NERO CARIOCA
Siamo davvero spiacenti, cari amici dei Mutzhi Mambo, ma ancora una volta ci siamo lasciati sfuggire un lutto, e ché lutto!
Oddio, solo colpa nostra non è: sarà stato il virus a convogliare in esclusiva l'attenzione mediatica, sarà stata la nota miopia e ignoranza dei nostri mezzi di informazione, ma della scomparsa del brutale RUBEM FONSECA, uno dei maggiori scrittori brasiliani nonché maestro assoluto della letteratura noir, non ne ha parlato praticamente nessuno!
Per fortuna (!?) che avevamo già in programma di celebrarlo per festeggiare il suo compleanno, così ci siamo per caso imbattuti nella ferale notizia che Rubem Fonseca ci ha lasciato il 15 aprile di quest'anno; è passato quasi un mese e ce ne siamo accorti solo ora!
Speriamo allora di poter rimediare almeno un po', col nostro modesto contributo, a questo ingiusto e assolutamente ingiustificato oblio.
Le sue opere, scritte con uno stile secco e diretto, debitore dei migliori autori hard boiled ammerigani, descrivono spesso solo il lato peggiore degli uomini, animali violenti che vivono ai margini, in un mondo fatto di assassini, prostitute, poveri e disgraziati.
Per tratteggiare la violenza endemica della società brasiliana, usava registri narrativi diversi, dal resoconto freddo e distaccato come un rapporto di polizia (e lui a fare lo sbirro aveva passato diversi anni...), all'immedesimazione emotiva più totale e drammatica, quasi autobiografica.
Per molti è l’autore contemporaneo che ha reso meglio di tutti l’idea della povertà della popolazione nel grande paese sudamericano, grazie alla sua capacità di narrare in modo distaccato, usando uno stile crudo ma anche ironico, con un peculiare gusto del paradosso.
La critica letteraria lo considera l’iniziatore di un genere letterario autonomo, tipicamente carioca: il “brutalismo”, il cui nome è davvero un programma.
Rifiutando la retorica rurale ed esotica che vorrebbe il Brasile come una sorta di paradiso terrestre, povero ma spensierato, sin dagli esordi letterari negli anni '60, Fonseca ha scelto una scrittura urbana, veloce, tesa fra quotidianità e iperrealismo, che ruota tutta intorno ai distretti di polizia e ai controversi rapporti con le figure femminili ed il sesso, visto anch'esso come una cosa malata, animale, sempre e comunque violenta.
Le sue storie criminali cariche di oscurità e oscenità sono state giudicate alla stregua di tetre metafore del marciume che si annida nella società brasiliana.
Il suo personaggio più celebre, protagonista o secondario di gran parte dei suoi libri, è Mandrake, un avvocato penalista carioca: seguendo le sue sue azioni, tra commissariati di polizia e alcove, il lettore si perde in una dimensione del tutto originale, complessa e a volte disturbante, che è il marchio di fabbrica della scrittura di Fonseca.
Il suoi romanzi e racconti hanno molto successo in patria ma essere un autore di best-seller poteva rivelarsi una distinzione irrisoria in un paese in cui relativamente poche persone leggevano e una normale tiratura era di poche migliaia di copie: in uno stato noto per avere più televisori che frigoriferi, Fonseca raggiungerà la vera fama quando molti dei suoi lavori verranno adattati per il cinema e la TV.
Purtroppo di penna e basta, nel Paese del samba, è difficile campare...
José Rubem Fonseca nasce l'11 maggio del 1925 a Juiz de Fora, una città dello stato di Minas Gerais.
I suoi genitori sono immigrati portoghesi.
La famiglia si trasferisce a Rio quando il nostro ha 7 anni.
Dopo aver studiato legge, Fonseca entra in polizia, divenendo poi ufficiale nel 1952: sarà commissario in una centrale delle favelas per poi passare a lavorare principalmente nelle pubbliche relazioni per il dipartimento di polizia.
Nel 1953, è uno dei nove ufficiali scelti per trascorrere un anno alla New York University a studiare economia aziendale.
Lascia la polizia nel 1958 e in seguito diventa direttore dell'Istituto di Studi e Ricerche Sociali del Brasile, una delle istituzioni che sosterrà il colpo di stato militare nel 1964 e il tremendo regime che ne seguirà.
In seguito il nostro negherà ogni coinvolgimento nel golpe e di aver appoggiato l'esercito, sebbene diversi documenti raccontino una storia diversa.
Ma indipendentemente da ciò, in seguito si opporrà fieramente al regime militare, tanto che, nel 1975, il suo libro di racconti "Feliz Ano Novo" viene bandito dalla censura e descritto, dal ministro dell'istruzione, come "oscenità letteraria".
La pornografia però è solo un pretesto per sequestrare il libro, i cui racconti parlano, con disarmante e spietato cinismo, dello sfascio sociale e morale in cui si è ridotto il paese in quegli anni, cosa che in una dittatura è sempre bene non sottolineare, se si vuol viver tranquilli...
Il libro verrà ristampato in Brasile solo nel 1986, tre anni dopo la fine della dittatura, e diventerà subito un best seller.
La sua prima raccolta di storie, "Os Prisoneiros" ("I prigionieri"), pubblicata nel 1963, ha un notevole impatto sui lettori per il suo spostare l'ambientazione dalle campagne (che la narrativa brasiliana aveva sempre favorito come contesto), ad un ambiente urbano, riflettendo così la profonda trasformazione del paese da un'economia in gran parte agricola a una pesantemente industriale.
Ispirato dal suo amico Thomas Pynchon, adotta uno stile di vita schivo: non si lascia fotografare e non concederà mai interviste, a parte una, quando parla brevemente alle telecamere TV nel 2013, per le celebrazioni del suo 50° compleanno come scrittore.
L'occasione è l'apertura di una piccola biblioteca che aveva personalmente allestito per i lavoratori pendolari di Rio de Janeiro.
Fra le sue opere tradotte in italiano citiamo: "La grande arte" (1983), il suo romanzo più famoso, in cui un avocado donnaiolo si trova alle prese con una videocassetta scottante; "Agosto" (1990), un intricato giallo ambientato nel 1954, in cui il commissario Alberto Mattos indaga sull'omicidio di un uomo d'affari, svelando presto relazioni molto pericolose, connessioni sorprendenti con le tensioni politiche e sociali che dilagano nel paese e che conducono sulle tracce di uomini vicini al presidente; "Romanzo Nero" (1992), in cui un congresso di letteratura poliziesca è teatro di una storia di delitti che è al tempo stesso un ritratto spietato del mondo dell'editoria e una satira raffinata del genere noir; "Vaste emozioni e pensieri imperfetti" (1988), thriller in cui, sullo sfondo di un Brasile spietato e per niente folkloristico, un uomo qualunque si ritrova trasformato suo malgrado in investigatore, in un gioco appassionante di rimandi letterari e cinematografici; "Bufo & Spallanzani" (1986), in cui uno scrittore nevrotico ed erotomane si trova improvvisamente implicato nella morte sospetta della ricca amante; "Diario di un libertino" (2012), dove, tra coinvolgimenti sentimentali al limite dell’incesto involontario, torbide vicende di droga e sadomasochismo, accuse di violenza carnale e uccisioni sospette, uno scrittore in crisi si troverà a dirimere una vicenda complicatissima, dalla quale uscirà completamente cambiato; "E nel mezzo del mondo prostituto, solo amore pel mio sigaro ho tenuto" (1997), anche qui una complessa vicenda fra crisi personali e delitti; "Il Seminarista" (2013), incentrato su un vecchio sicario che non riesce ad andare in pensione; "Mandrake, la Bibbia e il bastone" (2005), altre due indagini del suo avvocato; "Lei e altre donne" (2006), brevi racconti di relazioni estreme; "L'arte di andare a piedi per le strade di Rio de Janeiro" (2001), e "Il buco nella parte" (1995), altre raccolte di fulminanti e visionari racconti brevi.
Il suo romanzo più popolare, "La Grande Arte", diviene la base del primo lungometraggio del regista Walter Salles, "The Knife", nel 1991.
Il suo libro più acclamato dalla critica, "Agosto", viene ridotto in una miniserie per Globo TV, mentre "Bufo & Spallanzani", viene trasformato in film nel 2001, diretto da Flavio Tambellini e interpretato da alcuni dei migliori attori brasiliani.
Una sceneggiatura di "Man of the Year", che Fonseca adatta da un romanzo di Patricia Melo, viene diretta da suo figlio, José Henrique.
Nel 2003, il nostro riceve il premio "Camoes", il più alto riconoscimento letterario in lingua portoghese, sponsorizzato dai governi del Brasile e del Portogallo, e, nel 2015, vince il premio "Machado de Assis" dell'Accademia brasiliana di lettere.
Il suo discorso di accettazione sarà proverbialmente breve: "Sono un uomo idiosincratico, e le idiosincrasie non si spiegano da sole".
Il grande scrittore muore all'ospedale Samaritano di Rio dopo essere stato colto da un attacco di cuore nel suo appartamento, nel quartiere di Leblon, il 15 aprile del 2020, poco prima di compiere 95 anni.
Oltre al figlio regista, gli sopravvivono altri due figli, Maria e Jose Alberto.
Sua moglie Thea era già morta nel 1997.
Bene, sperando di avervi rinfrescato la memoria su un immenso autore dalle nostre parti non troppo celebrato, o di avervi fatto conoscere un vero cavallo di razza della letteratura di genere, non ci resta che augurarvi buona lettura.
Ma con un'avvertenza: le opere di Fonseca sanno essere cattive davvero, quindi occhio...
Onore a Rubem Fonseca!
"Come se mi potessi dimenticare quel creolo che fingeva di abitare nelle caverne con le blatte, ma non era del ramo e odorava di sapone profumato e aveva un orologio super chic al polso e quando si mise la mano alla cinta per tirare fuori l'arnese gli sparai un colpo in testa e mi tenni la sua arma, una Glock 18, automatica, una bellezza, la miglior cosa che l'Austria ha dato al mondo. Ma era calda e quando me l'hanno beccata mi hanno riempito di botte, mi hanno rotto due denti qui di davanti, mi hanno sfasciato la mano destra, volevano che confessassi che avevo ucciso il creolo e dissero che se avessi detto chi mi aveva contrattato avrebbero aleggerito la mia situazione, ma non aprii il becco, non confessai nessun cazzo di niente..."
Ruben Fonseca - Belinha (da "Lei e altre donne")