischer, a fianco di Omar Sharif e Jack Palance.
Ma sarà il capolavoro di Sergio Leone che gli spalancherà le porte del cinema italiano, dove si affermerà come icona dei migliori prodotti di genere.
Si ricordano l’action di denuncia “Seduto alla sua destra” (1968), di Valerio Zurlini (in cui il nostro interpreta un rivoluzionario africano in uno dei suoi rari ruoli da protagonista); il celeberrimo spaghetti-western “La collina degli stivali” (1969), di Giuseppe Colizzi, con Bud Spencer e Terence Hill; il western “Ciakmull - L'uomo della vendetta” (1970), di Enzo Barboni; la commedia a sfondo storico “Scipione detto anche l'africano” (1971), di Luigi Magni; il noir “La mala ordina” (1972), di Fernando Di Leo, in cui fa coppia con Henry Silva, fungendo da prototipo per il duo di sicari Travolta/Jackson di “Pulp Fiction”; lo scanzonato “Colpo in canna” (1975), di Fernando Di Leo, con Ursula Andress; “Noi non siamo angeli” (1976), di Gianfranco Parolini, con la coppia plagio di Bud & Terence, Paul L. Smith e Michael Coby; il teso western “Keoma” (1976), di Enzo G. Castellari, con Franco Nero; il trash post-apocalittico “L'ultimo guerriero” (1984), di Romolo Guerrieri; il pessimo action reducista “Razza violenta” (1984), diretto da un ormai svogliato Di Leo.
Fuori dai nostri confini interpreta, tra gli altri, il western “La feccia (1972), di Daniel Mann, con William Holden, Ernest Borgnine e Susan Hayward; l’action “Nel mirino del giaguaro” (1979), di Ernest Pintoff, con Christopher Lee, Donald Pleasance e Barbara Bach; il tremendo (nel senso di brutto) horror “Safari senza ritorno” (1982), di Alan Birkinshaw, con Laura Gemser.
Torna definitivamente negli USA e negli anni '80 si distingue in diversi film: l’horror “Scream” (1981), di Byron Quisenberry, l’action “Vigilante” (1983), di William Lustig, con Robert Foster, il nostalgico “Cotton Club” (1984), di Francis Ford Coppola, e il drammatico “Tutti colpevoli (1987), di Volker Schlöndorff.
Il nostro è famoso anche in televisione: è un impeccabile Lothar nel film TV “Mandrake” del 1954, poi Gran Mogul nella serie “Batman”, e ancora “Rawhide”, “Tarzan”, “Jungle Jim”, “Fantasilandia”, “Hazzard”, “Buck Rogers”, “Alla Conquista del West”…
Nel 1990 scrive un'autobiografia dal titolo “Goal Dust: The Wram and Candid Memoirs of a Pioneer Black Athlete and Actor”.
Inizialmente sposato alla principessa hawaiana Luukialuana Kalaeloa (da cui ha due figli, Kalai e Junelehua), che morirà nel 1980, Strode si risposa con l’aspirante attrice Tina Tompson.
Colpito da un tumore ai polmoni, dirada molto le sue apparizioni: lo ritroviamo giusto in “Il mistero di Storyville” (1992), di Mark Frost, e in “Posse - La leggenda di Jessie Lee” (1993), di Mario Van Peebles.
Il gigantesco Woody muore il 31 dicembre del 1994, dopo aver terminato le riprese del bizzarro western “Pronti a morire”, diretto da Sam Raimi.
Non era proprio una sagoma ma gli volevamo bene lo stesso.
E anche se non gli avessimo voluto bene, non glielo avremmo certo detto in faccia…
Onore a Woody Strode!
“Lady, you don't know how hard I'm trying to stay alive”
Sgt. Braxton Rutledge/Woody Strode – I dannati e gli eroi