Finalmente! Dopo una lunga, misteriosa latitanza, ritornano dal vivo i letali MUTZHI MAMBO! E che giorno scelgono per TORNARE DAL VIVO? Ma il GIORNO DEI MORTI, come potrebbe essere altrimenti! E ci...

Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

"Ei fu, siccome immobile..." recitava l'ode di Manzoni a Napoleone, con cui ci hanno scassato la minchia a scuola. 
Ma questo 5 maggio non ha nulla di eroico, cari amici dei Mutzhi Mambo, perché oggi si celebra il compleanno del bieco FRANCO MARESCO, lo spietato regista di "Cinico TV"! 
Insieme all'altrettanto famigerato Daniele Ciprì (in realta questo Almanacco andrebbe inteso come condiviso fra i due registi), Maresco ha formato un noto sodalizio, sfociato nella produzione di una cinematografia particolarissima, popolata da un'umanità grottesca, alienante e alienata, trucida, disperata, disadattata: brutti, sporchi e cattivi senza speranza, i personaggi di Ciprì e Maresco. 
Uno zoo antropomorfo fatto di minorati mentali, abbrutiti, disgustosi, inutili, una vera "serie Z" del genere umano, ripresa con sommo "cinismo" (ma con una splendida cura delle immagini) dai due filmaker siciliani, immersa in un ambiente ostile, degradato, putrefatto, squallido.
Propongono una visione alternativa al futuro immaginato, il futuro tecnologico come vuole la tradizione narrativa fantascientifica, mostrando invece un mondo consumato e ridotto all'osso.
Ma non un futuro post apocalittico, post conflitto nucleare: qui l'umanità ha consumato sé stessa, si è abbrutita, è regredita ad uno stato sub-umano.
Un'umanità marginale che, non si sa per quale catastrofe o tragedia, ha preso il controllo totale di quello che rimane della civiltà, in attesa di un'inevitabile, sacrosanta estinzione.
In un ambiente contornato di ruderi, di macerie di resti industriali o urbani, si muovono dei resti che invece sono umani, o almeno dovrebbero esserlo; un cinema che racconta il "post" (post-industriale, post-atomico, post-storia) in maniera fortemente metaforica. 
Se Ciprì, di quel cinema realizzato “a quattro mani”, era gli “occhi”, colui che magistralmente lo fotografava in un livido bianco e nero, Maresco era la “testa”, la “voce”, la (non)narrazione. 
Infatti sua era la voce che stentorea lanciava l'appello: “Fratelli Abbate”; che, subito, rispondevano, puntuali: “Dica!”.
I film della coppia non sono propriamente Pulp ma risultano comunque più disturbanti di qualsiasi violenza esibita esplicitamente nei film più horror o crime in circolazione. 
Un cinema che mostra quindi la bassezza, l'imperfezione la miseria, l'incompletezza dell'uomo e il suo degrado, quasi a voler costituire una nuova estetica del brutto. 
Figli degeneri della cinematografia più spietatamente realistica e pesa di Pasolini e di Scola (ma anche del deforme surrealismo di Buñuel e Jodorowsky), esagerano quel tipo di estetica e la portano fino alle estreme conseguenze: Ciprì e Maresco non rinunciano però a cogliere anche la poesia che emana dai loro sbandati. 
Ma sono attimi: generalmente prevale il disgusto e il fastidio. 
Non si guardano certo i loro film per svagarsi!

Franco Maresco nasce a Palermo, il 5 maggio del 1958. 
Inizia a lavorare con Ciprì nel 1986, producendo una serie di opere sperimentali per una rete televisiva palermitana, la TVM. 
Dopo aver lavorato per la Fininvest col programma "Isole Comprese", iniziano a collaborare a "Blob" e "Fuori orario. Cose (mai) viste" su Rai3 (1990). 
Lo stesso anno e anche l'anno successivo vincono al Festival di Bellaria, prima in una piccola sezione, poi portando casa un Gabbiano D’Oro. 
Intanto la collaborazione con Rai Tre continua: dopo aver partecipato ad "Avanzi", iniziano a produrre una serie estrema e provocatoria, che sconvolgerà tutto l'ambiente televisivo italiano, "Cinico TV". 
Questo tipo di televisione è quanto di più cinematografico si possa vedere in questo periodo sul piccolo schermo: la cinquantina di puntate in bianco e nero prodotte, sbattono in prima serata dei veri e propri freaks. 
In "Cinico TV" vediamo uomini obesi e seminudi, vecchi siciliani che non riescono neanche a parlare, ragazzi afflitti da malattie mentali, smorfie e atteggiamenti che apparentemente non dicono niente di umano e logico, situazioni assurde e deliranti ripetute ossessivamente.
Una vera sarà banda di depravazione umana!
Spiccano in questa serie gli attori non professionisti che vi prendono parte, oltre al clima che la pervade, che resta in bilico tra il comico-demenziale e l'orrore puro che si prova assistendo ad uno spettacolo osceno, terribile, grottesco. 
Dopo vari cortometraggi che valgono la collaborazione di diversi grandi del cinema (Martin Scorsese, Samuel Fuller, Amos Gitai), dopo altri premi e retrospettive dedicategli (a Taormina e a Prato), Ciprì e Maresco dirigono il loro primo lungometraggio, il surreale "Lo zio di Brooklyn" (1995), film privo di una trama lineare riconoscibile, dove sostanzialmente, ripropongono sul grande schermo la corte dei miracoli che popola "Cinico TV". 
Nel 1998 girano "Totò che visse due volte", film diviso in tre episodi dalle atmosfere simili al precedente, ma con una trama più definita in cui pestano l'acceleratore sul lato blasfemo, aprendo un vero e proprio caso sulla censura in Italia. 
La Commissione di revisione cinematografica tenta di impedirne addirittura l'uscita nelle sale. 
Non riuscendoci invoca la denuncia per vilipendio alla religione e per tentata truffa, ma i registi e la produzione, dopo il processo, ne escono fortunatamente indenni, assolti dal tribunale di Roma. 
I due autori palermitani considerano "una vittoria" il divieto ai minori di 18 anni per il loro "Totò che visse due volte", perché sono riusciti stoicamemte a resistere alle richieste della commissione. 
Il tema che unisce i tre episodi è appunto la Morte di Dio, ed il pessimismo nei confronti di un futuro in cui il genere umano sembra non nutrire speranza, occupato com'è nel soddisfare solamente i propri istinti e bisogni naturali. 
Scene emblematiche sono quelle del boss mafioso che fa sciogliere un novello messia nell'acido, quella dell'angelo a cui vengono strappate le ali e che viene sodomizzato da uomini obesi, e quella del minorato psichico che implora amore dalla Madonna (Madre di tutte le madri) violentando una sua statua in legno. 
Essendo entrambi i registi musicofili e appassionati di jazz, nel 1999 dirigono un cortometraggio incentrato sulla figura del sassofonista jazz Steve Lacy che interpreta Duke Ellington dal titolo "Steve plays Duke" e "Noi e il Duca. Quando Duke Ellington suonò a Palermo" (1999) una strana commistione, a metà strada tra il documentario d’autore e il lungometraggio tipico degli autori di "Lo zio di Brooklyn" sul concerto palermitano di Duke Ellington (luglio 1970). 
Immagini della performance live, materiali rari su Ellington, conversazioni con Steve Lacy, Bill Russo, Bob Wilber, Hank Jones, Gunther Schuller, inframezzate da false interviste ai personaggi di "Cinico Tv". 
Un work in progress realizzato nell’arco di un decennio con grande sapienza e passione in cui viene esaltata la profonda discrepanza fra la classe del jazzista e la miseria umana del contesto. 
Nel 2003 vede la luce "Il ritorno di Cagliostro", film che inizia come un documentario, dove diversi critici hanno opinioni discordanti in occasione del ritrovamento delle pellicole perdute de "Il ritorno di Cagliostro", film "leggendario" della fittizia Trinacria Cinematografica. 
Viaggio visionario che ricostruisce le false vicende di questa improbabile casa di produzione siciliana, la pellicola è una sorta di "Ed Wood" de'noantri, fatto dai nostri autori per omaggiare il cinema low-budget degli anni '50. 
Nel cast c'è pure Robert "Freddy Kruger" Englund, nella parte del divo americano Erroll Douglas, in declino e alcolizzato, che si trova coinvolto suo malgrado nel delirio dell'ultima delirante produzione della Trinacria. 
Inutile dirlo: Bello - bello!
Nel 2004 esce "Come inguaiammo il cinema italiano", omaggio a Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, dove gli autori mescolano materiale di repertorio ritrovato negli archivi RAI, sketch dei due comici, agghiaccianti siparietti del tipo "Cinico TV" e interviste a personalità del mondo del cinema e dello spettacolo (tra i quali, Pippo Baudo, Bernardo Bertolucci, Lando Buzzanca, Lino Banfi). 
Più che un documentario, è un imperdibile percorso iniziatico nella mitologia dei due comici e negli inferi della nostra cinematografia di quegli anni ruggenti. 
Oltre ai numerosi corti e mediometraggi, tra cui il documentario "Enzo, domani a Palermo!" (1999), che racconta la storia di Enzo Castagna (che interpreta la parte di se stesso), un organizzatore cinematografico siciliano, collaboratore di alcuni grandi registi, quali Vittorio De Sica, Pier Paolo Pasolini, Francis Ford Coppola, Giuseppe Tornatore, che viene condannato su accusa di un collaboratore di giustizia per aver preso parte ad una rapina organizzata dalla mafia e avvenuta all'ufficio postale centrale di Palermo, presentano a teatro lo spettacolo multimediale "Palermo può attendere" (2002), prodotto per la Biennale di Venezia, in cui gli attori in scena interagiscono con attori e scenografia proiettati su tre schermi. 
Dopo un lungo percorso insieme, i due decidono di separarsi, sembra perché Ciprì si sia stancato dell'intransigenza di Maresco e viceversa Maresco si sia stancato delle ambizioni commerciali di Ciprì. 
Vabbé, peccato ma il mondo va avanti... 
"Io sono Tony Scott, ovvero come l'Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz", uscito nel 2010 è il primo documentario realizzato in solitaria dal nostro Franco. 
Narra la vera, amarissima parabola del clarinettista che, emigrato piccolissimo negli USA, diventa uno stimato jazzista. 
Dopo l'epoca d'oro in America, decide di viaggiare verso l'oriente, dove pone le basi della world music, per poi tornare in Italia. 
Il paese dell'infanzia, ostile e irriconoscente, lo abbandonerà a se stesso, svilendo il valore della sua musica, chiamandolo a suonare durante piccole sagre paesane di fronte a un pubblico annoiato e meschino. 
Maresco dimostra, con distacco discreto, come l'arte abbia bisogno di spazi e riconoscimenti per poter vivere senza restrizioni di libertà. 
In un paese come il nostro, dove sempre più la parola "cultura" vive agli angoli della quotidianità, uno come Tony Scott finisce per vivere in strada, come un nomade disperato, ingloriosa metafora dei nostri tempi oscuri. 
C'è qualcosa che non va se un artista come lui finirà sepolto in una tomba in prestito! 
Tempo qualche anno e dovrà andarsene anche da lì per lasciare il posto a qualcun altro! 
Dopo lunghissime traversie produttive e umane, nel 2014 esce "Belluscone - Una storia siciliana", una sorta di documentario sul berlusconismo siciliano che diventa, più che un film politico, un vero saggio antropologico sulle miserie di Italia. 
Ma è anche un documentario nel documentario perché contemporaneamente racconta la disgraziata realizzazione della non - realizzazione dello stesso. 
Pellicola geniale di metacinema, al di là delle implicazioni politiche che, ribadiamo, in questo Almanacco non trovano né troveranno posto. 
Nel 2015 esce "Gli uomini di questa città Io non li conosco - Vita e teatro di Franco Scaldati", un'opera amara che attraverso la parabola drammaturgica di Franco Scaldati racconta un Paese letteralmente allo sbando. 
Fa male sapere che per il nuovo progetto (un fantomatico "Belluscone due, la vendetta"), Maresco non riesca a trovare nessun interlocutore.
Troppo intransigente, troppo "non amico gli amici" per poter lavorare in questo disgraziato paese.
Alla fine saremo retorici: quanto ci piacerebbe che Ciprì e Maresco tornassero insieme! 
Comunque vada ci mancano…
Tanti auguri, Franco!

Nota a margine: Daniele Ciprì, nato a Palermo il 17 agosto del 1962, dopo la rottura del sodalizio con Maresco, a parte il suo lavoro come apprezzatissimo direttore della fotografia, che lo impegna con i maggiori registi italiani, e come docente, ha realizzato un documentario, "Era una volta" (2008), sull'allestimento di uno spettacolo del grande puparo Mimmo Cuticchio, e due film, molto meno "estremi" (e meno interessanti) del suo ex-collega, le commedie grottesche "È stato il figlio" (2012), con un favoloso Toni Servillo, e "La buca" (2014). Suo l'ultimo videoclip di Vinicio Capossela, "Il povero Cristo".

"Voce off: "Mangia?" 
Signor Giordano: "I vermi"
Voce off: "Ma… non dovrebbero essere i vermi a mangiare lei?"
Signor Giordano: "In questo caso è il contrario: sono io che mi mangio i vermi."
Pietro Giordano - Cinico TV

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

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