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IL CATTIVO GIGANTE

Presto, correte a farvi belli, andate dal barbiere, vestitevi eleganti, perché oggi un giorno speciale!
Bisogna assolutamente festeggiare nel migliore dei modi possibili perché oggi è il compleanno di una vera leggenda vivente del Pulp!
Signore e Signori, abbiamo qui per Voi, e solo per oggi, niente popò di meno che l’unico, l’autentico, il mitico, l’imponente GEORGE EASTMAN! 
Oggi facciamo felici le nostre amiche dei Mutzhi Mambo con una grande icona del cinema “bis” italiano: la gigantesca stazza di George Eastman ha infatti marchiato a fuoco le pellicole più galeotte del nostro cinema di genere, quelle più trucide del periodo d’oro a cavallo fra i ’70 e gli ‘80.
Alto come una pertica, aspetto minaccioso, George Eastman aveva un fisico da toro ma non la faccia da bue (come, ahinoi!, spesso succede ai tipi nerboruti); anzi la sua particolarità era proprio la sua bella faccia da schiaffi, cosa che lo rendeva perfetto per i ruoli da figlio di puttana o da psicopatico.
Era insomma uno adatto e credibile nei ruoli negativi (ma non solo).

George Eastman36Attenzione però, ne parliamo al passato non perché il nostro sia passato a miglior vita ma semplicemente per il fatto che ormai da decenni ha deciso di interrompere la carriera di attore.
Chiaramente i suoi film più importanti sono quelli nati dal sodalizio (non solo professionale ma di sincera amicizia) col grande Joe D’Amato (a.k.a. Aristide Massaccesi), fino ai primi esperimenti di connubi horror/porno (anche se personalmente non ha mai girato scene hard) ed a impersonare (opportunamente imbruttito dal trucco) il mostro cannibale più rivoltante di sempre, nel famigerato “Antropofagus”.
Ma non solo D’Amato nel suo carniere: Eastman ha recitato per i più grandi registi Pulp italiani del periodo, con qualche puntatina persino nei film d’autore e nelle grosse produzioni internazionali.
Anzi siamo più che convinti che il nostro George avrebbe avuto tutte le carte in regola per intraprendere una carriera di “Serie A” (sia per l’aspetto sia per la bravura) ma lui ha sempre preferito dedicarsi al cinema a basso budget.
E questo per il più nobile dei motivi: perché si divertiva di più!
Con tutti gli attori pessimi, in declino o sfigati che si sono dovuti adattare a lavorare nelle produzioni povere, uno come Eastman che ammette di aver fatto cinema bis per scelta e per piacere merita tutta la nostra stima e ammirazione!
E pure la nostra eterna gratitudine!
Sessanta film all’attivo come attore, dove si cimenta praticamente in tutti generi: il western, la commedia, l’horror; il poliziesco, il soft-core, il post-atomico...sempre assecondando le istanze di mercato (anzi, in qualche caso creandole di sana pianta, grazie ai pionieristici film che interpreta) e perfezionando la sua peculiare recitazione, sovraccarica e nervosa, marcata dalla sua imponente fisicità. 
Ma non è finita!
Eastman è pure uno dei più importanti sceneggiatori italiani del cinema di genere: a parte i lavori scritti insieme a (o per) Massaccesi, ha firmato (col suo vero nome) diversi film, sempre e comunque di genere.

George Eastman28Spesso si tratta delle pellicole erotiche più morbose e controverse del periodo (roba tipo “Bestialità”, di Peter Skerl, a cui il nostro collaborerà pure, non accreditato, alla regia, o “La ragazza del vagone letto”, di Ferdinando Baldi), ma la sua sceneggiatura più famosa rimane quella del western “Keoma”, diretto da Enzo G. Castellari, con un cupo Franco Nero.
E alla sceneggiatura il nostro è rimasto, dopo aver abbandonato i set e aver esordito anche alla regia, scrivendo diverse fiction per la TV.
Inutile sottolineare che a voler rendere conto di tutta la sua produzione, sia come attore che come sceneggiatore, non basterebbero nemmeno tre o quattro dei Vostri Almanacchi. 
In questo caso ci concentriamo sull’Eastman attore, senza ansie di completezza e soprattutto senza per questo voler minimamente sminuire l’altro suo lato professionale.

Luigi Montefiori (così all’anagrafe) nasce il 16 agosto del 1942, a Genova.
Inizialmente interessato alla pittura, si sposta a Roma nel 1966 per cercare di vendere le sue opere ma entrato nella “Dolce Vita” della capitale, s’incuriosisce riguardo al cinema.
Si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma (uno degli insegnanti è Nanny Loy), che lascia dopo solo un anno, e alla Scuola di recitazione di Alessandro Fersen. 
Abbandona gli studi perché lo chiamano subito a lavorare nei film western, che in questo periodo vengono girati a ritmo industriale: uno con la faccia e il fisico di Eastman non può rimanere inosservato per tale mercato...

George Eastman9Adotta lo pseudonimo ammerigano "George Eastman" proprio quando viene scelto come caratterista negativo in molti spaghetti western realizzati alla fine degli anni '60 e all'inizio degli anni '70. 
Esordisce nel ‘66 con “Django spara per primo”, di Alberto De Martino, e “2 once di piombo”, di Maurizio Lucidi.
L’hanno successivo è nel cast di un paio di western di Giuseppe Vari, “L'ultimo killer”, e “Un poker di pistole” (1967), di un poliziesco, “Il cobra”, di Mario Sequi, dell’heist movie “Colpo maestro al servizio di Sua Maestà britannica”, di Michele Lupo, e soprattutto debutta come protagonista nel modestissimo spaghetti-western “Bill il taciturno”, di Massimo Pupillo.
Il 1968 lo vede in un paio di robusti western di Ferdinando Baldi, “Odia il prossimo tuo” e “Preparati la bara!”, in un simil-Bond, “Niente rose per OSS 117”, di André Hunebelle, Jean-Pierre Desagnat e Renzo Cerrato, e capita per caso nel primo ruolo in un film “d’autore”, il bizzarro western “Il mio corpo per un poker”, di Lina Wertmüller e Piero Cristofani.
Indossa la maschera del mostruoso Minotauro nel delirante “Satyricon” (1969), di Federico Fellini, e sempre lo stesso anno gira il poliziesco “Cinque figli di cane” di Alfio Caltabiano, e l’ottimo western “La collina degli stivali” (1969), di Giuseppe Colizzi.
L’hanno successivo è nel cast dello spaghetti-western “politico” “Ciakmull - L'uomo della vendetta”, di Enzo Barboni, del quale, non accreditato, realizza pure la sceneggiatura.
Continua con i western con “Bastardo, vamos a matar” (1971), di Gino Mangini, “Quel maledetto giorno della resa dei conti” (1971), di Sergio Garrone, e “Amico, stammi lontano almeno un palmo...” (1972), di Michele Lupo.
Nel 1972 lo chiama la prima produzione internazionale per interpretare il cattivo ne “Il richiamo della foresta”, interpretato da Charlton Heston e diretto da Ken Annakin.
E poi la volta del plumbeo “Baba Yaga” (1973), un horror erotico scritto e diretto da Corrado Farina, tratto da un fumetto della serie “Valentina” di Guido Crepax, e degli scanzonati “Tutti per uno botte per tutti” (1973), e “A forza di sberle” (1975), di Bruno Corbucci.
Non manca nemmeno una pellicola del penoso filone misto western-arti marziali, “La tigre venuta dal fiume Kwai” (1975), di Franco Lattanzi.
“Un magnifico ceffo da galera” (1973), di Kirk Douglas e Zoran Calic, rappresenterà la sua seconda occasione di accedere alle produzioni ad alto budget, ma il nostro preferirà scegliere di rimanere a fare un (dis)onesto cinema di serie B a casa nostra.
Ed ecco il capolavoro! 

George Eastman12“Cani arrabbiati” (1974), è un crime firmato dal genio Mario Bava, dove il nostro George è uno dei feroci rapinatori che tengono in ostaggio una famiglia in macchina.
Trucido, claustrofobico, cattivo, violento, è davvero il più credibile capostipite del Pulp a venire; peccato che il fallimento del produttore l’ha reso per anni introvabile …
Da non confondersi col successivo “Come cani arrabbiati”, un truce poliziottesco del 1976 diretto da Mario Imperoli, vagamente ispirato al famigerato Massacro del Circeo, con il quale il film di Bava non ha niente a che vedere.
Con “Emanuelle e Françoise (Le sorelline)” (1975), inizia la famigerata collaborazione con Joe D'Amato, che continuerà per anni con altre “perle” sexploitation come “Emanuelle - Perché violenza alle donne?” (1977) e “Hard Sensation” (1980).
Da notare che questi film vantano quasi sempre una versione “francese”, ovvero un edizione per il mercato estero con inserti hardcore (spesso all’insaputa degli stessi attori) interpretati da controfigure o dalle prime star del genere come Marina Frajese e Mark Shannon. 
Ma si tratta ancora di roba semiclandestina. 
Il debutto “ufficiale” del cinema a luci rosse avviene col cosiddetto “filone Santo Domingo”, una serie di film fra il porno e l’horror girati da Joe D’Amato, scritti e interpretati dal nostro e girati nel paese caribico con la stessa troupe e gli stessi attori (pare tra l’altro che la scelta di girare tutti questi film insieme sia dovuta al fatto che Eastman aveva perso tutti i soldi al Casinò e avesse bisogno di fare cassa alla svelta…).
Si inizia con “Sesso nero” (1980), il primo film hard a esordire ufficialmente nelle sale del Bel Paese, per continuare con i leggendari (per quanto francamente brutti) “Le notti erotiche dei morti viventi” (1980) e “Porno Holocaust” (1981).
Sempre con D’Amato scrive e interpreta un folle assassino in due horror estremi: “Antropophagus” (1980) con la famosa scena del feto strappato dal ventre e divorato (in realtà un coniglio spellato) e “Rosso sangue” (1981).
Eastman si ritaglia pure una parte nel bizzarro “Bordella” (1976), di Pupi Avati e non si fa mancare nemmeno un teso poliziottesco come “Sangue di sbirro” (1976), di Alfonso Brescia.
Fondamentale anche il suo apporto al genere post-apocalittico su imitazione di “Mad Max” e “1997: Fuga da New York”: gioiellini trash come “I nuovi barbari” (1982), e “1990 - I guerrieri del Bronx” (1982), di Enzo G. Castellari, “2019 - Dopo la caduta di New York” (1983), di Sergio Martino, “Endgame - Bronx lotta finale” (1983), di Joe D'Amato, “Blastfighter” (1984), di Lamberto Bava, “Vendetta dal futuro” (1986), di Sergio Martino.

George Eastman48
È nel cast de “La guerra del ferro – Ironmaster” (1983), di Umberto Lenzi, una sorta di fantasy ambientato nell’età della pietra, sulla scia de “La guerra del fuoco” di Annaud, in quello del kolossal biblico “King David” (1985), di Bruce Beresford, nel ruolo di Golia e nel pessimo epigono di Conan con due gemelli culturisti, “The Barbarians (1987), di Ruggero Deodato.
Torna a lavorare anche con Avati che lo chiama per interpretare uno degli amici che giocano a poker (forse in omaggio alla nota ludopatia del nostro..), nel cinico “Regalo di Natale” (1986).
Dopo che l’horror “Deliria” (1987), che ha scritto per Michele Soavi, si becca un premio al Festival di Avoriaz, sceneggia e interpreta il mediocre giallo “Le foto di Gioia” (1987), di Lamberto Bava, che si salva solo per le generose tette di Serena Grandi, vecchia conoscenza del nostro, visto che aveva interpretato la donna incinta a cui il cannibale di Anthropophagous strappa e divora il feto.
Ma era un'altra storia, altri tempi: qui siamo dalle parti del giallo anemico semi-televisivo…
Dopo più di vent’anni, torna pure a lavorare con la Wertmüller ne “In una notte di chiaro di luna” (1989).
Prodotto dall’amico Massaccesi, dirige il suo primo film, il modesto “DNA: Formula Letale” (1990).
La storia non sarebbe neanche malaccio ma purtroppo la produzione di Massaccesi si rivela una tipica produzione di Massaccesi: ovvero pochi soldi, effetti speciali risibili e cast improponibile…
Agli inizi degli anni ’90 si dedica in maniera esclusiva alla sceneggiatura, decidendo di smettere di recitare.
Avendo avuto il suo primo figlio, Eastman desidera rimanere quanto più possibile in famiglia, quindi opta per la scrittura, soprattutto fiction televisive, tipo grosse coproduzioni internazionali di genere avventuroso, come “Il principe del deserto”, “Deserto di fuoco”, “Il ritorno di Sandokan”, e polizieschi come “La Uno Bianca”, “La Squadra”, “Caldo criminale”, “Onore e il Rispetto” ecc.
Unica eccezione nel 2003, quanto torna a recitare nel sequel “La rivincita di Natale”, sempre diretto da Pupi Avati.
Con la speranza di rivederlo in qualche produzione trucida come un tempo (magari omaggiato dai tanti giovani registi che ai suoi lavori si sono ispirati), auguriamo un meraviglioso compleanno a Eastman.
Tanti auguri Luigi!

“Dovevamo attirare la gente al cinema. Era perciò necessario aumentare la dose di morbosità per incuriosire il pubblico e spingerlo ad andare a vedere il film. L’escalation nell’orrore, nel sesso, nella violenza era inevitabile, e non solo nei film di genere, ma anche nei film cosiddetti d’autore. Non dimentichiamo “Ultimo tango a Parigi” e “I pugni in tasca”. La differenza era solo nello spessore culturale dei temi e nella raffinatezza della realizzazione.”
George Eastman

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