Nella mitologia antica, la Sfinge è un mostro con corpo di leone, volto di donna e ali di uccello.
Ieratica, enigmatica, sguardo ammaliante e indagatore, era una creatura posta a guardia di luoghi particolarmente sacri e misteriosi.
Era famosa per gli enigmi che proponeva: se non azzeccavi la risposta, ecco che finivi divorato in quattro e quattr'otto!
Non a caso, cari amici dei Mutzhi Mambo, la splendida ROSALBA NERI è stata definita "The Italian Shpinx", "La Sfinge Italiana": il volto bellissimo da vera femmina ce l'ha, il corpo da felina pure, lo sguardo misterioso e ammaliante anche...E per quanto riguarda gli uccelli, a occhio ne ha fatti "volare" parecchi, almeno con la fantasia!
Per gli enigmi non sappiamo ma di sicuro dava davvero l'impressione di volerti "divorare", a cominciare dalle parti basse...
Rosalba Neri è stata una delle più importanti icone del nostro cinema di genere, una delle prime ad offrire generosamente e senza troppi tabù le sue grazie davanti alla telecamera.
Non è la madre dì Francesca Neri, come a volte si vede scritto a giro; a volte accreditata con il nome di Sara Bay, spiritosa, elegante, ironica, dalle forme esplosive, i lineamenti felini e aggressivi, Rosalba è stata protagonista rare volte ma, pur in una carriera relativamente breve, spalmata in una quindicina d'anni, è comparsa in ben 50 pellicole, coprendo una sorprendente gamma di generi (thriller, horror, sexy, western, peplum) spesso sotto le spoglie minacciose ora di strega, ora di vampira, ora di suora, ora di spia dai mille volti.
Ne parliamo al passato non perché sia passata a miglior vita ma semplicemente perché ormai la nostra si è ritirata dalle scene da più di quarant'anni, dopo aver fatto sospirare tanti cuori (e abbassato diverse diottrie…).
Come spesso succede a delle bellone del genere, si trovano il riccone di turno, lo sposano e addio carriera…
Fanno bene? Fanno male?
Boh, chissenefrega!
Di sicuro fanno male al cinema...
Rosalba Neri nasce a Forlì, il 19 giugno del 1939.
È di una famiglia modesta, il padre meccanico, la madre casalinga, ma i genitori, intuendo le sue potenzialità, la iscrivono comunque al liceo classico e la spingono a perseverare con la ginnastica artistica, cosa che le servirà a scolpire armoniosamente il corpo.
Quando compie diciotto anni il ceramista Pier Claudio Pantieri modella una sua statua in terracotta, brunita come se fosse bronzo, in cui la ritrae nuda a figura intera: le braccia alzate dietro al collo e i capelli raccolti in cima alla testa.
Questa opera viene esposta in una mostra a Forlì, che l’acerba diva inaugura davanti alle telecamere della TV improvvisando un malizioso vis-a-vis con la scultura.
Vengono scattate migliaia di fotografie, il pubblico impazzisce letteralmente per questa giovane modella.
Il concorso di Miss Italia la incorona al Grand Hotel come reginetta del Cinema; viene mandata a lezione dall'attrice riminese Teresa Franchini, che la forma a suon di testi dannunziani.
Subito dopo Rosalba supera l’esame di ammissione per il Centro Sperimentale di Cinematografia e si trasferisce a studiare a Roma prendendo una camera in affitto nei pressi della Stazione Termini.
Il suo insegnante di recitazione è nientedimeno che Andrea Camilleri, che oltre a dargli lezione, la fa diventare tabagista.
E inizia così l’avventura nel mondo della celluloide che la vede persino comparsa di Federico Fellini ne "La Dolce Vita".
Interpreta qualche ruolo in teatro, con Peter Brooks e Orazio Costa.
Ma la sua bellezza è così notevole che quasi subito arrivano proposte a valanga.
Debutta con "Mogli pericolose" (1958), di Luigi Comencini, con Nino Taranto, Franco Fabrizi, Mario Carotenuto e Sylva Koscina; per poi passare a Roberto Rossellini con "Era notte a Roma" (1960), insieme a Giovanna Rally e Paolo Stoppa; al peplum con Debra Piaget "Il sepolcro dei re" (1960), di Fernando Cerchio; al biblico "Ester e il re" (1960), di Raoul Walsh(e Mario Bava), con Joan Collins; alla commedia "Il corazziere" (1960), di Camillo Mastrocinque, con Renato Rascel e Claudia Mori; al drammatico "Il relitto" (1961), di Michael Cacoyannis.
Tantissime parti e particine, una cascata di richieste a cui lei dice sempre di si, quasi senza rendersi conto, saltando da un set all’altro per godersi la fama.
La maggior parte sono filmetti senza pretese, ma della sua bulimica filmografia, si devono ricordare almeno "Totò, Peppino e La dolce vita" (1961), di Sergio Corbucci; la commedia "La ragazza di mille mesi" (1961), di Steno, con Ugo Tognazzi e Raimondo Vianello; l'episodio "L'infedeltà coniugale", di "Le italiane e l'amore" (1961), diretto da Marco Ferreri; il drammatico "Il peccato" (1962), di Jorge Grau, con Gian Maria Volontè; "I due della legione" (1962), di Lucio Fulci, con Franco e Ciccio; il musicarello "Uno strano tipo" (1963), di Lucio Fulci, con Celentano e Don Backy; i trashissimi peplum "Sansone contro il corsaro nero" (1963), di Luigi Capuano, "La valle dell'eco tonante" (1964), di Tanio Boccia, "Gli invincibili tre" (1964), di Gianfranco Parolini, "Kindar l'invulnerabile" (1965), di Osvaldo Civirani, "Ercole contro Moloch" (1963), "Coriolano eroe senza patria" (1964), e "Il leone di Tebe" (1964), questi ultimi tutti girati da Giorgio Ferroni; la commedia "Cadavere per signora" (1964), di Mario Mattoli, con Sylva Koscina; e sempre con Franco e Ciccio "Io uccido, tu uccidi" (1965), di Gianni Puccini e "Due mafiosi contro Goldginger" (1965), di Giorgio Simonelli.
È poi il momento dei favolosi action spionistici di imitazione bondiana: "Password: Uccidete agente Gordon" (1966), di Sergio Grieco, "Upperseven, l'uomo da uccidere" (1966), di Alberto De Martino, "Superseven chiama Cairo" (1965), di Umberto Lenzi, "Agente speciale L.K. (Operazione Re Mida)" (1967), di Jesús Franco, "L'uomo del colpo perfetto" (1967), di Aldo Florio.
Dopo queste "perle" non potevano non esserci dei robusti spaghetti-western: "Dinamite Jim" (1966), di Alfonso Balcázar, "Johnny Yuma" (1966), di Romolo Guerrieri, "Arizona Colt" (1966), di Michele Lupo, "Wanted Johnny Texas" (1967), di Emimmo Salvi, "I giorni della violenza" (1967), di Alfonso Brescia, "I lunghi giorni dell'odio" (1967), di Gianfranco Baldanello, "Vivo per la tua morte" (1968), di Camillo Bazzoni, "Sartana non perdona" (1968), di Alfonso Balcázar, "La taglia è tua... l'uomo l'ammazzo io!" (1969), di Edoardo Mulargia, "Arizona si scatenò... e li fece fuori tutti" (1970), di Sergio Martino, "Monta in sella, figlio di...!" (1971), di Tonino Ricci, "Attento gringo... è tornato Sabata!" (1972), di Alfonso Balcázar e Pedro Luis Ramírez, "Lo chiamavano Tresette... giocava sempre col morto" (1973), di Giuliano Carnimeo, "Dieci bianchi uccisi da un piccolo indiano" (1974), di Gianfranco Baldanello.
L'incontro con il grande Jesús Franco, unito alla naturalezza con cui la nostra si toglie i veli, non poteva non sfociare nell'erotismo torbido.
Ecco allora Rosalba splendere in alcune delle interpretazioni in cui si "mostra" più "generosamente" e che l'hanno giustamente resa celebre: "99 donne" (1968), di Jesús Franco, "Top Sensation" (1969), di Ottavio Alessi (con la leggendaria scena saffica in compagnia di Edwige Fenech, roba da togliere il respiro), "Justine, ovvero le disavventure della virtù" (1969), di Jesús Franco, con un'inedita Romina Power in un ruolo porcello, "Le piacevoli notti di Justine" (1970), di Franz Antel, "Due maschi per Alexa" (1971), di Juan Logar,, "Alla ricerca del piacere" (1971), di Silvio Amadio (qui le scene saffiche sono con Barbara Bouchet…), "Casa d'appuntamento" (1972), di Ferdinando Merighi, "Confessioni segrete di un convento di clausura" (1973), di Luigi Batzella, "Crescete e moltiplicatevi" (1973), di Giulio Petroni, "Cugini carnali" (1974), di Sergio Martino, "Libera, amore mio!" (1975), di Mauro Bolognini.
Torna pure al peplum, questa volta virato al femminile, con lo stracult "La rivolta delle gladiatrici" (1974), di Steve Carver e Joe D'Amato, prodotto da Roger Corman.
Chiaramente non mancano all'appello nemmeno horror e thriller: guardate che roba!
"Il castello di Fu Manchu" (1969), di Jesús Franco, con Christopher Lee, "Lady Frankenstein" (1971), di Mel Welles, con Joseph Cotten, "L'amante del demonio" (1971), di Paolo Lombardo, con Edmund Purdom, "La Bestia uccide a sangue freddo" (1971), di Fernando Di Leo, con Klaus Kinski, "Il sorriso della iena" (1972), di Silvio Amadio, con Jenny Tamburi, "Il plenilunio delle vergini" (1973), di Luigi Batzella, con Mark Damon, "La casa della paura" (1973), di William L. Rose, con Raf Vallone e Karin Schubert.
Giusto per concludere questa estenuante carrellata, aggiungiamo pure un paio di decamerotici ("Decameron '300", di Renato Savino, del 1972, e "I racconti di Viterbury - Le più allegre storie del '300", di Mario Caiano, del 1973), e un noir di Duccio Tessari (Tony Arzenta, del 1973).
Che dite? Rientra o no, la Neri, nell'Olimpo del Pulp?
Purtroppo per noi (e per fortuna per lei), dopo aver girato la commedia "Il pomicione" (1976), di Roberto Bianchi Montero, la nostra trova il solito riccone che la seduce a suon di crocere sullo yacht e molla tutto per sposarlo.
Di qui in poi, non sappiamo altro a parte che è titolare della multisala "CinemaCity"di Ravenna, che la tivù pubblica tedesca le ha dedicato un documentario dal titolo Italian Shpinx nel 2012, e che vive a Roma in un castello dell’Olgiata.
Sicuramente una degna dimora per una Sfinge che si rispetti!
Tanti auguri Rosalba!
"Beh no, sa bene a cosa mi riferisco... La scena saffica con Edwige...
Anche i sessantottini, per qualche settimana, deposero le bandiere del Che...
Per non parlare della generazione successiva, quella che oggi ha 40 e 50 anni...
Nelle prime tivù private quel film — e non solo quello — si diffondeva come un morbo clandestino, anzi no, ma quale morbo, un vaccino, un vaccino alla gioia…
Parla di Top Sensation ovviamente... Bah... non so se fu così indimenticabile come dice lei..."
Rosalba Neri