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Orgogliosissimi di essere stati nominati in questo benemerito programma! Siamo infatti stati citati, col nostro nuovo album IL MALE È DENTRO, in WONDERLAND, un programma televisivo, in onda su Rai 4...

UN ALTRO GIORNO ALMENO, il primo video tratto dall'album "Il Male è Dentro" è su YouTube! È giusto ammazzare in nome di Dio (o come vi piaccia chiamarlo)? Una domanda quanto mai attuale, cari amici...

IL PEGGIO DEL PEGGIO

Siete pronti per un altro viaggio nei meandri del Pulp più sordido, dei più squallidi B-movie, del peggio del peggio del trash italiano?
Allora, cari amici dei Mutzhi Mambo, montate in carrozza che si parte!
Capotreno non può essere che il malfamato BITTO ALBERTINI, autore di pellicole diventate leggenda, da quanto sono orrende!
È suo il più brutto dei film apocrifi di Pierino!
Avete capito bene: non il più brutto dei film di Pierino ma degli “apocrifi” dei film di Pierino!
Quelli “finti”!
Quelli dove non c’erano manco Alvaro Vitali e Michela Miti a sollevare la media.
E questo la dice lunga…

Bitto Albertini9
In realtà Bitto Albertini non era nemmeno male come regista: era anzi piuttosto “professionale” e curava abbastanza (nei limiti permessi dai miserabili budget di cui disponeva…) i suoi film.
Peccato che la maggior parte dei suoi lavori siano poi delle cagate pazzesche!
Discontinuo nel livello artistico, Albertini manteneva sempre in ogni sua pellicola una grande serietà ed un'attentissima cura formale, presenti perfino in opere per altri aspetti decisamente volgari e bassamente commerciali: questo, volendo, gioca paradossalmente a suo sfavore, perché i suoi film non hanno neanche quel fascino delirante che hanno i lavori veramente malriusciti di altri registi più scarsi.
Ha diretto polizieschi, spaghetti western, thriller, pellicole “mondo”, soft-core, commedie pecorecce, ma il meglio di sé lo ha dato con i film avventurosi, dove almeno riusciva a dare ritmo e dinamismo alle storie.
Albertini è la prova che, nel mondo del trash, a volte paga di più essere completamente incapaci…

Adalberto “Bitto” Albertini (a.k.a. Al Albert, a.k.a. Albert Thomas) nasce a Torino, 5 settembre 1923.
Entrato diciottenne nel cinema come assistente operatore, dopo un breve apprendistato in alcuni film girati durante la guerra, nel 1946 viene scelto come operatore per il film “Addio, mia bella Napoli”, con il regista Mario Bonnard.
In seguito, affianca all'attività di operatore, come in “La fiamma che non si spegne” del 1949, con la regia di Vittorio Cottafavi, quella di direttore della fotografia, che svolge fino al 1965.

Bitto Albertini2In questa attività Albertini dimostra grande accuratezza ed eccellenti qualità tecniche, tanto che la bellezza del suo bianco e nero, degna forse di migliori soggetti, può riscattare, almeno in parte, la desolante mediocrità dei numerosi film per cui lavora.
Nel 1966 decide di dedicarsi alla regia, attività nella quale si impegnerà fino al 1985, celando spesso la sua identità sotto vari pseudonimi.
Esordisce con un film di cui è anche soggettista, sceneggiatore e organizzatore generale: “Supercolpo da 7 miliardi”, un dignitoso heist-movie a basso costo che non brilla per originalità ma tutto sommato risulta ben realizzato.
L’anno successivo Albertini eredita dal regista Gianfranco Parolini la saga dei “3 Supermen”, serie di filmetti avventurosi da parrocchia a base di ingredienti semplici: costumi kitsch, fra i wrestler e le maschere di carnevale, risibili intrecci spionistici e tante scazzottate.
Il nostro ne firma ben quattro sequel: “3 Supermen a Tokio”(1967), “Goldface - Il fantastico Superman” (1967), “Che fanno i nostri Supermen tra le vergini della jungla?” (1970), e “Crash! Che botte... Strippo strappo stroppio” (1974).
Di tutti si segnala il terzo che cerca di rimpolpare la saga con esotismi d’accatto e qualche discinta “indigena” ma neppure le belle vergini della giungla, capitanate dalla fantastica Femi Benussi, riescono a sollevare le sorti di questa miserevole avventuretta, forse la peggiore (e ce ne vuole!) dei tre sedicenti Supermen.
Comunque, occultato fra le pieghe delle gag comiche (spesso involontarie), questo “capolavoro” della saga è un vero trionfo del "politicamente scorretto": razzismo verso gli africani e i russi visti come irrimediabilmente cattivi.
Nel 1969 Bitto firma “I Diavoli della guerra”, War-movie fatto al risparmio e nel ’70 lo spaghetti-western “I vendicatori dell’Ave Maria” che, nelle intenzioni, doveva essere violentissimo (infatti i morti abbondano) ma alla fine risulta comico, più vicino a “Trinità” che a “Django”…
Fuori tempo massimo gira il peplum “Il Gladiatore più forte del Mondo” (1971), film “sandaloni” in cui, complici rutti e battute in romanesco, prevale l’idea di una parodia non voluta del genere.
Albertini allora ci prova col giallo all’italiana, uno di quelli coi titoli zoomorfi che all’epoca vanno di moda, ma anche “L’Uomo più velenoso del Cobra” (1971) non va al di là dello squallore.
Anche l’infame filone “decamerotico” viene vergato dal nostro col cultissimo (più che altro per il titolo) “Metti lo diavolo tuo ne lo mio inferno” (1972), solita storia pecoreccia ambientata in un medioevo posticcio, che non si salva nemmeno per le tipe nude (non granché…), e bissato dall’ancora peggiore sequel “...e continuavano a mettere lo diavolo ne lo inferno” (1973).
“Zambo - Il dominatore della foresta” (1972) è un incredibile simil-tarzan di indescrivibili sciatteria e mancanza di logica, complice il reiterato inserimento nella vicenda di scene palesemente di repertorio (cascate, animali selvaggi eccetera), mentre “4 caporali e ½ e un colonnello tutto d'un pezzo” (1973) è una debole farsa militaresca.
Curiosa la commedia “Il santo patrono”, nella falsariga di Don Camillo, che si segnala più che altro per la presenza, nel ruolo del prete, di Lucio Dalla (!).

Bitto Albertini5
“Che botte ragazzi!” (1975), con Tommy Pogart e il cinese Chen Lie ad imitare Bud Spencer e Terence Hill, è un mélange spaghetti-western/Kung fu-movie, impreziosito dalla prova di un mefistofelico Klaus Kinski, probabilmente passato lì per caso...
“Emanuelle nera” (1975) è l’inizio della fortunata serie erotica con protagonista la giornalista interpretata dall’esotica Laura Gemser, vestale dell’amore facile e libero, senza inibizioni.
Albertini si ferma al piano prettamente sessuale (con qualche breve volo romantico), mentre nei successivi capitoli diretti dall’esperto Joe D’Amato, la fotoreporter sarà invischiata in avventure e issioni intriganti e pericolose, sconfinanti nel thriller.
Splendida la colonna sonora di Nico Fidenco,
La Gemser però manca nel sequel di questa serie cioccolato della saga, “Emanuelle nera 2” (1976), e si vede!
Il successivo “Il mondo dei sensi di Emy Wong” (1977), spacciato anche come “Emanuelle Gialla”, è in realtà la triste biografia di una prostituta asiatica che non riesce ad essere né erotica né drammatica.
Meno che mediocre “6000 km di paura” (1978), thriller ambientato nel mondo delle corse di rally, e anche peggio il trashissimo “Giochi erotici nella terza galassia” (1981), sequel non ufficiale del già pessimo “Star Crash” di Luigi Cozzi.
Ma il fondo più fondo Albertini lo tocca col famigerato “Che casino... con Pierino” (1982), orrendo sequel apocrifo di Pierino: inguardabile!
Bitto chiude la sua triste carriera con dei “mondo”-movie fuori tempo massimo e veramente brutti, anche rispetto alla “media”, non certo eccelsa, del genere: “Nudo e crudele” (1984), “Nudo e crudele 2” (1985) e “Mondo senza veli” (1985).
Adalberto muore a Zagarolo il 22 febbraio del 1999.
Che dire…il cinema sopravvivrà anche senza di lui?
Noi pensiamo di sì…
Onore a Bitto Albertini!

“Pierino: “Pronto, c'è il padrone di casa?"
Domestica: "No, è in bagno".
Pierino: "Ne avrà per molto?"
Domestica: "Non credo, quando è entrato stava già scoreggiando".
Pierino/Roberto Gallozzi – Che Casino con Pierino

Almanacco Pulp dei Mutzhi Mambo

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