SOGNI MECCATRONICI
Ormai lo sapete, a noi i mostri piacciono da morire e quindi i creatori di mostri non sono per noi semplicemente dei tecnici: sono come delle divinità, capaci di plasmare gli elementi e di infondere vita nella materia inerte.
E oggi, cari amici dei Mutzhi Mambo, celebriamo quello che dei creatori di mostri è stato senza dubbio il migliore, il più bravo, il più abile, il più geniale: Signore e signori, il dio CARLO RAMBALDI!
Con lui i peggiori incubi, le più straordinarie creature, hanno preso forma e sono diventate "reali", più reali di tanti attori "finti" che ammorbano cinema e televisione…
Anche all’inizio, prima della fama internazionale, prima dei milioni di Hollywood: quando i soldi eran pochi, i mezzi risicati, i tempi ristretti.
Ma non importava: l’intelligenza e creatività di questo artigiano dei sogni, di questo artista dell'impossibile, sopperivano sempre alle troppe mancanze.
Al culmine della sua carriera arrivò a vincere 3 Oscar, ridefinendo in modo netto e originale il fantastico mondo degli “effetti speciali visuali”, ai quali conferì, quasi come fosse stato un artista del Rinascimento, lo status di opere d’arte e nel contempo di ingegno.
Come un artigiano di altri tempi, come un vero “Mastro di bottega”, abbinando la meccanica e l’elettronica, creò la “meccatronica”: un’arte visionaria, nata per dare vita a veri e propri essere cibernetici, ribattezzati “attori meccanici” per la veridicità dei movimenti.
Ma all’interno di questi esseri che hanno commosso, divertito o impaurito intere generazioni di spettatori, batteva un cuore umano, quello grande, enorme, del suo creatore.
Carlo Rambaldi nasce il 15 settembre del 1925, in provincia di Ferrara.
Diplomatosi all'Accademia delle Belle Arti di Bologna, inizia la sua carriera come pittore.
Per caso gli viene offerta la possibilità di realizzare il drago Fafner (un mostro di 16 metri!) per "Sigfrido" (1957), un film a bassissimo budget di Giacomo Gentilomo: è l'inizio di una leggenda!
Per un po' lavora per la televisione (suo il ciclope Polifemo che sfida Ulisse nello sceneggiato tratto nel 1968 dall' "Odissea”, per la regia di Franco Rossi, Piero Schivazappa e Mario Bava), poi passa al cinema lavorando a (sentite un po' che roba) "Perseo l'invincibile" (1963), di Alberto De Martino, al cult fantascientifico "Terrore nello Spazio" (1965), di Mario Bava, allo stracult dell'orrore "Il boia scarlatto" (1965), di Massimo Pupillo, all'ipercult erotico "Femina ridens", (1969), con Philippe Leroy e la meravigliosa Dagmar Lassander per la regia di Piero Schivazappa, allo sconclusionato thrilling megacult "Una lucertola con la pelle di donna" (1971), di Lucio Fulci, al supercult splatter "Reazione a catena" (1971), sempre di Mario Bava, al cultissimo del terrore "La notte dei diavoli" (1972), di Giorgio Ferroni, al thrilling “L'arma, l'ora, il movente” (1972), di Francesco Mazzei, al semicult “Frankenstein '80” (1972), di Mario Mancini, al giallo “Estratto dagli archivi segreti della polizia di una capitale europe” (1972), di Riccardo Freda, al dittico cult all'ennesima potenza (prodotto da Andy Warhol) "Il mostro è in tavola...Barone Frankenstein” (1973) “Dracula cerca sangue di vergine...e morì di sete" (1974), per la regia di Paul Morrissey, all'ultracult d'autore "La grande abbuffata" (1973), di Marco Ferreri, agli horror trash di Sergio Garrone “La mano che nutre la morte” e “Le amanti del mostro”, entrambi del 1974, al supremo cult grottesco "La mazurka del barone, della santa e del fico fiorone" (1975), di Pupi Avati.
Dopo questa sfilata di cult (e non li abbiamo citati tutti!) si potrebbe fondare un vero e proprio "culto" al nostro Carlo!
Addirittura, quando nel 1971 verrà riaperta l'istruttoria sulla morte dell’anchico Giuseppe Pinelli (precipitato, durante un interrogatorio, da una finestra situata al quarto piano di un ufficio della questura di Milano, in circostanze mai del tutto chiarite), il magistrato inquirente dispone un esperimento giudiziale per ricostruire le modalità di caduta della vittima e viene affidato a Rambaldi il compito di progettare il manichino che riproducesse le caratteristiche del corpo di Pinelli.
Fattosi le ossa in queste innovative bizzarre, audaci, ma anche infami e poverissime produzioni, Rambaldi è pronto al salto di qualità, sfoderando tutta la potenzialità delle sue "meccatroniche" creature: si parte con "Profondo Rosso" (1975), di Dario Argento, dove è suo l'agghiacciante, spaventoso pupazzo meccanico che entra in scena sulle note dei Goblin; per passare al remake di "King Kong" (1976), di John Guillermin, dove il nostro Carlo realizza il gorillone ad altezza naturale di ben 13 metri; per continuare con "Incontri ravvicinati del terzo tipo" (1977), di Steven Spielberg, dove suoi sono gli alieni ispirati alle figure allungate dello scultore Giacometti; "Sfida a White Buffalo" (1977), di J. Lee Thompson, per cui costruisce un bisonte elettromeccanico lungo 5 metri, capace di galoppare alla velocità di 40 km all'ora; "Alien" (1979), di Ridlet Scott, in cui da vita alle deliranti visioni di H.R.Giger; “La mano” (1981), di Oliver Stone; "Possession" (1981), di Andrzej Żuławski, dove da forma al mostruoso figlio/amante di Isabelle Adjani; "E. T." (1982), di Steven Spielberg (vabbè, che palle, però l'alieno è fatto da paura!), "Dune" (1984), di Davdi Lynch (il film fa recere, ma i vermoni di Carlo ancora ce li abbiamo negli occhi...); il tamarrissimo “Conan il Distruttore” (1984), di Richard Fleischer; “Unico indizio la luna piena” (1985), di Daniel Attias; l’orrido “King Kong 2” (1986), di John Guillermin.
Alla fine degli anni '80 il nostro Rambaldi si ritira: troppa la concorrenza con le tecnologie digitali (ma vogliamo mettere davvero?!)
È praticamente diventato un flipper di lusso in un mondo di Playstation!
La figura del tecnico degli effetti speciali diverrà man mano sempre più anonima, come un impiegato in una fabbrica: ora non si legge più Ray Harryhausen, Carlo Rambaldi o Tom Savini, si legge Industrial Light and Magic!
Carlo muore a Lamezia Terme il 19 agosto del 2012: purtroppo anche i suoi amati progetti dei parchi a tema, a cui aveva lavorato gli ultimi anni, non andranno in porto e non sapremo mai cosa avrebbe ideato per spaventare e affascinare gli ignari visitatori.
A noi comunque rimarrà per sempre impresso quel maledettissimo pupazzo schifoso che sbuca fuori dalla porta, a guastare i nostri incubi da difficile digestione…
Onore a Carlo Rambaldi!
Nota a margine: Lucio Fulci, per il succitato "La lucertola...", fu accusato dagli animalisti di aver squartato dei veri cani per la scena del laboratorio di vivisezione (si sa, all'epoca i registi, se i soldi erano pochi, non andavano troppo per il sottile...). Al nostro Carlo toccò quindi andare dal magistrato coi fantocci che aveva realizzato per dimostrare che i cani erano falsi! Altri tempi, altri tempi…
“Sii un umile artigiano ma coltiva sogni ambiziosi: l’uomo che sa plasmare i suoi sogni ha nelle sue mani l’arte della Creazione“.
Carlo Rambaldi