UN ARTIGIANO DA PAURA
Cari amici dei Mutzhi Mambo, siamo lietissimi di festeggiare, nell'anniversario della sua nascita, un genio tricolore, MARIO BAVA, il maestro del cinema Pulp italiano!
Gli americani vanno pazzi per lui, i francesi ce lo invidiano ma, come sempre, in Italia ci sono voluti decenni prima che la sua opera venisse apprezzata!
Meraviglioso esempio di grande artigianato (e quando diciamo grande, intendiamo immenso) prestato al cinema, nonostante i budget ridicoli che aveva a disposizione, gli strettissimi tempi di riprese e gli attori/ciofeca con cui spesso doveva lavorare, è riuscito a girare film divenuti degli autentici cult movie, pellicole che hanno letteralmente fondato generi cinematografici fino ad allora inediti, come il giallo all’italiana, lo spaghetti-western comico, lo slasher e pure il Pulp nel senso trucido che oggi diamo al termine.
Molto amato dal pubblico, pochissimo dalla critica di allora, oggi il suo cinema (rivalutato) rimane un'esperienza unica e, se si è maldisposti di stomaco, è sempre meglio rinunciare in anticipo a qualsiasi visione di una sua pellicola.
Creatore di scene sadiche e splatter agghiaccianti, ha raccontato il lato oscuro del cinema italiano, fino ad allora costituito solo da risate e lacrime, scombinando le carte e portando la cinepresa, e con essa anche lo spettatore, verso regioni sconosciute.
Ha cambiato le carte in tavola e allo stesso tempo ha improvvisato delle regole che sono diventare d'oro per ogni sceneggiatura horror o thriller che si rispetti.
Nessuno ha amato il mistero e la paura più di Bava: non importa che il racconto sia lineare o meno, e nemmeno se la messa in scena abbia qualche pecca (a volte pure ridicola).
Importa invece che lo spettatore sia immerso in quella continua e costante sensazione di angoscia che rendono il suo cinema una dimensione elettrizzante, terribile e meravigliosa.
Ha aperto la strada ad artisti come Lucio Fulci, Antonio Margheriti, Joe D’Amato e Dario Argento che senza il suo esempio sarebbero rimasti a girare i filmini dei matrimoni…
Solo per questo gli andrebbero intitolate delle piazze in ogni comune!
Mario Bava nasce il 31 luglio del 1914 a Sanremo.
Figlio di un artigiano pioniere del cinema, esordisce come creatore di effetti speciali per l'Istituto Luce: i fascisti utilizzano più volte i suoi servigi per imbastire i filmati di propaganda, perché il nostro Mario, con poco, riesce a metterti su un'intera invasione coi controfiocchi!
Dopo un periodo di apprendistato come aiuto regista di Rossellini, Bava inizia una proficua collaborazione con Riccardo Freda, il papà del cinema horror italiano, in qualità di direttore della fotografia e di curatore degli effetti speciali (nonché di regista non accreditato di intere sequenze dei film a cui collabora...).
Da questo connubio nascono la splendida fotografia de "I vampiri" (1956), il primo film italiano del terrore, e soprattutto la mitica creatura di "Caltiki, il mostro immortale" (1959), una specie di remake "de noantri" di "Blob, Fluido mortale"; soltanto che in questo caso il grande Mario non utilizza gelatina, bensì fetida trippa del macellaio!
Finalmente, nel 1960, dirige il suo primo lungometraggio, ed è subito capolavoro: "La Maschera del Demonio", con la splendida e inquietante Barbara Steele, il primo vero gothic-horror prodotto dalle nostre parti.
L'anno successivo gira il delirante, visionario peplum "Ercole al centro della Terra", in cui riesce a coniugare atmosfere orrorifiche con le tipiche tematiche del cinema "sandaloni"; è tuttora considerato il miglior film del filone (oddio, non che ci voglia molto...).
Dirige i generi più disparati, dagli spaghetti western (il "serio" “La strada per Fort Alamo”, del 1964, usando lo pseudonimo John Old, e il parodistico “Roy Colt & Winchester Jack”, del 1970, che apre la strada alle varie pellicole demenziali che fungeranno da lapide per il genere), fino ai film di Franco e Ciccio (il mitico “Le spie vengono dal semifreddo”, del 1966).
Ma i suoi capolavori, quelli in cui si può saggiare la sua maestria, sono gli horror e i thriller.
Qualche titolo: "La ragazza che sapeva troppo" (1963), il primo thriller italiano, "La frusta e il corpo" (1963), censuratissimo per il rapporto sadomasochistico tra una donna e il suo carceriere, "I tre volti della paura" (1963), film ad episodi con Boris Karloff (particolare interessante, nel finale Bava mostra allo spettatore, con uno zoom all'indietro, il set del film, svelandone così la finzione. Metacinema puro!), "Sei donne per l'assassino"(1964), che codifica definitivamente il thriller italiano mostrando vari omicidi uno diverso dall'altro (inoltre porta in scena per la prima volta un assassino dal volto coperto che indossa un impermeabile e un paio di guanti), ”Terrore nello spazio" (1965), un piccolo gioiello di fantascienza artigianale, realizzato con mezzi ridicoli, che ispirerà addirittura l' "Alien" di Ridley Scott, "Operazione paura" (1966), film gotico pieno di invenzioni visive, “Diabolik" (1967), capolavoro di estetica Camp tratto dall'omonimo fumetto nero delle sorelle Giussani, "Il segno rosso della follia" (1969), thriller girato in Spagna e carico di humor nerissimo, lo stracult “5 bambole per la luna d'agosto” (1969), giallo morboso con Edwige Fenech, lo spaventoso "Gli orrori del castello di Norimberga" (1972), l’erotico “Quante volte, quella notte…” (1972), l’horror demoniaco “Lisa e il diavolo” (1972), purtroppo straziato dal produttore che addirittura lo fa rimontare e fa girare altre scene interpolate ad un altro regista, stravolgendo il senso della trama...
Ma i suoi due film più cult sono "Reazione a catena", (1971), una successione di efferati delitti che anticiperà il filone slasher di "Halloween" e "Venerdì 13", e soprattutto "Cani arrabbiati" (1975), un film veramente agghiacciante che narra le imprese di quattro spietati rapinatori che prendono in ostaggio una donna.
Sadico, claustrofobico, violentissimo, strapulp, per anni non è stato possibile vederlo per il fallimento della casa di distribuzione.
In inglese si chiama "Rabid dogs": indovinate un po' chi ha ispirato per il suo film d'esordio?
Chi indovina non vince una sega perché la risposta è troooppo semplice!
Come a chiudere un cerchio ideale il suo ultimo lavoro sono gli effetti speciali della scena finale (sinceramente bruttini...) per il film "Inferno" (1980) di Dario Argento, il suo piu grande, vero discepolo.
Il grande regista ligure muore a Roma il 25 aprile del 1980, lasciando un figlio, Lamberto, che ha tentato di seguirne le orme.
Senza offesa ma l'è düra, Lamberto, l'è düra...
Nota a margine: un bassista inglese, voleva un nome evocativo per la sua band. Va al cinema e vede "I tre volti della paura": ne rimane folgorato! Il bassista in questione era Geezer Butler e il titolo del film, per il mercato anglosassone, era.... "Black Sabbath"!
"Sono sicuro di aver fatto solo grandi stronzate. Sono un artigiano. Un artigiano romantico, di quelli scomparsi. Ho fatto il cinema come si fanno le seggiole."
Mario Bava