2 marzo 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Personaggione. Piaccia o no, SERGE GAINSBOURG era un personaggione. Di quelli tosti, ganzi, eccessivi, controversi. Di solito, cari amici dei Mutzhi Mambo, non amiamo gli intellettuali che si mettono a fare i provocatori (qui nel Bel Paese ne abbiamo a secchiate, tutti odiosi!), ci stanno sul culo proprio, ma per il nostro Serge si chiude un occhio, anzi tutti e due! Anche perché, bisogna ammetterlo, aveva una voce della Madonna: marcia, sensuale, profonda. E poi era un artista vero, genuino, assolutamente coraggioso e un passo avanti a tutti, tanto che la sua poetica bohémienne ha influenzato una pletora di musicisti, almeno nei fini. Aveva l'innata capacità di rendere profondo e allusivo anche il motivetto più scemo. Infine, pur essendo un cesso, si trombava delle gran gnocche, e questo gli garantisce la nostra stima eterna, a prescindere! Figlio di immigrati ebrei russi, Lucien Ginsburg (così all'anagrafe) naque il 2 aprile del 1928. Il primo figlio della coppia, Marcel, morì a sedici mesi nel 1922 per una polmonite, poi ebbero una figlia, Jacqueline, nel 1926, infine dei gemelli, Liliane e Lucien, nel 1928, nati alla maternità dell'Hôtel-Dieu di Parigi nell'Île de la Cité, dopo che la madre aveva rinunciato al proposito di abortirli. La famiglia Ginsburg ottiene la nazionalità francese il 9 giugno 1932 e continuò a vivere a Parigi, coi proventi del padre orchestrale, ma venne presto identificata durante il periodo del totalitarismo e fu quindi costretta a fuggire nelle campagne fino al 1944. In quegli anni, Lucien fu costretto ad appuntare una stella gialla sulla sua uniforme di studente e iniziò a suonare, da autodidatta, il pianoforte. Di nuovo a Parigi per Lucien sembrava tutto cambiato: la scuola, una camicia di forza, la gente, noiosa, l’onta della persecuzione aveva lasciato un senso di amarezza. L’adolescenza, per il sedicenne, divenne quella di un maudit in erba, appassionato di arte, di sigarette e d'amore (ancora non ricambiato) per le femmine. Venne quindi iscritto dal padre ad un istituto d'arte per studiare pittura. Lì incontrò la modella russa Elizabeth Levitsky, segretaria di un amico di Salvador Dalí. La frequentazione con la donna, ed anche con l'artista surrealista, influenzarono moltissimo Lucien. Nel 1951, infatti, si sposò con la modella, da cui divorziò nel 1957. Lucien Ginsburg, stanco di un’identità ormai trapassata, divenne Serge Gainsbourg, omaggiando l’origine russa, la cui eco risuona della forza del nome Serge, e il pittore inglese Gainsborough. Inoltre era pronto a dare una svolta alla propria carriera con l'ingaggio al nightclub Milord L'Arsouille, ottenuto anche grazie all'amica Michèle Arnaud, giovane intellettuale e filosofa. Altra svolta è rappresentata dal fatto che cominciò a cantare da sé le proprie canzoni, fino ad allora scritte per essere interpretate dalla fatale Juliette Gréco. In questo periodo iniziò ad essere identificato con la figura dello chansonnier, malato per le donne, che sarà quella che lo contraddistinguerà per il resto della vita. "Du chant à la une!" venne pubblicato nel 1958. Il debutto di Gainsbourg spazia tra swing, jazz e musica d'autore, e il nostro Serge si candidò da subito come cantore per eccellenza della perdizione, osservatore acuto di un immaginario denso d’alcol, donne, adulterio, povertà, lavori miserabili, narrato con spirito malinconico e romantico, ma anche con sarcasmo e classe, indipendentemente da ogni cliché (anzi, sarà proprio lui a crearli, certi cliché!). Inoltre gran parte dell'ispirazione per i primi lavori, è dovuta alle poesie di Boris Vian, vera e propria ossessione per il trentenne Serge. Lo stesso anno andò in tournée e ritornò a casa dal padre, dove incise l'album "N° 2" (1959) con il pianoforte di papà, diversi pacchetti di Gitanes e parecchie dosi di caffè ed alcol. L'album è formato da otto canzoni in cui, grazie all'arrangiamento del fedele Alain Goraguer, si lascia spazio al pop-jazz, ma anche all'esotismo ammiccante, al folk tzigano ed alla ballate. Con la foto di copertina di "N° 2", Serge inizia anche a far circolare la sua inconfondibile immagine di lubrico guascone, elegante e sfrontato. Si aprirono per lui anche le porte del cinema, che lo resero una costante comparsa in molti film storici, in cui interpretava generalmente personaggi malvagi come Corvino, l'ufficiale romano che dava in pasto i cristiani ai leoni, nel film "La rivolta degli schiavi" (1960). Nel 1961 pubblicò "L'étonnant Serge Gainsbourg", in cui i toni si fanno più confidenziali e suadenti. Pur avendo molte, potenziali hit (dall'exotica al Sudamerica), l'album non ottenne un grande successo (meno di 5.000 copie vendute) e Serge rischiò di ritornare nella nicchia da jazz club, complice anche l'ondata twist di quegli anni. Prima pensò a tornare a dipingere, poi invece provò a volgere a suo favore gli eventi, includendo nell'album "Requiem pour un Twister", una vera e propria presa in giro per una delle tante mode passeggere che contagiavano anche l’ingessata Francia e lanciavano in orbita i giovanissimi Françoise Hardy e Johnny Halliday, poco più che adolescenti e testimonial privilegiati dello yé yé. Nel 1962 venne pubblicato "N° 4", quarto album in studio per Serge in cui iniziò ad approcciarsi anche all'inglese ("Intoxicated Man") e si rivelò sempre più un crooner marcio. Nel 1963 Serge venne chiamato per realizzare la colonna sonora del film "Strip-Tease" del suo amico Jacques Pointrenaud, a cui partecipò pure la splendida ma ancora sconosciuta modella Christa Paffgen, meglio nota in seguito come Nico. Nel 1964 Serge sposò Béatrice Pancrazzi, una donna aristocratica abbastanza possessiva che limitò anche il rapporto di Gainsbourg con Juliette Gréco e persino col vecchio pianoforte del padre. Questa parentesi di quiete domestica venne utilizzata per registrare in soli due giorni l'album "Gainsbourg Confidentiel" insieme al chitarrista Michel Gaudry ed al contrabbassista Elek Bacsik. Il quinto album in studio fu per Serge un gioiello jazz, elettrificato dalle chitarre, che venne salutato dalla critica come uno dei suoi migliori lavori. Nel 1964 venne inciso "Gainsbourg Percussions" che, come dice il titolo stesso, si avvalse di percussioni (cinque per la precisione) e di un coro di dodici ragazze francesi oltre che, come sempre, del pianista ed arrangiatore Goraguer. In questo disco quindi venne sperimentata la musica afro, reinterpretando anche "Kiyakiya" (che diventa "Joanna") e "Akiwowo" ("New York - USA") e "Gin-go-lo-ba" ("Marabout") di Babatunde Olatunji. Le recensioni del disco non furono confortanti, ma questo a Serge non importava un gran ché, essendo un artista che preferiva una libertà espressiva a 360 gradi, piuttosto che il successo a tutti i costi. Nel 1964 naque la sua prima figlia, Natascha. In questo periodo Serge iniziò a comporre canzoni pop, dirigendosi verso lo yéyé, per popstar giovani ed ingenue come France Gall (che col suo "Poupée de Cire, Poupée de Son" vinse l'Eurofestival nel 1965). Nel 1965, inoltre, la sua vecchia amica Arnaud, diventata produttrice televisiva, tornò sulla scena discografica con un album contenente "Les Papillons Noirs", scritta proprio da Serge. Ed è proprio lei che presentò a Serge il regista Pierre Koralnik, con cui girò il telefilm "Anna", che divenne pure un disco. In questi anni ritornò a frequentare Béatrice, ma l'evento che più di altri lascerà un segno nella vita e nella produzione di Serge fu l'incontro con quella topa di Brigitte Bardot, avvenuto durante uno show televisivo. I due reinterpretarono assieme il classico di Burt Bacharach "Raindrops Keep Fallin' on My Head". Naque un'immediata ed incontenibile passione che li portò a porre fine ai conti in sospeso coi relativi partner. I due diventano inseparabili e Serge scrisse per Brigitte diverse canzoni, tra cui una prima versione di "Je t'aime... moi non plus", registrata in una notte del 1967 a Parigi con l'arrangiamento di Michel Colombier. La coppia, durante le registrazioni, interpretò un cortometraggio in cui si vede il grado di "intimità" raggiunto dalla coppia. L'album che ne scaturì è "Bonnie and Clyde" (1968), ispirato alla nota coppia di rapinatori. Il disco contiene tracce già edite (cantate precedentemente da Anna Karina o dalla Gréco), revisioni di classici jazz (come "Everybody Loves My Baby", scritta da Spencer Williams) ed inediti, come la canzone che dà il titolo all'album ed è diventato un classico dell'easy listening. Nello stesso anno venne pubblicato "Initials B.B"., che sancì la fine del rapporto tra Serge e Brigitte. Gainsbourg, disperato di quanto accaduto (e ci possiamo credere...) portò a termine l'album da solo. Il disco contiene nuove rivisitazioni e altri inediti, come la title track, "Shu Ba Du Ba Loo Ba" e "Ford Mustang". Dopo la fine del rapporto con la Bardot, Serge si dedicò alla realizzazione di colonne sonore per il cinema. Nel 1969, nel film "Slogan", è attore e autore della colonna sonora, mentre Jane Birkin è la protagonista femminile (già conosciuta per il suo nudo minorenne in "Blow-Up" di Michelangelo Antonioni). Fra i due iniziò una relazione che portò Serge a lasciare la moglie incinta ma l'inizio di questo legame fu disastroso, in quanto Jane era ancora un ingenua ventenne che non conosceva il francese, mentre Serge era uno snob che spesso denigrava sul set la giovane inglese. Serge propose a Jane di reinterpretare "Je t'aime... moi non plus", e lei accettò saltando gli ostacoli, dovuti innanzitutto al fatto che quella canzone era legata a Brigitte Bardot e in secondo luogo alla lingua. La nuova versione del brano apre l'album "Jane Birkin - Serge Gainsbourg" inciso a Londra nel 1969. La nuova versione, pubblicata nel febbraio del 1969, divenne immediatamente oggetto di scandalo. Giunta in Italia, nell'estate successiva, venne da prima censurato dalla Rai, che ne proibì la diffusione e vietò categoricamente a Lelio Luttazzi di pronunciarne il titolo nella trasmissione radiofonica Hit Parade, nonostante il disco si trovasse allora ai primi posti della classifica. In seguito il Vaticano, attraverso L'Osservatore Romano appoggiò la decisione della RAI e Paolo VI emise una scomunica nei confronti del produttore del brano. Nel Regno Unito venne bandito dalla BBC e il disco venne ritirato. Le altre dieci canzoni che compongono il disco fanno semplicemente da contorno: in esse c'è molto spazio per Jane esoprattutto si segnala per "L'anamour", elegia del rapporto sodomita, composta originariamente per Françoise Hardy. Nel 1971 uscì il capolavoro "Histoire de Melody Nelson", un inno all’innocenza e alla perversione, alla fantasia e alla morte, al possesso e alla perdita, all’iniziazione e alla consapevolezza. Ma il rapporto con Jane iniziò a deteriorarsi e Serge si mise a lavorare a nuovi progetti. "Vu De L’Exterieur" è un concept fisico, legato al culo, che riempirà le fitte e ironiche pagine di “Gasogramma”, romanzetto semi-autobiografico su un artista il cui stile è determinato da una particolare forma di pittura anale. Il tema dell’analità, di quella che, per Serge, è espressione di cruccio e caduta dall’umanità all’animalità, diventa il leit motiv di quasi tutto l’album: alcune tracce, già dal titolo, lasciano poco spazio all’immaginazione (“Panpan Culcul”, “Des Vents, Des Pets, Des Poums”, “Pamela Popo”), altre, come “La Poupée Qui Fait”, dedicata alla piccola Charlotte, sono delle piccole e buffe dediche. L'album, com'era prevedibile, spiazza tutti, non viene compreso, e il 1974 è un anno di completa vacanza dalla scena. Il successivo "Rock Around The Bunker", scritto sul traghetto Calais-Dover diretto in Inghilterra, venne costruito su una dissacrazione del nazismo, con cui Serge aveva tutti i motivi per avercela. L’album è un concept rock’n’roll blues, che va controcorrente, rispetto ai generi in voga in quel periodo, ma anche rispetto alla psichedelia raffinata dell’“Histoire”. Saltando a piè pari la deriva yè yè, si torna finalmente al classic rock’n’roll, Hacksaw suona il pianoforte à-la Jerry Lee Lewis (“Nazirock”), si gioca con le parole e le allitterazioni, in liriche praticamente intraducibili (“Tata Teutonne”), fino a reiterpretare, stravolgendola, la doorsiana "Roadhouse Blues". L’occasione per un riscatto dagli ultimi insuccessi gli venne offerta davun colpo di fulmine, seguito dall’acquisto immediato, di un’insolita scultura, raffigurante un uomo a grandezza naturale, con un cavolo al posto della testa. "L’Homme à Tête de Chou" è l’opera dell’artista Claude Lalanne e divenne il titolo del nuovo disco di Serge. Cupo, opprimente, scarno, negli arrangiamenti di Hacksaw e dello stesso Serge, l’album è un concept, che, per alcuni versi, può essere considerato un possibile parallelo all’Histoire de Melody Nelson, una sorta di sua immagine al negativo, più frastagliata e colpevole, molto più forte di tanto punk del 1977. Il produttore Philippe Lerichomme invitò Gainsbourg ad affrontare un nuovo percorso: Serge volò in Giamaica e iniziò a lavorare con musicisti reggae, contaminando il suo genere french in quello che verrà definito "freggae". L'arrivo di Serge in Giamaica venne accolto con molto entusiasmo, ma il progetto di Gainsbourg non prevedeva affatto atmosfere festaiole. Il risultato infatti, "Aux armes et cætera" è un concentrato di provocazioni: l'inno nazionale francese, venne sarcasticamente trasformato nella title track mentre altre canzoni narrano di droga, alcol e sesso selvaggio. Le vendite del disco andarono a gonfie vele. L'album, uscito nel marzo 1979, conquistò il disco d'oro ma suscitò la patria l'indignazione per la profanazione della Marsigliese. Serge decise di promuovere comunque il disco in un tour europeo, con annessi strascichi di polemiche ed esibizioni non proprio tranquille, condite da minacce di morte da parte dei veterani e di esponenti neofascisti. Il legame tra Gainsbourg e Jane Birkin, nel frattempo, diventava sempre più problematico. Dopo aver tentato il suicidio gettandosi nella Senna, Jane, nel frattempo diventata madre, decise di lasciare Serge per il regista Jacques Doillon. Nel 1980 Serge ritornò ad essere single e disperato e, per quanto riguarda la sua attività artistica, il nome Serge Gainsbourg lasciò il posto a quello di Gainsbarre. Il suo alter ego pittore Evguénie Sokolov sconvolge come protagonista di "Gasogramma", romanzo sull'arte del segno inciso da una mano attraverso le vibrazioni del peto. ; il discorso continua con "Mauvaises Nouvelles des Etoiles", dall titolo da un’opera di Paul Klee appesa nel suo salotto, secondo e meno riuscito disco reggae, realizzato con gli stessi musicisti di "Aux armes et cætera". Sempre nel 1981 scrive per Catherine Deneuve l'album "Souviens-toi de M'Oublie" e per Isabelle Adjani "Pull Marine". Dalla relazione con la modella Caroline von Paulus, in arte Bambou, nasce il suo quarto figlio, Lucien, detto Lulu. Nonostante i fumi dell'alcol, l'imminente cecità e i sintomi di una cirrosi, Serge continua a lavorare con colonne sonore ed altro. In televisione, nel marzo 1984, è protagonista di un altro scandalo: brucia una banconota da 500 franchi per ribellarsi al sistema fiscale troppo pressante. In un'altra ospitata televisiva dichiara a Whitney Houston, ospite con lui del programma, l'intenzione di voler portarla a letto alla fine della trasmissione. Nello stesso periodo esce il suo album "Love on the Beat" che viene registrato nel New Jersey con il chitarrista Billy Rush ed altri musicisti (Larry Fast, Stan Harrison, Steve e Gorge Simms). Il risultato è un disco synth pop la cui copertina ritrae Serge truccato da donna (il tema dell'omosessualità ricorre anche in "Kiss Me Hardy"). Altro discorso vale per lo scandalosissimo videoclip "Lemon Incest" in cui l'adolescente Charlotte Gainsbourg e suo padre si dichiarano amanti su una base di Chopin. Era chiaramente una provocazione, ma questo tabù non era mai stato affrontato con tanta, spietata franchezza e risulta tuttora disturbante. L'ultimo capitolo in studio della produzione di Gainsbourg è "You're Under Arrest" (1987), dedicato alla polizia. Negli ultimi quattro anni della sua vita, quasi cieco ed al limiti dell'alienazione, Serge si consacrò definitivamente ai vizi ed iniziò a frequentare abitualmente l'ospedale. La notte del 2 marzo 1991, nella sua casa di Rue De Verneuil, Serge, poco più che sessantenne, muore a causa di un attacco cardiaco. È la fine di un epoca, di tutte le epoche possibili....

"Je t’aime je t’aime
Oh oui je t’aime
Moi non plus
Oh mon amour
Comme la vague irrésolue
Je vais, je vais et je viens
Entre tes reins
Je vais et je viens
Entre tes reins
Et je me retiens
Je t’aime je t’aime
Oh oui je t’aime
Moi non plus
Oh mon amour
Tu es la vague, moi l’île nue
Tu vas, tu vas et tu viens
Entre mes reins
Tu vas et tu viens
Entre mes reins
Et je te rejoins
Je t’aime je t’aime
Oh oui je t’aime
Moi non plus
Oh mon amour
L’amour physique est sans issue
Je vais je vais et je viens
Entre tes reins
Je vais et je viens
Je me retiens
Non, maintenant viens"
Serge Gainsbourg - Je t'aime...Moi non plus

Serge Gainsbourg

1 marzo
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Niente artisti oggi, cari amici dei Mutzhi Mambo: nessun cantante, nessun musicista, nessuna pin-up, niente disegnatori o scrittori, non un attore e nemmeno un regista. In deroga alle leggi non scritte di questo Vostro Almanacco, oggi celebriamo un editore, e che editore! Il grandissimo WILLIAM GAINES, signore e signori, l'uomo che ha cambiato per sempre l'immaginario di migliaia di ragazzini! In peggio, oltretutto... Senza le sue pionieristiche e coraggiose pubblicazioni, i pischelli degli anni '50 sarebbero rimasti a Superman e Capitan America, avrebbero pensato che il peggio che gli potesse succedere sarebbe stata un'improbabile invasione aliena, dei buzzurri armati di mitra che sfidavano la polizia o qualche ex-nazi che ci riprovava a conquistare il mondo. Gaines, nei fumetti, ha dato invece la stura all'orrore, quello vero, quello inquietante, quello che fa paura sul serio! Prima dei comics della sua EC, l'immaginario horror, specie cinematografico, era legato soprattutto a fascinazioni gotiche, in bianco e nero. Con i fumetti di riviste come "Tales of the Crypt" o "The Vaullt of Horror", l'orrore divenne esplicito, ripugnante, spietato. È difficile immaginare la produzione horror senza tali riviste. Anzi, è proprio impossibile giudicare la cultura del secondo '900, senza prenderle in considerazione come punto di origine: George Romero, Joe Dante, Stephen King, i Cramps, i Misfits, lo splatterpunk, lo stoner rock, solo per citare i casi più famosi. Dai fumetti EC non si può prescindere! Punto e basta! William Maxwell Gaines naque il primo marzo del 1922. Era figlio di Max Gaines, che come editore della divisione All-American Comics della DC Comics è stato anch'esso una figura influente nella storia del fumetto: sperimentò per primo, nel 1933, l'idea di confezionare e vendere fumetti direttamente in edicola e nel 1941, accettò la proposta di pubblicare il primo supereroe femminile, Wonder Woman. Allo scoppio della seconda guerra mondiale, il nostro Bill fu rifiutato dall'esercito degli Stati Uniti, dalla guardia costiera e dalla Marina, così andò al suo ufficio di leva e chiese di essere arruolato ugualmente. Fu impiegato come fotografo dell'aeronautica al campo Lowry Field di Denver. Tuttavia, quando venne assegnato a un campo di Oklahoma City che non aveva un impianto fotografico, passo tutto il periodo a non fare un bel niente (tranne grigliarsi bistecche...). Dimesso dal servizio nel 1946, tornò a casa per completare i suoi studi di chimica al Politecnico di Brooklyn, ma presto si trasferì alla New York University, con l'obiettivo di ottenere un certificato per insegnamento. Ma nel 1947, suo padre venne ucciso in un incidente di motoscafo sul Lake Placid. Invece di diventare un insegnante di chimica, Gaines rilevò l'azienda di famiglia, la EC Comics. Le iniziali stavano sia per "fumetti educativi" ("Educational Comics") che per "fumetti divertenti" ("Entertainment Comics"), e la società era conosciuta per i suoi adattamenti a fumetti delle storie della Bibbia (!). Il nostro Bill cambiò radicalmente genere e target: si creò la sua nicchia con l'orrore, la fantascienza, la satira e i fumetti di guerra. Le sue pubblicazioni, tra cui "Tales from the Crypt", "The Vault of Horror", "Shock SuspenStories", "Weird Science" e "Two-Fisted Tales", erano caratterizzate da storie con un contenuto molto piu estremo rispetto alla media dei fumetti dell'epoca. Le avventure horror EC non erano semplici accozzaglie di cliché orrorifici, ma avevano un approccio sottile, ricco di ironia macabra, satirica, di situazioni-limite che stimolavano la riflessione e la fantasia del giovane lettore con veri dilemmi morali e sorprendenti "capovolgimenti" finali. Allo stesso modo, i titoli fantascientifici affrontavano tematiche adulte come il "senso" del progresso e i pericoli dell'alienazione. In parte a causa della qualità superiore delle sue pubblicazioni, la EC imbarcò rapidamente una scuderia di artisti senza pari nel settore, una delle migliori di sempre. Fra i collaboratori regolari c'erano maestri come Wally Wood, Jack Davis, Will Elder, George Evans, Harry Harrison, Graham Ingels, Al Williamson, Johnny Craig, Reed Crandall, Jack Kamen, Bernard Krigstein, John Severin, Joe Orlando e Frank Frazetta: il Gotha del fumetto dell'epoca, che lavorava fianco a fianco con i leggendari editor/artisti Harvey Kurtzman e Al Feldstein. La casa editrice trattava i suoi illustratori con grande rispetto, pubblicando le loro biografie a tutta pagina e permettendo loro di firmare il loro lavoro, una rarità nei fumetti anni '50. La EC è stata unica nella sua "mancanza di uno stile" proprio e riconoscibile, in quanto incoraggiava gli autori a utilizzare le tecniche a loro più congeniali e distintive. Tutto questo fu reso possibile dalla spregiudicata strategia promozionale di Gaines: i lettori delle riviste EC venivano regolarmente presi in giro per il loro cattivo gusto nell'aver scelto un prodotto del genere! Risultato: i fan delle pubblicazioni erano sempre più fidelizzati, anche grazie al "giochino" di scoprire i nuovi modi con cui venivano di volta in volta ridicolizzati! Sempre più sotto pressione per trovare nuove trame con cui riempire i giornali, i fumettisti di Gaines iniziarono adattare storie tratte da autori classici, come Ray Bradbury, Edgar Allan Poe e Howard Phillips Lovecraft. Con la pubblicazione del famigerato "La seduzione degli innocenti" del dottor Fredric Wertham, i fumetti furono investiti da un'ondata moralizzatrice e attirano l'attenzione del Congresso degli Stati Uniti. Inutile dire che le pubblicazioni della EC entrarono nell'occhio del ciclone. Nel 1954, Gaines dovette testimoniare davanti alla sottocommissione per la delinquenza giovanile del Senato: i verbali di tali dichiarazioni sono un utilissimo documento per far luce sulla miopia delle istituzioni bigotte e su quanto fosse lucida e "avanti" la visione del nostro Bill. Ma comunque Gaines venne descritto dai media nazionali come l'editore più amorale d'America e come contraccolpo, nel 1955 la EC venne effettivamente emarginata dal mercato e dal Comics Magazine Association of America. Questo era un gruppo industriale che Gaines stesso aveva coinvolto nel settore, al fine di superare le barriere censorie imposte alla sua piccola casa editrice, ma ben presto perso il controllo della gestione a favore di John Goldwater, editor di innocue riviste per adolescenti della Archie Comics. Il medioevale Comics Code, che venne approvato dal governo e adottato dalla maggior parte dei maggiori editori del paese, conteneva restrizioni modellate specificatamente sulle linee horror e crime dei fumetti di Gaines. Anche se aveva già cessato di pubblicare la sua linea di comics horror, Gaines rifiutò di aderire al codice, considerandolo ipocrita e non applicabile alla nuova serie di fumetti realistici e "convenzionali" che stava promuovendo in quel periodo. Questo rifiuto, insieme alla sua già appannata reputazione, misero la EC sull'orlo del fallimento. Anche se Gaines alla fine cedette e accettò il codice, i distributori si rifiutarono di distribuire i suoi titoli nelle edicole. Il danno era stato fatto, e Gaines purtroppo abbandonò completamente i fumetti. Scelse di concentrare la sua attività su il solo titolo redditizio della EC, il famosissimo "Mad", albo satirico fondato nel 1952. Dopo che il distributore Leader News fallì nel 1956, la EC rimase con più di 100.000 dollari di debito. Gaines spese una fortuna per mantenere in vita la società fino a che un accordo potesse essere stipulato con un nuovo distributore. Con una mossa scaltra, Gaines convertì Mad in rivista nel 1955, cosa che gli permise di aggirare i vincoli del Comics Code (che riguardavano solo gli albi a fumetti). Riuscì così a mantenere al suo servizio il talentuoso editor Harvey Kurtzman, che aveva già ricevuto laute offerte da altri. Kurtzman lasciò comunque l'impiego un anno dopo ma venne sostituito dal valido Al Feldstein, che era stato l'editor più prolifico durante il periodo d'oro della EC Comics e rimase alla rivista dal 1955 al 1986. Insieme a Gaines continuò a curare "Mad" ottimamente, sempre con gusto per lo sberleffo e con odio per la retorica. Certo, ad un certo punto la satira del giornale non resse al confronto dei nuovi autori che uscivano dall'underground ed erano molto più corrosivi e coraggiosi, ma si mantenne sempre su buoni standard. Anche se "Mad" venne venduta nel 1960 per motivi fiscali, Gaines rimase come editore fino al giorno della sua morte e servì da cuscinetto tra la rivista e i suoi interessi corporativi. A sua volta, si mantenne in gran parte fuori dalla produzione della rivista, spesso limitandosi a visionarne i contenuti prima che venisse spedita alla stampa. "Il mio staff e collaboratori creano la rivista," dichiarò Gaines, "Quello che creo io è l'atmosfera." Altro motivo d'orgoglio del vecchio Bill, fu che per "Mad" rinunciò alla pubblicità, nonostante Kurtzman e Feldstein lo esortassero, senza risultato, ad accettarla. Anche il merchandising fu sempre scarso e fortemente supervisionato da Gaines, che a quanto pare, preferì rinunciare ai profitti piuttosto che rischiare di deludere i fan di "Mad" con prodotti accessori non conformi. Nel 1980, dopo il successo colossale di "Animal House", Gaines concesse il nome della sua rivista alla pessima parodia volgare di "Up the Academy". Quando il film si rivelò una schifezza, Gaines pagò di tasca sua la società cinematografica per rimuovere tutti i riferimenti alla rivista da tutte le stampe future e rimborsò privatamente i fan che scrissero lettere di reclamo. Ateo convinto, allegro, amante della buona tavola e dei vini, generosissimo ma capace di gesti di meschina avarizia, il grande Bill Gaines si è spento il 3 giugno del 1992. Di solito si rimpiangono gli artisti. In questo caso si rimpiange un editore. Perché di editori così non c'è ne saranno più! Garantito: li fanno fallire prima....

Kefauver: "Here is your May 22 issue [Crime SuspenStories No. 22, cover date May]. This seems to be a man with a bloody axe holding a woman's head up which has been severed from her body. Do you think that is in good taste? "
Gaines: "Yes sir, I do, for the cover of a horror comic. A cover in bad taste, for example, might be defined as holding the head a little higher so that the neck could be seen dripping blood from it, and moving the body over a little further so that the neck of the body could be seen to be bloody. "
Kefauver: "You have blood coming out of her mouth. "
Gaines: "A little. "
Kefauver: "Here is blood on the axe. I think most adults are shocked by that. "
Interrogatorio da parte del senatore Estes Kefauver a Bill Gaines presso il Senate Subcommittee on Juvenile Delinquency (1954)

William Gaines

28 febbraio 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Ma quanto erano belli i mostroni giapponesi di ISHIRÔ HONDA! Godzilla & Co., goffi e approssimativamente realizzati com'erano, non facevano certo paura ma avevano un fascino pazzesco, unico; l'attesa dello scontro finale si faceva spasmodica, mentre le più grandi metropoli (palesemente di cartapesta) venivano giù come birilli e areoplanini giocattolo esplodevano come petardi a Capodanno! Cosa c'era di più bello che ammirare due mostri pupazzosi mettersi in guardia come esperti di karate ritardati per affrontarsi all'ultima zampata? E cosa di più meraviglioso delle loro urla lancinanti che facevano rimbombare la saletta parrocchiale di IV visione? È un cinema che non c'è più, cari amici dei Mutzhi Mambo, anche proprio per come veniva fruito e "gustato": archeologia pura, come Pompei o le Piramidi...inutile rimpiangerlo adesso ma celebrarlo, perdio, quello si! Ishirō Honda naque a Yamagata, il 7 maggio del 1911. Le origini del nome sono curiose: essendo nato nell'anno del cinghiale, il padre fuse due nomi insieme, Ino (cinghiale) e Shiro (quartogenito), da qui Ishiro o Inoshiro come scritto in alcune biografie. Essendo bravo nel disegnare Ishiro Honda intendeva diventare un artista, e alla fine dedicò fin dall'adolescenza al cinema. Dopo aver conseguito un diploma in Belle arti, nel 1933 cominciò la sua carriera cinematografica presso gli studi del Photo Chemical Laboratory (in seguito casa di produzione Tōhō), dove lavorò alle dipendenze di Kajiro Yamamoto. Nel 1938 sposò Kimi, supervisionatrice delle sceneggiature. Arruolato per difendere il paese per tre volte, Honda fu fatto prigioniero per un anno in Cina. Fu qui che scoprì con orrore che Hiroshima e Nagasaki furono bombardate dalla bomba atomica. Sotto la guida di due illustri registi del cinema giapponese come il già citato Yakamoto e Akira Kurosawa, il giovane Ishirô accrebbe la sua esperienza fino ad essere secondo alla regia nel film "Cane randagio" nel 1949, in cui interpretò anche una piccola parte. Sempre negli stessi anni girò due documentari: "A Story of a Co-op" e "Ise Island". Finalmente, la svolta decisiva avvenne nel 1951 entrando nella Toho Ltd. Qui diresse il film di guerra "La Perla Blu". A questo ne seguirono altri, uno in particolare, "Operazione Kamikaze" (1953) fu la chiave che aprì la porta alla bestia atomica più famosa al mondo, "Godzilla" ("Gojira"). In questi anni si formò un trio formidabile tra regia-effetti speciali-produzione i cui membri erano: Ishirô Honda, Eiji Tsuburaya e Tomoyuki Tanaka. Tra il 1956 ed il 1958 i tre girarono vari film di guerra e commedie prima di passare definitivamente al genere Kajiu Eiga (film di mostri). Moltissima della sua produzione fu basata proprio sulla mutazione e contaminazione radioattiva. Debuttò nella regia con "Operazione Kamikaze" (1953), film di propaganda sull'ammiraglio Yamamoto Isoroku. Raggiunse la notorietà con il leggendario "Gojira", storia di un essere mostruoso risvegliato dal suo letargo nell'oceano Pacifico dalle sperimentazioni nucleari statunitensi, primo film di un'interminabile serie di lavori fantascientifici con mostri preistorici come protagonisti. Se Godzilla rappresenta un caso esemplare di successo dovuto a fattori imprevedibili ‒ tra cui il ricordo della bomba atomica, l'abilità nella costruzione di modellini del tecnico degli effetti speciali Tsuburaya Eiji, il fascino naif che il prodotto assunse all'estero ‒ i lavori successivi permisero a Honda di declinare il tema del mostro in tutti i modi possibili. Alcuni film, come "Jūjin yukiotoko" (1955, noto anche come Beast man snow man), vennero prodotti con capitali statunitensi e girati in versioni multiple con troupe diverse (come già accaduto per la versione americana di "Godzilla", interpolata con nuove sequenze interpretate da Raymond Burr); altri, come il molto apprezzato "Rodan, il mostro alato" (1956), grazie all'adozione del colore, spinsero sino all'eccesso la creazione spettacolare di bestie giganti. Da allora i mostri creati da Honda e Tsuburaya ‒ tra cui meduse volanti, farfalle macroscopiche, pterodattili, idre a due teste ‒ assunsero le caratteristiche di eroi popolari e fanciulleschi, destinati a scontrarsi in scenari metropolitani e apocalittici. Honda diresse, fra i molti, "Daikaijū Baran" (1958, noto anche come "Baran: monster from the East"), "Mosura" (1961), "Mothra" (1961), "Gorath" (1962) "Yosei Gorasu" (1962), "Atragon" (1963), "Watang! Nel favoloso impero dei mostri" (1964), "Ghidorah! Il mostro a tre teste" (1964), "Dogora - Il mostro della grande palude" (1964). "Matango il mostro" (1963), è un caso a parte: delirante esempio di horror metaforico, in cui i protagonisti vengono trasformati in enormi funghi, è considerato il capolavoro di Honda, grazie alle atmosfere morbose e all'ambientazione straniante. Oltre a inventare intere famiglie di mostri, Honda utilizzò anche personaggi fantastici già noti, ai quali del resto si era ampiamente ispirato: ne sono esempi titoli come "Il trionfo di King Kong" (1962), dove il gigantesco scimmione sconfigge Godzilla; il supercult "Frankenstein alla conquista della Terra" (1965; ), in cui la creatura di M. Shelley, tornata in vita, si scontra con l'orrido animale preistorico Baragon; o "Gli eredi di King Kong" (1968; ). Il regista sviluppò anche il settore della fantascienza extra-terrestre: a questo proposito vanno ricordati "I Misteriani" (1957) e soprattutto "Inferno nella Stratosfera" (1959), nel quale la stessa città di Tokyo viene letteralmente dissolta dagli alieni. Dalla seconda metà degli anni Sessanta, l'inventiva di Honda perse la vivacità surreale degli esordi e si spense tra rielaborazioni del solito genere fantastico: "L'invasione degli astromostri" (1965), "Il mostro Frankenstein" (1966), "Il ritorno di Gorgo" (1969), "La vendetta di Godzilla" (1969), "Atom, il mostro della galassia" (1970) e il malinconico "Distruggete Kong, la Terra è in pericolo!" (1975) furono le ultime, paradossali opere del regista, che nel 1975 lasciò il cinema per dedicarsi alla televisione e al ruolo di consulente tecnico per i film dell'amico Kurosawa. Negli ultimi vent'anni di vita riprese infatti la sua collaborazione con maestro del cinema del Sol Levante che nel 1980 regalò lo splendido "Kagemusha - L'ombra del guerriero", e divenne una sorta di consigliere speciale negli ultimi film del grande maestro giapponese, tutti straordinariamente sul tema del nucleare. Ishirô Honda si spense il 28 febbraio 1993 a Tokyo, per un attacco cardiaco. Beato un mondo dove i "mostri" sono quelli di cartapesta di Ishirô Honda...

"Sembra di essere tornati indietro di due milioni di anni. Questo sta accadendo sotto i miei occhi. Il mostro preistorico chiamato ormai da tutti Godzilla emerge in questo momento dalle acque. È più alto di un grattacielo di trenta piani."
Steve Martin/Raymond Burr - Godzilla

Ishiro Honda

27 febbraio 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Anche oggi una puntata over-size del vostro Almanacco, grazie alla meravigliosa voce di MILDRED BAILEY, la "Regina dello Swing", la prima grande (e grossa..) cantante ad avere successo nell'era delle orchestre Jazz! È stata però dimenticata, cari amici dei Mutzhi Mambo, e un po' troppo in fretta. Eppure, all'epoca, era famosissima, vendeva uno sfracello, era corteggiata dalle migliori band. Durante gli anni ruggenti della "Swing Era", lei e suo marito Norvo erano "Mr. e Mrs. Swing", per intenderci... Fra le ragioni di questo oblio ci possono essere motivi razziali (un razzismo rovesciato, come c'e ora nell'hip-hop: se sei bianco fai cacare, o comunque sei peggio per forza...). Poi, molti amanti del jazz hanno trovato strano il contrasto tra il tono alto, melodioso della Bailey con il sua stazza, alquanto corpulenta, abituati com'erano alle ciccione del blues con le loro vocione profonde e potenti. Ma soprattutto le ha giocato a sfavore l'essere contemporanea di due personalità monstre come Billie Holiday e Ella Fitzgerald... e purtroppo non c'era gara! Infine, i suoi problemi di salute, legati all'obesità, la costrinsero ad abbandonare le scene troppo presto, impedendole di raccogliere il giusto riconoscimento che, di solito, si tributa a un artista nella maturità. Influenzata dallo stile di Ethel Waters, Connie Boswell, e Bessie Smith, la nostra Mildred sviluppò un modo unico di cantare, morbido ma vario, riuscendo a deliziare il pubblico, ovunque apparisse in tutti gli Stati Uniti. Probabilmente viene più ricordata per il suo lavoro nel jazz ma la Bailey ha goduto di parecchio successo anche nella musica pop (e il pop, all'epoca, era roba seria..). Anche se è apparsa con alcune delle band di maggior successo della Swing Era (Paul Whiteman, Coleman Hawkins, Benny Goodman), ha finito la sua carriera come solista, segno dell'apprezzamento che migliaia di fan tributavano proprio a lei. Mildred Rinker (così all'anagrafe) naque il 27 febbraio del 1907, a Tekoa, una piccola città nello stato di Washington, vicino al confine con l'Idaho. Mentre era ancora molto giovane, la Bailey si trasferì con la madre e i suoi tre fratelli nella vicina Spokane. Sua madre, una pellerossa, insegnò alla Bailey e i suoi fratelli le tradizioni dei nativi americani, visitando spesso i parenti nella riserva indiana di Coeur d'Alene nel vicino Idaho. Mildred imparò la musica dalla madre e iniziò ad esibirsi in tenera età, suonando il pianoforte e cantando nelle sale cinematografiche nei primi anni 1920. Il suo interesse per il jazz era condiviso da fratello maggiore Al e da un amico di quartiere, il celebre Harry Lillis (Bing) Crosby, al quale insegnò lei stessa i primi rudimenti della musica. Verso la metà degli anni '20, la Bailey si sposò in tenera età, per poi divorziare velocemente, ma conservò il cognome dell'ex marito che, secondo lei, faceva piu "ammerigano" di Rinker. Divenne headliner in un club di Hollywood, eseguendo una miscela di pop, standard vaudeville, e brani jazz. Lavorò come cantante anche in tour con le riviste di danza di Fanchon e Marco Wolff, ed è stata solista nella stazione radio KMTR di Los Angeles. Il primo grande successo di Bailey arrivò quando inviò una demo per il popolare bandleader Paul Whiteman. Il direttore d'orchestra aveva già assunto Crosby e fratello maggiore della Bailey, Al Rinker, per collaborare alla sua band, come "Rhythm Boys." Impressionato dallo stile vocale di Mildred, Whiteman l'assunse per cantare con il suo gruppo, facendo di lei una delle primissime cantanti soliste di una grande orchestra da ballo. Nel 1932 Bailey raggiunse la fama quando registrò "Chair Rockin' ", scritto appositamente per lei da Hoagy Carmichael, che divento la canzone più richiesta della Bailey e le valse il soprannome di "The Rockin' Chair Lady". Mildred intrecciò una relazione sentimentale con lo xilofonista Red Norvo (a.k.a. Kenneth Norville) non molto tempo dopo che entrò a far parte della band di Whiteman nel 1931. La coppia si sposò ma dopo il marimonio, Norvo lasciò Whiteman per fondare una band a suo nome e Bailey intraprese una carriera solista per la radio. L'orchestra di Norvo presto incontrò delle difficoltà e sembrava in procinto di sciogliersi. Mildred si offrì di unirsi al gruppo come vocalist, nel tentativo di evitare il fallimento. Grazie alla collaborazione col marito, registrò alcuni dei migliori lavori della sua carriera. Lavorando insieme, la coppia divenne celeberrima, tanto da meritarsi il titolo di "Mr. e Mrs. Swing." Uno degli album più memorabili della loro collaborazione è stato "Smoke Dreams". L'orchestra di Red Norvo con la Bailey aveva un suono inconfondibile, merito della perfetta fusione della voce celestiale di Mildred con la delicatezza e la grazia dello xilofono di Norvo, il tutto impreziosito dalle partiture complesse di autori del calibro di Eddie Sauter. Altre canzoni, come "I've Got My Love to Keep Me Warm" e "Weekend of a Private Secretary" hanno segnato il loro proficuo connubio, segnando un'era della musica orchestrale. Anche se rimasero amici intimi, la Bailey e Norvo alla fine degli anni '30 si accorsero che il loro matrimonio era finito e rimaneva in piedi solo per motivi di lavoro e decisero di divorziare. Tuttavia, di volta in volta, continuarono a collaborare. Le mutate condizioni economiche che, vista la guerra, portarono al ridimensionamento di diverse orchestre, costrinsero Norvo a congedare la Bailey, permettendole di nuovo di perseguire la sua carriera da solista. Per tutta la prima metà degli anni '40 è stata accompagnata nelle sue registrazioni da alcuni dei migliori musicisti dell'epoca, tra cui Johnny Hodges, Mary Lou Williams, Teddy Wilson, Roy Eldridge, Coleman Hawkins, Bunny Berigan, Artie Shaw, Benny Goodman, e Tommy e Jimmy Dorsey. Dopo aver suonato con decine di musicisti afroamericani in tutta la sua carriera, la Bailey maturò una visione estremamente illuminata delle relazioni razziali fino a cantare, in una sala da ballo di Harlem, a beneficio degli Scottsboro Boys, nove ragazzini neri ingiustamente accusati di avere violentato una donna bianca in un treno, una causa che all'epoca divenne famosa per aver mostrato il profondo razzismo che vigeva nel sistema legale statunitense. Chi lavorò con Mildred in quegli anni, ha affermato che era sempre insoddisfatta del modesto successo ottenuto dai suoi dischi, cosa che però è contraddetta dalla tipologia stessa dei pezzi che la Bailey sceglieva di interpretare sempre originali e non convenzionali: se avesse voluto essere più "commerciale" non avrebbe certo scelto quel repertorio! Qualunque sia la ragione, il grande successo sfuggiva alla Bailey. La cantante dava colpa di ciò alla sua "rotondità" mentre altri hanno suggerito che son stati il suo "caratterino" e la sua lingua tagliente a rovinarla. Ci sono un sacco di testimonianze dell'invidia di Mildred verso alcune voci femminili di successo, molte delle quali più carine ma senza un briciolo del suo talento. La Bailey dava la colpa della sua obesità ad una presunta disfunzione ghiandolare, anche se molti dei suoi amici erano pronti a giurare che mangiava come se non ci fosse un domani! Ha continuato a cantare e registrare fino alla metà degli anni '40. Tuttavia, i sempre maggiori problemi di salute, un diabete di lunga data, il cuore malandato e l'indurimento delle arterie, la costrinsero a un passo indietro nella sua carriera. Con l'unica compagnia dei suoi due bassotti, si ritirò in una fattoria nello stato di New York, tornando sporadicamente nel circuito dei club della Grande Mela, in particolare al Café Society. Ottenne un aiuto finanziario da parte del compositore Jimmy Van Heusen, che accettò di dividere le spese mediche di Mildred con Frank Sinatra e l'amico di lunga data Bing Crosby. Nei primi anni 1950, la salute della Bailey era a tal punto deteriorata che fu costretta a ritirarsi completamente dalle scene. Il 12 dicembre 1951, Mildred Bailey è morta senza un becco di un quattrino al Poughkeepsie Hospital di New York. Certo un'artista come lei, finire così...A volte il destino è proprio spietato...e ingiusto! 

"I'm gonna give that junk man my broken heart
The broken heart I got from you
I'm gonna give that junk man my broken heart
For a loaded thirty-two
I'm gonna give that junk man my old gladrags
I'm gonna wear a gown of black
Better pack your trunk man, pack your bags
Cause I'm gettin' on your track
Now I ain't braggin'
You can't throw me down
I'm gonna fix your wagon
So you can't go to town
I'm gonna do you right cause you done me wrong
I'm gonna do you black and blue
And then I'll tell that junk man to come along
And pick up what's left of you"
Mildred Bailey & Benny Goodman - Junk Man

Mildred Bailey

26 febbraio 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Grasso è bello, cari amici dei Mutzhi Mambo, specie se il grasso in questione è quello dell'immenso FATS DOMINO, il "Ciccio" del rock'n'roll! Il grasso e tranquillo intrattenitore cajun di New Orleans si è ritrovato ad essere un rocker di successo senza dover fare nulla di particolare. In effetti Fats Domino non ha fatto altro che portare alle estreme conseguenze il vivace cajun boogie e il rilassato jump blues dei locali notturni di New Orleans. Pianista come Little Richard o Jerry Lee Lewis, ma placido e bonario, sorridente e rilassato, giunse al rock and roll dopo una carriera di tutto rispetto all'insegna del rhythm and blues. Eppure è considerato un vero e proprio pioniere del nostro genere preferito, una sorta di ponte (diciamo più una boa...) tra il rythm'n'blues, lo stile Brass band di New Orleans e il boogie woogie, un miscuglio da cui si è originato il rock'n'roll classicamente inteso. In questo stile ibrido ha venduto ben sessantacinque milioni di dischi, secondo soltanto a Presley! È stato un po' l'incarnazione della sua città, poliglotta, meticcia, dai costumi pittoreschi e dalla fauna proibita. Ma senza evocare mai il peccato o gli oscuri riti voodoo che di solito sono associati al capoluogo della Louisiana. Il Mardi Gras nella sua accezione più liberatoria, spensierata e, diciamolo, "conformista". Il nostro Domino infatti si è sempre mantenuto molto lontano dall'iconografia sex-rebels del rock'n'roll: timido e riservato, il suo falsetto ha sempre infuso calore umano e buon umore, agli antipodi dalla furia iconoclasta dei primi campioni del genere, che al massimo suscitavano eccitazione e inquietudine! Basta vederlo nelle foto: sempre uguale, nei decenni, lo stesso sorriso bonario e rassicurante... Antoine Dominique Domino è nato a New Orleans, il 26 febbraio del 1928. Ultimo di otto figli, Domino è l'unico dei suoi fratelli nato a New Orleans. L'infanzia, povera, e stata segnata dallo squallido quartiere del Lower Ninth Ward. Suo padre era un apprezzato violinista e, da bambino, a Domino piaceva strimpellare il pianoforte di famiglia. La sua vita cambia per sempre quando sua sorella si sposa Harrison Verrett, un suonatore di banjo di New Orleans, che gli insegna un po' di musica e lo introduce nella scena dei club della sua città. Domino si appassiona così tanto al pianoforte che lascia la scuola dopo la quarta elementare, e si mette a lavorare fabbrica, pur di poter suonare nelle discoteche locali. Tra le influenze musicali del piccolo Domino c'erano pianisti boogie woogie Meade Lux Lewis, Pete Johnson, e Amos Milburn; e i cantanti Big Joe Turner e Louis Jordan. Durante un'esibizione nel club Ninth Ward, Domino incontra Billy Diamond, un bandleader e bassista locale, che lo ha invita a suonare nella sua band al Hideaway Club di New Orleans e che gli da il soprannome di "Fats", come il grande pianista Fats Waller. Ben presto, Domino diventa un habitué del locale, apprezzatissimo per le sue capacità musicali. Tuttavia, è stata la sua collaborazione con Bartholomew, pionieristico produttore di Rythm'n'blues, compositore e trombettista di New Orleans, come aiuto arrangiatore e direttore d'orchestra che ha avuto l'impatto più profondo sulla sua carriera. Domino ottenne grande visibilità in America con "The Fat Man" (1949), secondo alcuni il primo vero disco di rock and roll, caratterizzato da un pianoforte ritmato e gli ormai classici vocalizzi di Domino. Il disco, in realtà un rifacimento di "Junker's Blues" di Champion Jack Dupree, fu un successo eccezionale, e vendette più di un milione di copie raggiungendo il #2 della Billboard R&B Charts.In quel decennio, Domino mette in fila una serie di successi incredibili: "Every Night About This Time" (1951), "Goin' Home" (1952, il primo a entrare nelle classifiche pop), "Going To The River" (1953). I suoi pezzi hanno la struttura dei blues con la strumentazione tipica dei locali della città, con un piano bello boogie e una sezione fiati. A imprimere la svolta decisiva è stato Bartholomew: aggiunse assoli di chitarra e altri arrangiamenti moderni e scrisse i testi che lo avvicinarono al mondo dei teenager bianchi. "Ain't That A Shame" (1955), "I'm In Love Again" (la tradizionale "Blueberry Hill", 1956), "Blue Monday" (1957), pezzo registrato nel '53 da Smiley Lewis, "I'm Walking" (1957), "Valley of Tears" (1957), "Whole Lotta Lovin' " (1958); tutti brani vivaci e effervescenti basati sul suo stile pianistico (una fusione delle diverse culture musicali di New Orleans), sul suo accento creolo e su un esuberante sax tenore (suonato alternativamente daHerb Hardesty o Lee Allen). "Walking To New Orleans" (1960) è una delle poche eccezioni, una ballad malinconica con orchestra d'archi che si avvicina al soul. Domino continua a sfornare successi per la Imperial durante tutto il 1962. Cosa senza precedenti, tutti e 22 i dischi incisi per la Imperial furono hit su entrambi i lati, cioè sia la canzone incisa sul lato A che quella sul lato B (44 canzoni in tutto) entrarono in classifica. Dopo il passaggio alla ABC-Paramount nel 1963, però, la carriera di Domino ha un improvviso tracollo in classifica. Ottiene un successo da Top 40 per la ABC ("Red Sails In The Sunset" 1963), ma alla fine del 1964 la British invasion ha ormai cambiato i gusti del pubblico e la scalata delle classifiche per Domino è storia passata. Ma, nonostante l'insuccesso commerciale, Domino continua regolarmente ad incidere fino al 1970, e, sporadicamente, anche dopo. Continua a fare concerti dal vivo molto seguiti per vari decenni e gli è stata riconosciuta una grande influenza sulla musica degli anni sessanta e settanta dagli stessi artisti dell'epoca: il pezzo "Lady Madonna" dei Beatles viene scritto da John Lennon e Paul McCartney ispirandosi allo stile del pianista nero e, ironia della sorte, Domino riesce a tornare in classifica per l'ultima volta nel 1968, proprio con la cover di quel pezzo dei Fab Four. Negli anni ottanta Domino, che non ha mai amato viaggiare, decide che non avrebbe più lasciato la sua New Orleans. Non lo dissuadono dal suo proposito nemmeno l'ingresso alla Rock and Roll Hall of Fame ed un invito a suonare alla Casa Bianca. Vive in una villa del quartiere prevalentemente operaio di Lower 9th Ward, dove non è una cosa rara vederlo passare sulla sua tamarrissima Cadillac rosa. Prende parte ogni anno al New Orleans Jazz & Heritage Festival a ad altri eventi locali con performance che mostrano un talento inscalfibile. All'arrivo dell'Uragano Katrina a New Orleans, nell'agosto 2005, Domino decide di rimanere in casa con la sua famiglia, a causa dei problemi di salute della moglie. La zona in cui si trova la sua casa, subisce un grave allagamento tanto che si pensa che Domino ne sia rimasto vittima. Però lo stesso giorno, la CNN diffonde la notizia che Domino è stato tratto in salvo da un elicottero della Guardia Costiera. Avrebbe dovuto essere il primo artista in scaletta sul palco del Jazz & Heritage Festival 2006, ma, essendo molto malato, si è solo limitato ad un saluto dal palco. All'inizio del 2006 ha dato alle stampe l'album "Alive and Kickin", il cui ricavato è andato alla Tipitina Foundation per musicisti indigenti. Solo la canzone che dà il titolo all'album è stata registrata dopo Katrina, mentre la maggior parte degli altri pezzi risalgono a session inedite degli anni novanta. Domino torna in scena il 19 maggio 2007, al Tipitina di New Orleans, in un concerto a favore del restauro della sua casa (?). Nel maggio 2009 fa una comparsata inaspettata tra il pubblico in un concerto con Little Richard e altri artisti, al fine di raccogliere fondi per aiutare a ricostruire le scuole e parchi giochi danneggiate dall'uragano Katrina. Nel mese di ottobre 2012, compare nella terza stagione della serie televisiva "Treme", nella parte di se stesso. È vecchio vecchio, il nostro Fats. Non pretendiamo certo che ritorni a fare tournée o dischi. Possiamo solo augurargli una vecchiaia serena, senza uragani o tempeste a rompergli le palle. Tanti auguri grande Domino! Ci fai sempre stare bene!

"I'm walkin', yes indeed and I'm talkin'
About you and me, I'm hopin'
That you'll come back to me, yeah-yeah
I'm lonely as I can be, I'm waitin'
For your company, I'm hopin'
That you'll come back to me
What you gonna do when the well runs dry?
You gonna run away and hide
I'm gonna run right by your side
For you pretty baby I'll even die
I'm walkin', yes indeed and I'm talkin'
About you and me, I'm hopin'
That you'll come back to me
I'm walkin', yes indeed and I'm talkin'
About you and me, I'm hopin'
That you'll come back to me, mm-mm
I'm lonely as I can be, I'm waitin'
For your company, I'm hopin'
That you'll come back to me
What you gonna do when the well runs dry?
You're gonna sit right down and cry
What you gonna do when I say bye-bye
All you gonna do is dry your eye
I'm walkin', yes indeed and I'm talkin'
About you and me, I'm hopin'
That you'll come back to me"
Fats Domino - I'm Walking

Fats Domino