Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

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UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

SQUALLIDE PERIFERIE UMANE

L'autore di uno dei libri più scandalosi (e belli) del Novecento nasceva oggi.
L'autore in questione è HUBERT SELBY Jr., cari amici dei Mutzhi Mambo, e il libro è "Ultima fermata Brooklyn". 
Chi non l'avesse ancora letto, faccia ammenda e ripari subito, gli altri sanno già che si tratta di uno dei romanzi più "pesi" e crudi che siano mai stati scritti, l'impietoso ritratto della periferia di New York fatta di papponi, delinquenti, puttane sfatte, travestiti, ubriaconi, tossici, parassiti: una deriva umana descritta con un realismo impressionante ed un linguaggio aspro, gergale, innovativo, dovuto anche al fatto che il nostro Hubert non aveva mai fatto studi letterari e scriveva in modo istintivo, come gli veniva, con una ferocia unica. 
Chi ama autori come Bukowski, film come "Amore Tossico" o "Trainspotting", non può tralasciare di leggere il loro precursore Hubert Selby Jr.! 
Selby aggrediva letteralmente la pagina con la sua scrittura veloce e scabra, nella quale si riconosce una copia carbone della lingua parlata, che non ha nulla dell’ "esperimento" narrativo o del divertissement letterario con il quale tanti illustri intellettuali hanno provato a imitare il gergo dei bassifondi, pensando di fare gli "umili" ma in realtà perseverando con un umanitarismo pietistico e romantico di bassa lega.
Hubert si proponeva invece il tentativo, forse il più estremo tentato fino allora, di riprodurre la voce più vera e dolente della suburra metropolitana e dei suoi abitanti. 
A questo si devono aggiungere storie forti, fortissime, di fronte alle quali lo scrittore non cercava mai di edulcorare o, in qualche modo, frenare la rappresentazione della realtà più cruda e sconvolgente, limitandosi a dipanarne gli intrecci come una sorta di implacabile maestro di nodi. 
Intrecci sordidi, malati che, a forza di errori e comportamenti bestiali, non possono avere altro esito che la tragedia…
Ecco, se c'è uno scrittore che ha saputo rendere in tempi moderni l'idea della "tragedia" classicamente intesa, cioè una serie di vicende il cui contesto e il cui dipanarsi avranno ineluttabilmente e solennemente un esito infausto e inevitabile, è stato proprio il nostro.
Non si sfugge al "fato", non c'è scampo per la sfiga, specie per quelli brutti, sporchi e cattivi, quelli che nascono nel lato sbagliato della strada...

Hubert Selby Jr. nasce a Brooklyn, il 23 luglio del 1928. 
Figlio di un minatore e poi marinaio che veniva dal Kentucky, Hubert studia in varie scuole pubbliche, compreso la Stuyvesant High School, ma le abbandona tutte. 
Da ragazzetto lo chiamano "Cubby" (ovvero: "cantuccio”, “ripostiglio") e il soprannome gli rimane appiccicato per tutta la vita.
Nel 1943 il padre torna a lavorare nella marina mercantile degli Stati Uniti d'America e anche Hubert vuole entrarvi, riuscendo a convincere i selezionatori benché avesse solo 15 anni. 
Nel 1947, mentre è in navigazione, gli viene diagnosticata una tubercolosi. 
Viene sbarcato a Brema e rientra negli Stati Uniti, dove passa più di tre anni entrando e uscendo dall'ospedale della marina. 
In cura con la streptomicina, un medicinale che ha effetti violenti sull'organismo, viene operato più volte ai polmoni, finché non gliene asportato uno (insieme a 11 costole!). 
I suoi gravi problemi di salute, legati anche all'uso di eroina come analgesico, non lo abbandoneranno più. 
Senza qualifiche, senza esperienza lavorativa, a parte quella della marina mercantile, e con la salute rovinata, Selby non è in grado di trovare un lavoro stabile. 
Per dieci anni rimane spesso a letto, con i medici del malaugurio che gli pronosticano la fine imminente. 
L'amico di infanzia Gilbert Sorrentino che spesso gli fa visita, gli suggerisce di leggere e scrivere e Selby ci prova davvero. 
Senza preparazione formale, Selby impara ad usare la propria lingua a orecchio, per raccontare il mondo cupo e violento della sua giovinezza e, per quel che riguarda lo stile, non si occupa di grammatica, punteggiatura, o dizione. 
Anche se il suo lavoro risulta coerente, usa la "prosa spontanea", quella teorizzata da Jack Kerouac, andando a capo quando ne sente il bisogno, seguendo in modo rapido il flusso di coscienza, e per facilitare ciò, sostituisce l'apostrofo con la sbarra " / ", perché gli risulta più facile e veloce sulla tastiera della macchina da scrivere. 
Anche i dialoghi non sono mai segnalati con le virgolette o altro, neanche quando cambia l'interlocutore che semplicemente appare nella riga successiva. 
Per il lettore medio non è proprio automatico entrare in questo "mondo", ma una volta capito il meccanismo narrativo, la prosa corre svelta come una conversazione in un bar.
Selby inizia a lavorare al suo primo racconto, “The Queen Is Dead”, nel 1958. 
A quel tempo sbanca il lunario facendo piccoli lavori, come benzinaio, segretario o copywriter di cartellonistica. 
Ma continua a scrivere di notte, impiegando sei anni a finire il racconto. 
Nel 1961, una delle sue short stories, l'agghiacciante “Tralala”, viene pubblicata sulla rivista letteraria, “The Provincetown Review”. 
Tramite uno stile abbozzato e non strutturato e descrizioni grossolane, Selby vi racconta la vita squallida e violenta di una prostituta che finisce stuprata in gruppo. 
I critici reagiscono scandalizzati e la pubblicazione subisce un processo per oscenità e vendita di materiale pornografico a minori. 
Il caso fortunatamente viene respinto in appello. 
Un suo amico di lunga data, Amiri Baraka, lo incoraggia a continuare, mettendolo in contatto con l'agente di Kerouac. 
Poi partecipa anche alla rivista "Neon" (1956-1961), fondata da Sorrentino. 
E nel 1964 i due racconti “Tralala” e “The Queen is Dead” con altre quattro storie vengono in qualche modo collegati dalla Grove Press (casa editrice che aveva già pubblicato opere di William S. Burroughs, Samuel Beckett e altri autori sperimentali), per pubblicare il romanzo “Ultima uscita a Brooklin”.
Il libro, alla sua uscita, viene immediatamente elogiato da molti, tra cui Allen Ginsberg ma a causa della rappresentazione cruda e dettagliata di omosessualità e tossicodipendenza, il romanzo viene perseguito per oscenità in Gran Bretagna nel 1967. 
Tra gli scrittori che testimoniano a sua difesa ci sarà anche Anthony Burgess, l'autore di "Arancia Meccanica". 
Selby viene nuovamente condannato ma la sentenza verrà poi annullata in appello. 
Anche in Italia, la pubblicazione viene bloccata.
Nel 1967, Selby si sposta da Brooklyn a Los Angeles nel tentativo di sfuggire alla dipendenza da eroina. 
È qui che incontra in un bar a West Hollywood la futura moglie, Suzanne. 
La coppia si trasferisce a vivere insieme due giorni dopo essersi incontrati e si sposa nel 1969. 
Selby trascorrerà la maggior parte del tempo a casa, crescendo una figlia, mentre la moglie lavora in un grande magazzino. 
Per dieci anni viaggiano avanti e indietro tra la loro casa nel sud della California e la East Coast, stabilendosi definitivamente a Los Angeles nel 1983. 
Anche se scrive sempre da sobrio, Selby continua a combattere tutta la vita la sua dipendenza dalla droga. 
Nel 1967, dopo esser finito in carcere per due mesi per possesso illegale di eroina, riesce a smettere definitivamente, tanto che in futuro rifiuterà persino la morfina sul letto di morte, benché preso da forti dolori. 
Nel 1971, pubblica il suo secondo romanzo, “The Room”: è la storia di un uomo, pazzo criminale, rinchiuso in una stanza di prigione mentre ricorda del suo passato inquietante. 
I critici ne parlano bene, ma per lo stesso Hubert il libro è troppo sconvolgente, tanto che non riesce più a rileggerlo per decenni. 
Cinque anni dopo esce il suo terzo libro, “The Demon” (inedito in Italia), il crudo resoconto della smania di peccato e lussuria di un uomo. 
Nel 1978 esce quello che è considerato il suo capolavoro, “Requiem per un sogno”, la storia della discesa all’inferno di quattro tossici, metafora del fallimento dell’ “American Dream”. 
Continua poi a scrivere racconti brevi e sceneggiature nel suo appartamento a West Hollywood. 
Il suo lavoro appare in molte riviste e, per un periodo, insegna scrittura creativa come professore associato all'University of Southern California.
Dopo 20 anni torna a pubblicare un libro, “Il Salice”, la storia della disperata amicizia tra un giovane nero pieno di rancore, la cui ragazza si è suicidata dopo essere stata sfregiata da una gang, e un vecchio ebreo reduce dai campi di sterminio. 
Nonostante le premesse, il libro è un filo più “solare” dei precedenti... 
L’ultimo suo romanzo, “Waiting period”, è la storia di un aspirante suicida che, fallendo nel suo tentativo, trova un nuovo scopo esistenziale nell’uccidere coloro che, a suo avviso, meritano di morire.
Scrive anche sceneggiature per il cinema, tra cui quella, allucinata, del soporifero ma interessante "Fear X", il contestatissimo noir diretto da Nicolas Refn nel 2003. 
Durante gli ultimi anni della sua vita, Selby soffre di depressione e attacchi di rabbia, ma riesce comunque a rimanere un padre e un nonno premuroso.
Muore a 75 anni, a Los Angeles, il 26 aprile del 2004, per una broncopneumopatia cronica ostruttiva, lasciando la moglie, quattro figli e 11 nipoti. 
Per fortuna sua (e nostra) è almeno riuscito ad andare in culo a chi, nel 1947, lo voleva morto dopo un anno. 
Tiè! Tiè, gufacci! 
Onore a Hubert Selby Jr.!

Nota a margine: Da “Ultima fermata a Brooklyn”, è stato tratto un film diretto da Uli Edel, nel 1989, con la colonna sonora di Mark Knopfler e Guy Fletcher; nel cast una meravigliosa Jennifer Jason Leight. Dal romanzo “Requiem for a Dream” (1978), verrà adattata l’omonima pellicola di Darren Aronofsky nel 2000. Per entrambi i film lo scrittore firmerà la sceneggiatura e apparirà in un cameo.

"Siccome là fuori 2 stanno a giocare a sottomuro a quarti di dollaro loro si piazzano al lampione e al paracarro: la notte è però tenera e sgombra e allora s’allontanano, tutto il mazzetto, strisciando il piede destro (la strusciata calda), sigaretta pendente dal labbro, colletto della camicia alzato dietro e ripiegato davanti, occhi due fessure, sputando, tendendo l’orecchio all’auto che passano, facendo a identificarle. Marca modello cilindrata. Valvole in testa. 8 cilindri a V. 6 8 100 cilindri. Tutta HP. Tutta cromo. Lampeggiatori rossi lampeggiatori ambra. Hai visto il muso della nuova Pontiac?"
Hubert Selby Jr. - Ultima fermata Brooklyn

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