29 novembre 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Se spesso abbiamo dei problemi nella scelta del personaggio da omaggiare, specie quando lo stesso giorno si presenta l'anniversario di più personalità che hanno eccelso nel pulp, oggi tale problema non si pone (anzi ve ne diamo due al prezzo di uno!). Il problema oggi, cari amici dei Mutzhi Mambo, è stato scegliere delle immagini significative perché JOEL e ETHAN COEN di roba significativa ne hanno fatta veramente tanta, troppa, un visibilio! E tutta diversa, originale, imprescindibile! Si dice che di solito i registi, bene o male, girino intorno al solito film, rifacendolo per tutta la carriera: ebbene i fratellini di Minneapolis di film tipici ne hanno almemo cinque! Joel David e Ethan Jesse Coen nascono rispettivamente il 29 novembre 1954 e il 21 settembre 1957 a St. Louis Park, un sobborgo di Minneapolis. I genitori appartengono a una benestante famiglia ebrea, il padre era un economista dell'Università del Minnesota e la madre insegnava storia dell'arte all'Università Statale St. Cloud. Dopo il diploma al St. Louis Park High School, si iscrivono al Bard College at Simon's Rock nel Massachusetts: Ethan si laureerà nel 1979 a Princeton con una tesi sulla filosofia di Wittgenstein, mentre Joel frequenterà i corsi su Film e Tv della New York University. All'inizio degli anni 80 il maggiore dei due Coen muoverà i primi passi nell'industria cinematografica raggiungendo la posizione di assistente al montaggio del film "La casa", esordio di un nome importante per il cinema a basso costo di quel decennio, Sam Raimi, del quale Joel diviene ben presto amico. Nel frattempo Ethan riesce a trovare lavoro come sceneggiatore tv e scrive alcuni episodi dello show della Cbs "New York New York). Entrambi i lavori servono da palestra per capire i meccanismi della produzione e tornano utili quando i due fratelli si decidono a realizzare il loro primo film, tirando fuori dal cassetto uno script pronto già da qualche tempo. Non avendo l'esperienza necessaria affinché una major puntasse sul loro progetto, i Coen tornano a casa, a Minneapolis, e utilizzano uno stratagemma à-la Raimi, divenuto piuttosto famoso nell'ambiente: affittano una cinepresa e girano un trailer di 3 minuti solo a uso e consumo dei possibili investitori che convincono tra il Minnesota e il Texas. Dopo un anno, i tenaci ragazzi di Minneapolis racimolano un milione e mezzo di dollari: quanto basta perché la loro avventura cinematografica possa cominciare. Il loro "Blood Simple - Sangue facile" (1984) è uno dei titoli più importanti del cinema indipendente americano degli anni 80, quasi un paradigma che fece da spartiacque tra un "prima" e un "dopo", cosi come lo era stato "La Casa". Se però Raimi utilizzava un genere ancora popolare come l'horror, rivisitato dal singolare gusto dell'autore per il grottesco e la parodia, i fratelli Coen avevano la precisa intenzione di girare un noir, di rivitalizzare un genere dato per morto nella viva contemporaneità. Joel e Ethan Coen al pari di David Lynch con "Velluto blu" (1986) sono stati precursori di quella rinascita del noir che ha invaso non solo il cinema ma anche la letteratura contemporanea. In "Arizona Junior" (1987), con un baffuto, improbabile e irresistibile Nicolas Cage, i Cohen mostrano un'altra loro caratteristica: l'eclettismo, la capacità di passare da un registro a un altro e l'abilità nel contaminarli con intelligenza. Ed è così che la commedia slapstick, cartoonesca si trasforma in un bislacco on the road venato di noir e, al contempo, in una romantica commedia familiare. Menzione a parte merita la prodigiosa apparizione del Motociclista dell'Apocalisse, un personaggio che dall'incubo del protagonista si materializza nel tessuto narrativo. Un agente del Caos, mosso dal desiderio di incassare la taglia che pende sulle teste dei protagonisti, il cui nome ("the lone biker of the Apocalypse") non è casuale: nel cinema coeniano, anche nelle parentesi più leggere, l'imminenza dell'Apocalisse rende l'aria pesante. Il fato nei loro film è un agente imperscrutabile, e la Bibbia è un riferimento frequente da "Blood Simple" (alla radio si sente di una pericolosa influenza proveniente da Giove) a "Barton Fink" (dove si leggono passi della sceneggiatura di Barton tra i passi di Daniele e dell'Apocalisse) fino a diventare protagonista nella tragedia di un uomo ridicolo, rappresentata nel meno riuscito "A Serious Man" (2011), dove i Coen spargeranno il loro caustico sense of humour nell'ambiente ebraico che li ha visti crescere (e che infatti, se non sei ebreo, difficilmente puoi cogliere). "Crocevia della morte" (1990) è una meticolosa ricostruzione filologica di ambienti e atmosfere che si rifanno esplicitamente al vecchio immaginario gangster, cercando la complicità dello spettatore smaliziato, uno dei film più intrinsecamente cinematografici nell'opera coeniana, dove ogni dettaglio è un virtuosismo (a volte pure eccessivo) nella ri-scrittura delle regole del genere per riaffermarle nuovamente. Questo processo si intuisce già dal prologo che è costruito basandosi su "Il Padrino" (1972) di Francis Ford Coppola: è qui che viene fuori l'anima caustica e sovversiva dei Coen poiché, da postmoderni quali sono, ogni omaggio lo rivolgono contro l'originale. Non la parodia di quel contenuto, ma lo svolgimento secondo una diversa prospettiva! Anche in questo caso la letteratura hard boiled ha avuto una forte influenza sull'intreccio mentre da un punto di vista squisitamente visivo, "Crocevia della morte" è un vero e proprio catalogo del cinema noir/gangster ispirato a Jean-Pierre Melville. "Barton Fink" (1991), la cui scrittura venne partorita in sole tre settimane in un appartamento di New York, ha avuto un destino strano. La storia dello sceneggiatore sfigato che viene risucchiato dalla Hollywood anni '30 (interpretato da un enorme Turturro) infatti è stata premiatissima (ben 3 Palme d'oro a Cannes: miglior film, miglior regia, miglior protagonista), ma venne considerata troppo intellettualoide dai fan dei fratelli e ha incassato pochissimo. Rimane comunque l'atmosfera malata e alienante e un John Goodman insospettabile serial-killer della porta accanto per renderla imperdibile. Il successivo "Mister Hula Hoop", realizzato nel 1994 a partire da una sceneggiatura scritta dai Coen insieme all'amico Sam Raimi, è il più costoso fatto dalla coppia. La delirante favola dell' inetto inventore dell' "Hula hoop", dalle atmosfere kafkiane, è ingiustamente considerata fra le opere minori della coppia ma non è assolutamente vero. Dal punto di vista narrativo il film sembra quasi una parodia del sogno americano che sfrutta e deforma gli stessi stilemi di Frank Capra, compreso l'happy end posticcio e si segnala per le splendide scenografie e le grandi prove d'attore, fra cui uno spietato Paul Newman. "Fargo", del '97, è il film che li proietta nell'Olimpo di Hollywood, la pellicola che fa esplodere tutta la loro poetica ormai consolidata. Un noir "in bianco", com'è stato legittimamente definito, gelido nelle ambientazioni e nei sentimenti, "Fargo" è una commedia grottesca in cui l'unico elemento di salvezza è la purezza dei "buoni sentimenti". Tutto il resto è delirio demente e violento. Da una parte, c'è la riflessione mai banale o scontata sul mondo della middle class americana ormai allo sbando, dove le persone "perbene" sono schiacciate da una routine quotidiana alienante e i criminali hanno perso qualsiasi forma di "etica della violenza". Quando le prime incontrano i secondi, il cocktail esplosivo è questo: sangue a litri per questioni futili, una spirale di crudeltà completamente slegata dal rapporto causa-effetto. Con l'aiuto di una sceneggiatura che è davvero un marchingegno a orologeria, i Coen mettono in scena il teatro dell'assurdo dei giorni nostri: avidità ed esseri umani oppressi dal senso del dovere delle proprie responsabilità e messi a contatto con una violenza amorale, inutile, comica nella sua gratuità. La concezione del mondo dei due cineasti si fa ancora più tragica e disillusa rispetto ai precedenti esperimenti cinematografici. E, quasi come una sorta di contrappasso, diventa invece più esilarante il loro umorismo nero. Spin-off del film sono due serie televisive molto belle dallo stesso titolo (dai Coen solo prodotte) che ne riprendono l'ambientazione. Il passo successivo nella carriera dei due "ragazzi" di Minneapolis è il loro capolavoro assoluto: "Il grande Lebowski" (1998), commedia non-sense con un indimenticabile Jeff Bridges nel ruolo dello sconclusionato Drugo, assurge in poco tempo a film di culto assoluto, grazie soprattutto a una carrellata di personaggi indimenticabili, di dialoghi fulminanti, di trovate sensazionali e di favolosi brani musicali perfettamente inseriti. Dalla tragedia glaciale macchiata di sangue di "Fargo" si passa alla farsa, al tocco demenziale di una "non avventura", dove pare succedere di tutto, ma in realtà non accade niente. Ma con uno stile fantastico! Nel successivo "Fratello dove sei?" (2000), con cui iniziano una proficua collaborazione con quel damerino di George Clooney, i Coen prendono spunto addirittura dall'Odissea per imbastire una surreale vicenda di sapore Twainiano ambientata nel Sud degli Stati Uniti negli anni '20. Avventura pura impreziosita dalla splendida fotografia e da una colonna sonora da urlo, una grande e roboante commedia umana dove il nulla, la normalità dell'uomo medio americano viene innalzata a straordinarietà. Dell'anno successivo l'ennesimo capolavoro. "L'uomo che non c'era", scritto con la raffinatezza di un romanzo di Raymond Chandler, rilegge in modo quasi metafisico l'universo del noir: nei dialoghi, nei tempi narrativi come nella scelta mirabile di luci e ombre dello splendido bianco e nero. Rifacendo il verso alle pellicole di Fritz Lang e Billy Wilder, e ambientando la storia proprio negli anni 40, i fratelli Coen realizzano una parabola indimenticabile sulla tragicità della condizione umana. O, meglio, di quella condizione che affligge l'uomo mediocre, l'invisibile, colui che è condannato a un'esistenza vissuta alle spalle dei veri protagonisti. Il barbiere interpretato da Billy Bob Thornton è un vero perdente che non riesce a riscattarsi nemmeno quando decide di dare una svolta alla sua vita. Il caso, il gesto imprevedibile dell'essere umano capace in ogni istante di commettere un errore, è sempre dietro l'angolo. Non c'è piano che tenga, ambizione degna di essere premiata. L'evento inaspettato distrugge tutto, porta la quotidianità a scontrarsi con l'eccezionale. Ed è così che il dramma prima si trasforma in tragedia e subito dopo in farsa, data la sua assurdità di fondo. "Prima ti sposo, poi ti rovino" (2003), scellerata traduzione italiana del più appropriato titolo originale "Intolerable Cruelty" , è una commedia sui divorzi multimilionari californiani, sulle mangiatrici di uomini e sugli avvocati divorzisti specialisti nel truffare i loro stessi clienti. I Coen con questo film scelgono un registro più leggero ma non mancano i momenti feroci anche nel più futile dei divertissement. "Ladykillers" (2004) è il remake del classico del 1955, "La signora omicidi", firmato da Mackendrick, infarcito dello stile tipico dei fratelli: dalla stravaganza di personaggi e situazioni, al tipico humour graffiante e irriverente, dal citazionismo colto, allo studio della colonna sonora, in questo caso gospel. Pur non raggiungendo le vette del passato (e future), e pur non potendo competere col fascino dell'originale, confezionano un film veramente divertente. Con "Non è un paese per vecchi" (2007), accantonano la dark comedy per reinventare le regole del western moderno. Per la prima volta i due registi trarranno ispirazione direttamente dal libro omonimo, di Cormac McCarthy, per mettere in scena un film che accantona i virtuosismi del passato per ridurre tutto all'essenziale, anche i dialoghi. Il bravissimo Javier Bardem ci offre il ritratto di un cattivo talmente freddo e spietato da travalicare i limiti del personaggio per divenire l'incarnazione stessa del destino, che travolgerà tutto e tutti con violenta ma lucidissima furia omicida. Nel 2008 i Coen aggiungono un nuovo tassello alla loro incursione nella commedia con un film che attinge alle spy story per rappresentare il lato tragicomico e superficiale dell'oggi. Divertimento allo stato puro, ma non solo. Perché "Burn After Reading" è una commedia crudele che - finito il sorriso - ti fa riflettere mettendoti davanti una realtà grottesca ma vicina. La forza di questo nuovo lavoro risiede tutta nella sceneggiatura ad orologeria e nei suoi personaggi, cinque idioti à-la Coen : Brad Pitt, George Clooney, John Malkovich, Frances Mc Dormand e Tilda Swinton si amalgamano perfettamente in una mirabolante quanto assurda girandola di eventi. L'ultimo film che citiamo è lo splendido remake de "Il Grinta" (2010), classicone western con John Wayne (1968): in questo caso i Coen riescono addirittura a surclassare l'originale regalandoci, anche grazie ad un marcissimo Jeff Bridges, uno dei migliori film di avventura degli ultimi anni. Concludiamo con una affermazione: i fratelli Coen sono attualmente i più interessanti filmaker in circolazione. Sono i migliori! E tanto basti!

"Ecco, la settimana scorsa hanno scoperto una coppia, in California, che affittava camere ai vecchietti, poi li ammazzava, li seppelliva in giardino, e intascava le loro pensioni. Ah, e prima li torturava, non so perché, forse il televisore si era guastato. E la cosa è andata avanti finché, testuali parole, «i vicini si sono allarmati quando hanno visto un uomo scappare con indosso solo un collare per cani». È impossibile inventarsi una notizia così, provaci, non ci riesci. Questo c'è voluto per attirare l'attenzione di qualcuno: scavare fosse in giardino era passato inosservato."
Sceriffo Bell/Tommy Lee Jones - Non è un paese per vecchi

Joel e Ethan Coen