Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

MOSTRI? SÌ, MA C'È IL TRUCCO…

Avete bisogno di un truccatore che renda meno mediocre il vostro matrimonio?
Che ravvivi la vostra squallida festa di Halloween?
Che dia un senso al vostro mesto carnevale?
Allora, cari amici dei Mutzhi Mambo, rivolgetevi al leggendario JACK PIERCE per un consiglio!
Frankenstein, Dracula, l’Uomo Lupo, la Mummia: tutti mostri che il cinema ha preso in prestito dalla letteratura, dalle leggende e dal folklore popolare trasformandoli in maschere immortali e conosciute in tutto il mondo, sono passati per le sue mani miracolose.
Quello che forse tutto il mondo ignora è che dietro a queste icone cinematografiche, a celarsi non sono tanto grandi registi, sceneggiatori o interpreti, quanto piuttosto un “umile” truccatore: il suo nome è Jack Pierce, il “papà” dei mostri classici.
Armato solo di cotone collodio (plastica liquida con etere al 24%), cotton fioc e immane pazienza e dedizione, Pierce plasmò, a partire dagli anni ’20, la più ricca e celebre scuderia di personaggi horror di sempre!

Jack Pierce4Se per definire un artista si deve valutare l’impatto della sua opera sull’immaginario collettivo, allora Jack Pierce è sicuramente uno degli artisti fondamentali del secolo scorso.
La sua influenza sulla cultura del Novecento è praticamente impossibile da quantificare!
Temuto da tutti per il suo carattere irascibile e diffidente, scontò il suo pessimo appeal con l’oblio e la povertà che contraddistinsero il suo tramonto...

John Piccoulas (così all’anagrafe) nasce in Grecia, il 5 maggio del 1889.
Dopo essere emigrato negli Stati Uniti da adolescente, Pierce tenta la fortuna con diversi lavori, inclusi il fantino e il giocatore di baseball.
Inizia a lavorare per il cinema come attore nel 1915 nel film “Misjudged”, diretto da William Worthington e interpreta una dozzina di pellicole fino al 1929.
Notato dal reparto creativo della Universal nel 1926 per il suo lavoro nel film “The Monkey Talks” (in cui dà vita a scimmie umanoidi che farebbero invidia anche a quelle di John Chambers de “Il pianeta delle scimmie” del ’68) Pierce viene assunto nel 1928 per il famosissimo “L’uomo che ride”, di Paul Leni, per il quale realizza la “maschera” drammatica e macabra dello sventurato protagonista: un uomo con una paresi che immobilizza la sua faccia in un eterno tiratissimo sorriso e che molti anni dopo ispirerà la beffarda espressione del “Joker” di Batman.
Nel 1931 gli viene affidato il compito di plasmare con le sue mani le fattezze del vampiro dei vampiri: il conte Dracula!
A interpretarlo è Bela Lugosi, con cui nasce subito qualche dissapore: Lugosi infatti (come d’uso per gli attori di una volta) ha la pretesa di truccarsi almeno in parte da sé.
Per Pierce è una noia ma nonostante ciò, il make-up risulta fantastico e il film, diretto da Tod Browning, si rivela un enorme successo ai botteghini, inaugurando la serie di film horror prodotti da Universal che di lì in avanti affiderà proprio alle abili mani di Pierce tutti i suoi mostruosi personaggi.
Mandato giù l’amarezza per non aver avuto il giusto riconoscimento del pubblico per la creazione del succhiasangue più famoso del grande schermo, Pierce passa a occuparsi, sempre nel 1931, di una nuova creatura: il Mostro di Frankenstein, per la regia di James Whale.
Per questo personaggio la Universal decide di osare di più e stupire il pubblico con un “mostro davvero mostruoso”.
Detto fatto: Pierce dà vita al Frankenstein che tutti noi conosciamo, allontanandosi anni luce sia dal personaggio descritto da Mary Shelley nel suo romanzo che dai bozzetti propinatigli dal reparto artistico di Universal che raffigurano una sorta di robot metallico.

Jack Pierce11Oltretutto questa volta Pierce può dare sfogo alla propria creatività grazie alla disponibilità della sua nuova “cavia”: l’attore Boris Karloff, che accetta di sottoporsi a estenuanti sessioni di make up (si parla anche di 12 ore continuative e di sedute che iniziano anche alle 3 della mattina) che nel giro di 3 mesi portano al risultato finale.
Tutti i tratti caratteristici della creatura prendono forma proprio durante questa fase, nella quale Pierce non lascia nulla al caso, consultando libri di medicina, criminologia, elettronica e fotografia.
Riluttante all’impiego di protesi in plastica Pierce si avvale della tecnica del cotone collodio: applica cioè strati di cotone che poi vernicia con il collodio per creare altri strati e modellandoli infine con i cotton fioc.
Un lavoro talmente lungo e faticoso (sia per lui che per il poveretto sotto “i ferri”) che Karloff sovente decide di andare a letto truccato per risparmiarsi la tortura il giorno seguente.
Anche i famosi bulloni/elettrodi applicati al collo taurino della creatura sono un’idea di Pierce: il truccatore li attacca con del mastice, lasciandone i segni sulla pelle dell’attore per tutta la vita.
Un lavoro minuzioso, a volte crudele e per certi versi estenuante ma che non manca di dare i suoi frutti: sono in molti a riconoscere che nessuno dopo Jack Pierce abbia saputo creare un mostro così riconoscibile e “iconico”, come testimonierà lo stesso Karloff ammettendo: «Io ero nel costume, ma è Pierce che ha creato l’immagine e l’essenza di Frankenstein».
Il sodalizio di Pierce con Karloff prosegue anche con il film successivo che Universal produce nel 1932: “La Mummia”, di Karl Freund.
La mummia del sacerdote egizio Imhotep, che torna dal regno dei morti e prende le sembianze umane di Ardath Bey viene realizzata avvolgendo l’attore con bende di lino (precedentemente preparate per dare l’effetto invecchiato), nel corso di sessioni che duravano anche 8 ore…
Karloff quindi si presta alle nuove “torture” ideate da Jack Pierce che questa volta, per trasformarlo nel vecchissimo Bey, utilizza il lattice applicandolo alla pelle di Karloff e ottenendo un risultato che ancora oggi appare stupefacente, anzi, secondo gli esperti del mestiere, “insuperato”.
Negli anni seguenti Karloff e Pierce (legati da una stima reciproca che durerà per tutta la vita), lavorano insieme anche ne “Il Castello Maledetto” (1932), sempre di James Whale, “The Black Cat” (1934), di Edgar G. Ulmer, “La moglie di Frankenstein” (1935), di Whale, per il quale il truccatore crea un look davvero originale facendo somigliare Elsa Lanchester alla regina egizia Nefertiti, “Il raggio invisibile” (1936) di Lambert Hillyer, “Il figlio di Frankenstein” (1939), di Rowland V. Lee, nel quale Karloff appare più vecchio e ingrassato e in cui il suo personaggio mostra alcune modifiche apportate nel tempo da Pierce che si preoccupa però di rimanere sempre piuttosto fedele all’originale del primo film.
Ma il tocco di Pierce valorizza anche “L'isola degli zombies” (1932), di Victor Halperin, in cui torna a lavorare con Lugosi, “L'uomo invisibile” (1933), di James Whale, “The Mad Ghoul” (1943), di James P. Hogan.
Nel 1942 per “Il terrore di Frankenstein”, di Erle C. Kenton, Pierce torna a riproporre l’immagine iniziale della creatura modellandola questa volta sulle fattezze di Lon Chaney Jr., che aveva lavorato con lui anche ne “L’Uomo Lupo” del 1941, di George Waggner, altro suo leggendario make-up.

Jack Pierce13Però Chaney, che ritroverà Pierce anche nel kitschissimo “Frankenstein contro l'Uomo Lupo” (1943), diretto da Roy William Neill, è più insofferente del collega Karloff e tollera con difficoltà le 10 ore di trucco necessarie a trasformarlo nel licantropo peloso del film .
Come Chaney Jr. anche molti altri attori non sopportano molto a lungo le “torture artistiche” inflitte da Jack Pierce, il quale, da parte sua, fa l’errore di restare legato a tecniche più primitive, senza cedere alle novità nate nel campo, che vedono affermarsi sempre di più le più agevoli protesi di gomma.
Proprio questo fatto è la principale causa della sua fine professionale.
Dopo anni di onorato servizio, infatti, Pierce viene cortesemente accompagnato alla porta da Universal, con la quale il truccatore pare non avesse mai firmato un contratto in esclusiva.
Prima di essere licenziato il nostro aveva realizzato il make-up per capolavori horror e noir come “La casa degli orrori” (1945), di Erle C. Kenton, “La strada scarlatta” (1945), di Fritz Lang (1945), “I gangsters” (1946), di Robert Siodmak, “L'angelo nero” (1946), di Roy William Neill.
Pierce si ritrova così a lavorare per la televisione e per film di serie B, cedendo il posto alla nuova generazione di truccatori.
Di questo periodo di decadenza si devono citare “The Brain from Planet Arous” (1957), di Nathan Juran, “Teenage Monster” (1958), di Jacques R. Marquette, “Giant From the Unknown” (1958), di Richard E. Cunha, “Beyond the Time Barrier” (1960), e “The Amazing Transparent Man” (1960), entrambi di Edgar G. Ulmer, “Creation of the Humanoids” (1962), di Wesley Barry.
Il grande Jack Pierce muore nel 1968, all’età di 79 anni, ridotto quasi in povertà e semi emarginato dal mondo dello spettacolo (sembra addirittura che ad assistere al suo funerale ci siano solamente quattro o cinque persone).
Un triste epilogo per la gloriosa carriera di un artista che tutt’oggi è modello e dichiarata fonte d’ispirazione proprio dei più moderni e innovativi make up artist e al quale l’Universal ha dedicato un premio che porta il suo nome: il “Jack Pierce Lifetime Achievement Award”.
Tardivo e insufficiente riconoscimento per uno dei maggiori responsabili dei miliardi che ha la casa ha incassato.
Ma si sa, la gratitudine non è proprio il pane di Hollywood…
Onore all’immenso Jack Pierce!

"Morte: punizione eterna per chiunque osi aprire questo scrigno. Nel nome di Amon-Ra, re degli dei." Questa è una maledizione tremenda!”
Sir Joseph Whemple/Arthur Byron – La Mummia

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