Non vi azzardate più a chiamarlo “l’Elvis de noantri”!
LITTLE TONY è stato uno dei più grandi rocker italiani, autore ed interprete di alcune delle più belle canzoni del nostro repertorio.
Little Tony è stato uno dei primi a "scoprire" la rivoluzione del rock'n'roll, a innamorarsi di Elvis, e a predicare il suo verbo per tutta la sua vita.
Un innovatore della nostra canzone, un "urlatore" di classe, in grado di mettere elettricità e ritmo in una canzone italiana che non riusciva a non essere rigorosamente melodica; accanto a Adriano Celentano, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Ricky Gianco, Bobby Solo, ha contribuito in maniera fondamentale a modificare il gusto del pubblico nazionale e a far entrare, anche se a piccole dosi, il rock'n'roll nel nostro panorama.
Simpatico, allegro, disponibile, Little Tony lascia dietro di se il suo leggendario ciuffo e un pugno di canzoni entrate di diritto a far parte della cultura popolare nazionale, pezzi che sono entrati a far parte del lessico collettivo, "Cuore matto" su tutti.
E poi era un personaggione, degno epigono di Presley ma non un suo semplice clone o imitatore!
Anche lui amava frange e lustrini, anche lui amava circondarsi di parenti e amici (ad un festival di Sanremo si presentò con un seguito di 25 persone), anche lui campava una corte dei miracoli di scrocconi (casa sua era sempre invasa di gente, dalle groupies a clochard e freaks vari con tanto di banana e basette), anche lui aveva il terrore di invecchiare (obbligava il suo seguito, compresi autista e musicisti, a tingersi i capelli come lui, per sembrare tutti ggovani…).
Tra le sue passioni: l’alta velocità, le auto sportive, gli incredibili e costosissimi abiti di scena che si faceva confezionare negli Stati Uniti, la ricerca maniacale del look e del ciuffo sempre perfetto. Chiaro, inutile negare che l’ombra del Pelvis ha segnato tutta la sua carriera ma proprio questa devozione ne ha fatto il suo tratto saliente, straniante, patologico.
Quindi interessante…
Purtroppo ne è stata anche la condanna, artisticamente parlando, tanto che il Piccolo Tony non è stato mai in grado di liberarsene, cadendo, soprattutto a fine carriera, nel grottesco e nello sterile revival.
Eppure i numeri per affrancarsi dallo scomodo modello ce li aveva tutti, ma (paradosso) per orgoglio non ha mai avuto l’orgoglio e l’intelligenza di crearsi una personalità da interprete diverso dal suo cliché; tanto che finita la stagione pionieristica del rock’n’roll e del beat, è scivolato in una triste riproposizione di sé stesso.
Vederlo cantare con le basi in infime sagre paesane ha fatto male a tutti noi che amiamo il rock’n’roll e che consideriamo Tony un maestro della via italiana al nostro genere preferito.
Chissà che avrebbe combinato se avesse avuto il coraggio di mettersi di nuovo in gioco, di farlo sul serio, il rock’n’roll…ma si sa, del sennò di poi son pieni i fossi.
Antonio Ciacci (cosi all’anagrafe) nasce a Tivoli, il 9 febbraio del 1941, da una famiglia sanmarinese da sette generazioni.
Pur non andando praticamente mai nella sua patria di origine, non prenderà mai la cittadinanza italiana (i maligni insinuano per motivi di tasse, visto che San Marino è un noto paradiso fiscale…).
Inizia giovanissimo ad interessarsi di musica, grazie a una passione di famiglia che lo accomuna a suo padre Novino, cantante e fisarmonicista, pianista, chitarrista, batterista, violinista.
Coi suoi due fratelli, fra cui lo zio Settembrino, il papà suona spesso nei teatri: non sfonda, però se la cava.
Anche i fratelli di Antonio, Enrico (chitarra) e Alberto (basso), sono musicisti.
I suoi primi palcoscenici sono i ristoranti dei Castelli Romani a cui seguono i locali da ballo, le balere e teatri d'avanspettacolo.
Prima del 1954 è apprendista orafo, mentre alle prime festine vanno i dischi di Perez Prado, i mambi.
Dopotutto le canzoni che passano alla radio sono quelle di Luciano Tajoli, Claudio Villa, Nilla Pizzi e l’ “avanguardia” è rappresentata da Marino Marini e Renato Carosone.
Poi, all’improvviso, arrivano dischi con una musica incredibile: in crescendo, “Banana boat” di Harry Belafonte, “Only you” dei Platters e finalmente il rock’n’roll: “Tutti frutti”, cantata da Little Richard.
Le festine cambiano: su venti ragazzi ce ne sono almeno un paio che sanno ballare il boogie-woogie e tutti gli altri attorno a guardare e a battere le mani, “come nei documentari sugli aborigeni”.
A tredici anni il nostro è già in grado di imitare alla perfezione Little Richard e Bill Haley, usando testi creati in inglese maccheronico.
Nel 1956 il colpo di fortuna: papà Novino si sta esibendo in canzoni romantiche e napoletane in un ristorante di Grottaferrata.
Little Tony è lì anche lui quando una comitiva di turisti americani chiede a gran voce di ascoltare del rock’n’roll.
Tony si lancia e comincia a cantare con i fratelli.
Il successo è “trionfale” al punto che gli americani lasciano 50 mila lire di mancia (per l’epoca una fortuna!).
Incide presto qualche disco, a imitazione dei rocker americani e poi, notato da un impresario inglese, va a farsi una bella gavetta di un anno proprio in Inghilterra, in quel fitto e movimentato sottobosco musicale antecedente alla rivoluzione beatlesiana, e per lui è l’occasione della vita, un periodo straordinario, formativo, che gli permette di tornare in Italia più forte e temprato a ogni esperienza.
Infatti, nel 1958, durante uno spettacolo allo Smeraldo di Milano, viene notato da un impresario inglese, Jack Good, che lo convince a partire con i suoi fratelli per l'Inghilterra.
Parte per la terra di Albione a soli 16 anni, senza una lira e senza sapere una parola di inglese a misurarsi con gente come Cliff Richard.
Qui Antonio assume il nome d'arte di Little Tony, come omaggio a quello di Little Richard e nasce il gruppo "Little Tony and His Brothers".
Gli spettacoli hanno tale successo da indurre Little Tony a rimanere in Inghilterra per alcuni anni..
Prende regolarmente il treno a carbone e va a Manchester da dove va in onda il programma “Boys Meet Girls” che farà la storia del rock in tv.
L'anno dopo il programma si intitola “Wham!” (da qui George Michael prenderà il nome della sua prima band) e Tony è un ospite fisso.
Uno degli autori di Elvis scrive per lui “Too Good”, che arriva nella top 20 inglese nel 1959.
Tra il 1958 e il 1960 incide un notevole numero di dischi singoli come “Lucille”, “Johnny B. Goode”, “Shake rattle and roll”.
Alcune sue canzoni vengono scelte come colonne sonore di alcuni film come “Blue Monday”, “Il gangster cerca moglie”, “Che tipo rock” e “I Teddy boys della canzone”.
Quando si ripresenta nello Stivale va a cercare l’unico o quasi che poteva capire le sue voglie americane, ovvero Adriano Celentano, anche lui alle prese con una trasgressiva traduzione del rock’n’roll a uso e consumo del pubblico italiano.
Celentano gli fa ascoltare “24.000 baci”, è il 1961, vanno in coppia a cantarla al festival di Sanremo: un successone!
Arrivano secondi, solo perché il vecchio Luciano Tajoli, che rappresenta pienamente la vecchia tradizione, sbaraglia tutti con la strappalacrime “Al di là” (peraltro firmata da un Mogol alle prime armi), ma i personaggi veramente vincenti sono loro due e dal giorno dopo Little Tony è uno dei più popolari protagonisti della canzone italiana.
Sempre nel 1961 incide diverse canzoni per i fil “ 5 marines per 100 ragazze”, “Rocco e le sorelle”, “Nerone '71”, “La bella americana” e “Pugni pupe e marinai”.
Il primo successo discografico italiano è del 1962: “Il ragazzo col ciuffo” porta l'artista nei primi posti della classifica.
Partecipa poi al “Cantagiro 1962” con il brano “So che mi ami ancora”, che però non riscuote successo; va meglio l'anno dopo, in cui ottiene il secondo posto con “Se insieme ad un altro ti vedrò”, scritta da suo fratello Enrico, e incide con successo “T'amo e t'amerò” già presentata da Peppino Gagliardi; in questo periodo inizia anche la sua carriera di attore, in numerosi musicarelli, in cui viene in prevalenza doppiato da Massimo Turci.
L'anno dopo torna a Sanremo con la splendida “Quando vedrai la mia ragazza” ed ottiene un buon successo estivo con “Non aspetto nessuno”, portata al Cantagiro, e col retro “La fine di agosto”.
Nel 1965 è semifinalista a “Un disco per l'estate” con “Viene la notte”, canzone composta da Gianni Meccia.
Il vero trionfo arriva nel 1966 quando porta al Cantagiro “Riderà”.
La canzone non vince la manifestazione, ma venderà oltre un milione di copie.
L'anno dopo un altro boom: la sanremese “Cuore matto” (scritta da Totò Savio ed eseguita poi in spagnolo dal gruppo musicale spagnolo Los Catinos) arriva prima in classifica e rimane tra i primi posti per nove settimane consecutive.
Questo nuovo successo apre a Little Tony la strada per molti paesi, in Europa e in America del sud.
Del '68 è la sua quarta partecipazione al Festival di Sanremo con “Un uomo piange solo per amore”.
Nell'autunno dello stesso anno partecipa a Canzonissima dove lancia “Lacrime” e “La donna di picche”.
L'anno successivo inizia con un altro successo sanremese, “Bada bambina”.
Contestualmente Tony fonda una propria etichetta, la "Little Records", con cui esce il singolo “E diceva che amava me/Nostalgia” e nel 1970 c'è il grande successo al Festival di Sanremo con "La spada nel cuore" (composta da Carlo Donida) conquistando un ottimo 5º posto finale, in coppia con Patty Pravo.
Il momento magico sembra però passato ma gli anni '60 l'hanno ormai proiettato definitivamente nella storia della canzone italiana.
Nel 1973 interpreta “Come un anno fa” (versione italiana di “Vincent” di Don McLean, il cui testo è tradotto da Francesco De Gregori che si firma De Gregorio) che sarà la sigla dello sceneggiato "Lungo il fiume e sull'acqua".
Nel 1974 è di nuovo a Sanremo con “Cavalli bianchi” e a Saint Vincent, semifinalista di “Un disco per l'estate” con “Quando c'eri tu”.
Nel 1975 incide l'album “Tony canta Elvis”, in cui rende omaggio al suo maestro interpretandone vari classici.
La morte di Presley (1977) è per Tony un vero shock.
Nel 1978 tornando da un concerto tenutosi a Siena il cantante sbanda nei pressi di Barberino Val d'Elsa con la sua auto e, a seguito di ciò, riporta danni all'arcata dentale superiore.
Negli anni successivi parteciperà a trasmissioni di revival riproponendo un personaggio che il pubblico non ha mai smesso di amare ma che lo rende praticamente una macchietta.
Negli anni ottanta, insieme a Bobby Solo e Rosanna Fratello, forma il trashissimo supergruppo Ro.Bo.T. (dalle loro iniziali) che riscuote un certo successo.
Nel 1980 incide “The love boat (Profumo di mare)” sigla della fortunatissima serie televisiva.
Nel 1985 incide “Centomila volte ancora”, singolo scritto da Toni Malco, Piero Calabrese e Carla Vistarini mentre nel 1991 incide il 45 giri “Welcome to Montebelluna”: in seguito, il comune trevigiano gli concede la cittadinanza onoraria.
Nel giugno degli anni 2000 e 2001 conduce, su Canale 5, il varietà musicale “I ragazzi irresistibili”, insieme a Maurizio Vandelli, Rita Pavone e Adriano Pappalardo, nel quale interpretato un repertorio di canzoni che hanno segnato la storia della musica dagli anni sessanta.
Nel 2001 si esibisce al Concerto di Primavera tenutosi al Taj Mahal, casinò di Atlantic City, insieme a Mario Merola, Anna Calemme, Mino Reitano e nel 2003 partecipa di nuovo al Festival con “Non si cresce mai in coppia” con Bobby Solo, mentre l'anno successivo canta insieme a Gabry Ponte il brano “Figli di Pitagora”.
Il 23 aprile 2006, durante un concerto tenutosi al "Contessa Banquet Hall" di Ottawa organizzato per la comunità italo-canadese, viene colpito da un infarto, dal quale poi riesce a ristabilirsi.
Nel 2008 partecipa di nuovo al Festival di Sanremo col brano “Non finisce qui”.
Festeggia i suoi 70 anni nel 2011 e per l'occasione pubblica l'album “È impossibile”.
Fra le sue apparizioni cinematografiche ricordiamo almeno il noir “L’Odore della notte” (1998) di Claudio Calegari, in cui il regista mette in scena la reale rapina di cui Tony è stato vittima alla fine degli anni ’70, ad opera della famigerata “Banda dell’Arancia Meccanica” (memorabile Giallini che gli intima di cantare “Cuore matto” mentre gli tiene una pistola puntata : “Dai Little, me devi fa sentì er basso. Tu-tu-tu-tu-tu-tu”), e il surreale “Sud Side Story” (2000), di Roberta Torre, in cui il nostro duetta con Mario Merola nella scena più visionaria del film.
Il piccolo grande Tony muore a Roma la sera del 27 maggio 2013 presso la clinica di Villa Margherita (Roma) dove si trovava ricoverato da tre mesi a causa di un tumore ai polmoni.
Aveva fatto la sua ultima apparizione televisiva il 9 marzo nel programma” migliori anni” di Carlo Conti, cantando “Riderà” e “Cuore matto”.
I Maestri sono sempre tali, anche se fanno cazzate.
Onore a Little Tony, Maestro dei Maestri!
Nota a margine: Approfittiamo di questo Almanacco anche per omaggiare suo fratello Enrico (21 novembre 1942 – 14 marzo 2018), uno dei più grandi chitarristi rock’n’roll italiani, infaticabile collaboratore di Tony nonché coautore di alcuni dei suoi pezzi migliori. È sua la chitarra distorta della colonna sonora di “Per un pugno di dollari”, di Ennio Morricone.
“…Ma se vedrai
Che lei non pensa a me
Se riderà
Di quel che le dirai
Se tu vedrai
Che c'è qualcuno che
Ora ha preso il mio posto dentro il cuore di lei.
Ora ti prego
Quando ritornerai
Non dire niente
Io capirò lo sai
Non dire niente
Non dirmi niente mai
In un bar ci saranno due bicchieri per noi.
Eh eh eh eh eh eh eh
Eh eh eh eh eh eh eh…”
Little Tony – Quando vedrai la mia ragazza