Lo confessiamo, quando ci parlano di tastiere, il nostro entusiasmo si abbassa fino ai minimi termini e ci viene automatico assumere un’antipatica aria di sufficienza.
Categoria un po’ Cenerentola in questo Vostro Almanacco, i tastieristi infatti vengono purtroppo da noi associati alle versioni più tamarre del rock e perciò non li amiamo granché...
Chiaramente questo discorso vale per le “tamarrate” intese in senso pop-oriented, quelle contraddistinte dai tappetoni di tastiere che hanno ammorbato (e ammorbano tuttora) i pezzi più commerciali e “raffinati”; in realtà a noi i tamarroni in senso rock’n’roll piacciono assai e mai ne saremmo sazi.
Ammettiamolo, cari amici dei Mutzhi Mambo, questo è lo strumento che ha avuto la sua massima espansione durante i peggiori anni ’70 e ’80, connotando l’orrido sound del rock da classifica di quel periodo (dalla prog più barocca alla disco più fru-fru, dalla fusion più pallosa all’A.O.R. più melodico, dalla new wave più sintetica al metal più sinfonico) e rendendolo innaturale, lezioso e stucchevole.
Però ci sono le dovute eccezioni, specialmente se si considera il decennio precedente, in cui organi e pianoforti elettrici, nonché i primi sintetizzatori, servivano più che altro a pompare il groove del pezzo o, al massimo, a dargli un maggiore senso di straniamento acido e psichedelico.
In questi casi, e non sarebbe neanche il caso di sottolinearlo, sono suoni che ci solleticano le orecchie, ci sollazzano, ci gustano da morire!
Fra queste benemerite eccezioni che tanto adoriamo, naturalmente, dobbiamo collocare il Re della tastiera Sixties, lo stratosferico RAY MANZAREK dei Doors!
Anzi, l’ “ingegnere del suono” dei Doors, come amava definirsi…
Vero mago dei tasti, autore impagabile e arrangiatore sopraffino, Ray Manzarek è stato il vero architetto del sound delle “Porte”, l'uomo che è riuscito a costruire l'impalcatura perfetta per sostenere la potenza delle liriche e la calda voce di Jim Morrison, oltre ad intessere le trame di pezzi che rimarranno per sempre nella storia del rock blues.
Del suo gruppo, di quanto è stato importante, di quanto ci piace, abbiamo già parlato abbondantemente nel post dedicato a Morrison quindi inutile ripetersi.
Vogliamo solo esprimere qui il rammarico per la sua carriera post scioglimento della band.
Un talento del genere avrebbe potuto offrirci ben di più che una triste “amministrazione” del patrimonio dei Doors, con tanto di corollario di squallidi tentativi di reunion e ancor più meschine dispute legali.
Certo, qualcos’altro di buono l’ha fatto, soprattutto nelle vesti di produttore, ma rimane l’amaro in bocca a pensare al suo enorme talento musicale, letteralmente sprecato negli ultimi anni in un inutile, sterile atteggiamento nostalgico che ben poco di edificante ha regalato alla musica e al rock’n’roll.
Sicuramente meno di quanto avrebbe potuto...
Raymond Daniel Manzarek nasce il 12 febbraio 1939, da una famiglia di origini polacche.
Cresce nei sobborghi di Chicago, in Illinois e, a sette anni, ha la sua prima infatuazione per il pianoforte, strumento con il quale incomincia a esplorare il blues, il rock’n’roll e il boogie woogie.
Studia la musica, la classica in particolare, anche se si diletta con il jazz, e successivamente si appassiona alla musica pop e al rock.
Con i suoi due fratelli, Jim e Rick mette su la sua prima band, i Rick & the Ravens, ottenendo anche discreti successi e la possibilità di esibirsi nelle sale da ballo delle scuole di Chicago.
Ray è talmente preso dal suo strumento da non volersene mai separare mentre i suoi fratelli ben preso si stufano di suonare.
Ma è durante gli anni dell’università a Los Angeles che diventa ben più di una passione, e il nostro si rende conto che con la musica ci potrebbe pure campare.
Dopo essersi iscritto alla facoltà di Legge presso la UCLA, cambia indirizzo, si iscrive al corso di Cinema ed è in quest’occasione che incontra le due persone in grado di dare una svolta fondamentale alla propria vita: Dorothy Fujikawa, che diventerà la sua unica moglie e madre di suo figlio, e un giovane poeta, aspirante regista che passerà alla storia come “Il Re Lucertola”.
Si tratta, ovviamente, di James Douglas Morrison.
Il pianista lo incontra per caso a Venice Beach, in California, luogo dove i primi hippy del periodo si ritrovano per stonarsi.
Dopo aver ascoltato una poesia di Morrison, che diventerà una celebre canzone dei Doors, “Moonlight Drive”, resta a tal punto folgorato dall’abilità letteraria e dal carisma del ragazzo (che ha nove anni meno di lui), da decidere di fondare con lui una band.
Così arruolano alla chitarra Robbie Krieger e John Densmore alla batteria: nasce in questo modo una delle più grandi band della storia della musica.
Manzarek assieme a Morrison rappresenta la spina dorsale dei Doors: Jim è lo sciamano, colui che incarna lo spirito della band, il tastierista è il musicista principale, colui che ne caratterizza il sound.
Non avendo un bassista, Ray si fa carico anche di questo ruolo, suonando le linee di basso con i pedali della tastiera.
Questo espediente non risulterà un limite, anzi, darà un’impronta inconfondibile allo stile della band.
Suonando un Rhodes Piano Bass poggiato sul top piatto dell’organo, un Vox Continental e successivamente un Gibson G101, il nostro suona le note del basso con la mano sinistra e quelle dell’organo con la destra.
Ma se il buongiorno si vede dal mattino, le premesse non sono certo delle più rosee.
Nel luglio del 1965, Dick Bock, titolare dei World Pacific Studios di Hollywood, avendo un debito con Ray Manzarek, concede al tastierista tre ore in sala di incisione e la possibilità di registrare qualche brano su disco: nello specifico verranno fissate su nastro “Moonlight Drive”, “End of the Night”, “Summer’s Almost Gone”, “Hello, I love You”, “Go Insane” e “My Eyes Have Seen You”.
Senza dubbio una delle session più feconde e pazzesche della storia!
Oltretutto, in tale occasione Jim Morrison ascolterà la propria voce su nastro per la prima volta...
Comunque, finita la registrazione, Ray sale a bordo del suo maggiolone giallo e si reca presso le principali case discografiche per far ascoltare i demo.
Le reazioni, sono al limite del comico.
Tutti, ma proprio-proprio tutti i produttori interpellati sono unanimi nel considerare i pezzi solenni schifezze (e sai quanti si mangeranno le mani di lì a qualche mese…).
Alla Liberty li cacciano letteralmente fuori dall’ufficio…
Ma Manzarek e soci non sono certo tipi da mollare: mossi da una passione sfrenata e dalla caparbietà della gioventù sanno che la loro strada sarà in salita e sapranno rimboccarsi le maniche.
Iniziano a esibirsi nei piccoli club, pagati con delle lattine di birra in locali semivuoti di Los Angeles, e giorno dopo giorno acquisiscono bravura e sicurezza.
Il resto è storia…
Sarà Manzarek l’artefice di molte delle melodie delle più famose composizioni del gruppo: oltre alla celeberrima “Light My Fire”, si possono citare “Riders on the Storm”, “The Crystal Ship”, “When the Music’s Over”, “L.A. Woman”, e “Strange Days”.
Robetta, insomma...
Grazie alla sua vastissima cultura musicale, i Doors si permettono di varcare i confini del blues avventurandosi nei meandri della musica più contaminata e, per l’epoca, innovativa.
Il particolare modo di suonare la tastiera del nostro rende tutto nuovo, diverso, psichedelico, e, insieme alla voce carismatica, profonda ed erotica di Jim, alla perizia e fantasia di Krieger alla sei corde e alla potenza dei tamburi di Densmore, la loro musica sarà fin da subito unica, eccitante, emozionale e conturbante.
Un malsano quanto affascinante connubio di blues, rock’n’roll e vaudeville, di sesso, poesia, rabbia e allucinazione.
I Doors diverranno uno dei gruppi più iconici e influenti della loro epoca (anche se, a ben vedere, fra i meno imitati) e venderanno qualcosa come 35 milioni di dischi solo negli Stati Uniti e 100 milioni nel resto del mondo…
Dopo lo scioglimento della band nel 1972, a seguito della morte per overdose di Morrison avvenuta il 3 luglio dell’anno precedente e dopo due mediocri album di nessun successo, “Other Voices” (1971) e “Full Circle” (1972), in cui il nostro si cimenta pure alla voce, Ray intraprende un'attiva carriera solista.
Due anni dopo pubblica l’ottimo album , “The Golden Scarab”, con il batterista Tony Williams, il chitarrista Larry Carlton, il bassista Jerry Scheff e il produttore Bruce Botnick.
Più ricco di influenze jazz rispetto ai Doors, è comunque un disco curioso e ricco di idee che dà l’idea dei territori in cui avrebbe potuto dirigersi insieme ai suoi ex-soci se avessero continuato insieme.
Lo stesso anno bissa con “The Whole Thing Started With R'n'R”, sempre nello stesso solco del precedente, in cui suonano il chitarrista degli Eagles, James Gang, Joe Walsh, il percussionista Steve Forman, Marty Balin, Paul Davis e molti altri.
Sempre nel 1974 lo ritroviamo sul palco con Iggy Pop: si vocifera di una collaborazione fra i due ma purtroppo non se ne farà di nulla.
Tornato in auge grazie ai primi vagiti della new wave (di cui verrà considerato uno dei padri putativi), Ray dà vita ai Nite City che pubblicano un album eponimo nel 1976 e “Golden Days Diamond Nights” nel 1977, senza riuscire minimamente a capitalizzare il successo dei Doors.
Poco dopo, il movimento punk diviene popolare in California, e Manzarek produce una delle migliori band della scena, gli X con il fondamentale album “Los Angeles”, una delle pietre miliari del genere.
Rinvigorito, inizia a lavorare al riadattamento dei “Carmina Burana”, di Carl Orff, un album solista di alto profilo sull'opera e sui canti goliardici, a cui collabora anche Philip Glass, che verrà pubblicato nel 1983.
Sfortunatamente, lo sforzo è considerato fin troppo pretenzioso e lui, deluso ed amareggiato, si ritirerà quasi completamente dalle scene per una decina d’anni.
Nel periodo 1982-1987, diventa produttore della band inglese Echo & the Bunnymen.
Nel 2001 ha la malaugurata idea, insieme al suo ex compagno Robby Krieger, di formare il gruppo Manzarek-Krieger, altrimenti detto The Doors of the 21st Century.
La formazione vanta come cantante Ian Astbury, Angelo Barbera al basso e Stewart Copeland dei Police alla batteria, che in seguito viene rimpiazzato da Ty Dennis.
Il gruppo fa una serie di concerti, e nel 2003 pubblica il DVD “The Doors of the 21st Century: L.A. Woman Live”.
Nel 2005, visto che continuano imperterriti la blasfemia di farsi chiamare The Doors, in seguito ad una causa portata avanti e vinta da John Densmore (non coinvolto nella reunion/sóla), nei confronti dei due ex compagni, il gruppo non può più usare il vecchio nome.
Ray li ribattezza allora Riders On The Storm ma tuttavia, il 16 febbraio 2007, Ian Astbury molla il gruppo per ritornare con i Cult, e la semi-apocrifa reunion fortunatamente si scioglie.
Nel 2011, Manzarek e Krieger collaborano col giovane producer di musica elettronica dubstep Skrillex nel brano “Break'n A Sweat”.
Dopo una lunga battaglia contro il cancro al dotto biliare, il grande Ray muore il 20 maggio del 2013, all'ospedale di Rosenheim in Germania.
“The end, my only friend, the End” è arrivata alla fine anche per lui.
E un po’, in fondo, anche per noi…
Onore a Ray Manzarek!
“...The time to hesitate is through
No time to wallow in the mire
Try now, we can only lose
And our love become a funeral pyre
Come on, baby, light my fire
Come on, baby, light my fire
Try to set the night on fire, yeah…”
The Doors – Light my fire