7 marzo
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Sì continua col "curturale", cari amici dei Mutzhi Mambo, celebrando il compleanno del malatissimo BRET EASTON ELLIS, il papà di Patrick Bateman, uno dei più efferati serial - killer della storia della letteratura! Lungi da noi il rendere questo Vostro Almanacco una pagina per intellettualini segaioli: i romanzi di Ellis, pur essendo complessi e pieni zeppi di riferimenti spesso non facili da individuare, vi assicuriamo che son belli tosti e cattivi e si leggono che è un piacere (a patto di avere un minimo di pazienza e di amare le situazioni morbose...). Lo scrittore americano è un maestro nel farci riflettere sulla vacuità del mondo glamour e sulla sua malvagità di fondo, sul suo darwinismo feroce e sull'abisso oscuro e schizofrenico dell'animo umano. Su quell’universo iperconsumistico e disumanizzato, narcisistico e popolato da anaffettivi di professione, devoto al dio gelido e bifronte del denaro, alla moda esclusiva e alla tecnologia cool. Leggendo i suoi romanzi risultano più chiari il perché e i moventi dei vari Pietro Maso e Manuel Foffo. Ci fa chiarezza ma non ci consola. Per niente... Bret Easton Ellis è nato a Los Angeles, il 7 marzo del 1964, da una famiglia di classe media, ed è stato allev ato a Sherman Oaks nella valle di San Fernando. Suo padre era un promotore finanziario e sua madre, una casalinga. Hanno divorziato nel 1982: Ellis ha dichiarato, durante un'intervista per il suo terzo romanzo "American Psycho", che suo padre era un violento, e ha ispirato il personaggio di Patrick Bateman, salvo più tardi ritrattare affermando che Bateman era stato creato prendendo spunto da se se stesso, quasi un alter ego per esorcizzare i suoi demoni e le sue sofferenze. Ha studiato alla scuola di Buckley in California; ha poi frequentato il Bennington College nel Vermont, dove ha inizialmente studiato musica per poi darsi alla scrittura, che era stata una delle sue passioni fin dall'infanzia. Al College ha completato un romanzo su cui aveva lavorato per molti anni, "Meno di Zero" (1985), in cui descrive in modo spietato la sua generazione di narcisisti e scoppiati, che esce quando Ellis ha solo 21anni, portandogli fama immediata. Dopo il successo e le polemiche seguite a questo esordio, da cui fu tratto il film "Al di là di tutti i limiti" (1987), di Marek Kanievska, con Robert Downey Jr. nei panni del protagonista, Ellis è diventato amicissimo dello scrittore Jay McInerney: i due divennero noti come i "Toxic Twins" per la loro pubblicizzatissima movida sregolata. La sua carriera di scrittore è proseguita con la pubblicazione di "Le regole dell'attrazione" (1987), sempre un agghiacciante ritratto generazionale, che diventa nel 2002 un film dall'omonimo titolo diretto da Roger Avary. Ma la vera fama arriva con la sua opera più significativa e scandalosa, "American Psycho" (1991): al centro della narrazione, le vicende del giovane Patrick Bateman, uno yuppie newyorkese ammiratore di Donald Trump (si, proprio lui!), che alla vita dissoluta e superficiale tra Wall Street e i ristoranti di lusso alterna le notti da sanguinario serial killer. La pubblicazione giunge solo dopo una lunga vertenza, a causa delle contestazioni da parte degli stessi editori per l'estrema e gratuita violenza di numerosi passaggi. Anch'esso nel 2000 è stato trasposto nell'omonimo film da Mary Harron, con l'ottimo Christian Bale nella parte di Bateman: pur cogliendo la glaciale ossessione dell'edonismo anni '80 per l'estetica più esclusiva, la pellicola non ha però la violenza estrema che si respira nel romanzo e lo caratterizza, risultando riuscita a metà... Dopo l'uscita di "American Psycho", Ellis è stato emarginato dalla scena letteraria per diversi anni. Nel 1994 pubblica una raccolta di 13 racconti scritta quasi interamente ai tempi del college, con il titolo di "Acqua dal sole", in cui il fulcro rimangono sempre quei maledetti anni '80. Il film che ne è stato tratto, The Informers - Vite oltre il limite (2009), diretto da Gregor Jordan, nonostante il cast stellare (Billy Bob Thornton, Kim Basinger, Mickey Rourke e Winona Ryder), non ha ricevuto un'accoglienza positiva. "Glamorama", bel romanzo covato per quasi dieci anni, viene pubblicato nel 1999 e riporta lo scrittore al successo mondiale. Meno violentemente esplicito di "American Psycho", è pero ugualmente agghiacciante e spietato nel descrivere il mondo alla deriva legato al fashion e alla moda. Nel 2005 è uscito "Lunar Park", dedicato al suo amante deceduto l'anno precedente e a suo padre. Sivtratta di una storia pseudo-autobiografica declinante verso il genere horror, con tanto di spiriti e presenze inquietanti, che parla, in ultima analisi, del complicato rapporto fra padri e figli. Il personaggio principale del romanzo si chiama come il suo autore, Bret Easton Ellis e di professione fa lo scrittore. La storia si dipana così fra elementi autobiografici e innesti di vera e propria fiction, creando così un'illusione ottica nel lettore dove storie e personaggi reali si miscelano al racconto romanzato. Da segnalare, al suo interno, anche il ritorno in scena del simpatico Patrick Bateman. Nel 2009 Ellis ha collaborato con il regista Gus Van Sant nel 2009 per adattare l'articolo di Vanity Fair "The Golden Suicides" in un film con lo stesso nome, che doveva descrivere gli ultimi giorni di paranoia prima del suicidio di artisti celebri come Theresa Duncan e Jeremy Blake. Il film non è mai stato realizzato. Il suo ultimo romanzo è "Imperial Bedrooms", pubblicato nel 2010, sequel del suo primo lavoro "Meno di zero", uscito un quarto di secolo prima, in cui ritroviamo, invecchiati e più squallidi, i personaggi del romanzo precedente. Ellis ha espresso l'interesse per scrivere la sceneggiatura per l'adattamento cinematografico di "Cinquanta sfumature di grigio" (?), ma il lavoro alla fine è andato a Kelly Marcel, Patrick Marber e Mark Bomback (mah...). Nel 2012, Ellis ha scritto la sceneggiatura per il film indipendente "The Canyons" e ha contribuito a raccogliere fondi per la sua produzione. Il film è uscito nel 2013 ma e stato un insuccesso stroncato dalla critica, in cui si salva solo l'interpretazione di Lindsay Lohan nel ruolo della protagonista. Nel 2016 è iniziata la trasmissione dell'interessante serie tv "The Deleted", che lo vede per la prima volta nei panni di regista. Niente da dire, caro Bret: tanti auguri e continua così! 

"Amo vivisezionare le ragazze. Sapevi che sono totalmente pazzo?"
Patrick Bateman - American Psycho

Bret Easton Ellis

 

6 marzo
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Siamo lieti di celebrare l'anniversario della nascita di uno dei più importanti narratori del '900, l'immenso WILL EISNER, il cantore di Hell's Kitchen (il vecchio quartiere operaio di Manhattan), il maestro che è riuscito a descrivere l'inferno dello squallore della Grande Mela e la solitudine umana come nessun altro. Fumettista sopraffino, dotato di un tratto meraviglioso, dettagliato e insieme grottesco, e di una capacità di scrittura unica, in grado di descrivere la condizione umana con pochissime espressioni. L'interazione fra immagini e narrazione è perfetta e spesso il nostro non ha nemmeno bisogno di usare dialoghi o didascalie per comunicare la storia e soprattutto le emozioni. Bastano le immagini, che "parlano" da sole. Eisner, cari amici dei Mutzhi Mambo, è stato per la letteratura disegnata quello che il cinico minimalismo di Raymond Carver ha rappresentato per il racconto scritto: la possibilità di dire tanto, tutto, con poco... a tal punto è un riferimento per gran parte degli autori contemporanei che mentre era ancora vivo si è visto intitolare un premio, l'Eisner Award, il più importante e prestigioso per quanto riguarda il fumetto americano. William Erwin Eisner naque a New York, il 6 marzo del 1917 nasce nel quartiere newyorchese di Brooklyn da una famiglia di immigrati ebrei. Il padre, austriaco, era un pittore (negli Stati Uniti lavorò come scenografo per un teatro della sua comunità Yiddish) e trasmetterà al figlio Will la passione per l'illustrazione. La madre, invece, originaria della Romania, era una pragmatica casalinga. Il suo esordio nel mondo dei fumetti è datato 1936: in quel periodo iniziò faticosamente ad entrare nel mondo degli albi a fumetti, che stavano muovendo i primi passi fuori dai quotidiani. I primi personaggi di successo, come Popeye, Arcibaldo e Petronilla, Topolino e Paperino, erano soprattutto distribuiti come strisce quotidiane e tavole domenicali nei giornali. L'avventura di Eisner, però, iniziò con l'editore Jerry Iger, che pubblicava "Wow! What a Magazine" e che subito dopo (nel 1937) fondò e gestì, insieme a Eisner stesso, lo studio Eisner-Iger, Ltd. Proprio grazie a questa piccola società di produzione (realizzavano fumetti per gli editori che volevano affrontare questo nuovo mercato), Will ebbe l'occasione di collaborare con Bob Kane, il futuro creatore di Batman ed iniziò a lavorare a fumetti di vario genere (come ad esempio il piratesco "Hawk of the Seas"), spesso realizzati firmandosi con pseudonimi e dapprima pubblicati come daily strip. Successivamente, anche a causa della crisi del mercato delle riviste pulp, la Eisner-Iger, Ltd. iniziò, come detto, a produrre per i comic book per conto di altri. Il lavoro aumentava e quindi Eisner ebbe possibilità di lavorare e collaborare con altri artisti che fecero la storia di questi tempi pionieristici: autori come Lou Fine, Audrey Blum Blossert, George Tuska, Jack Kirby, Bob Powell, Everett Arnold. In quegli stessi anni si ponevano le basi per la nascita della DC Comics, uno degli editori più importanti del mondo, nonché l'editore delle opere mature di Eisner: da un lato la coppia Donenfeld-Liebowitz, con la pubblicazione di Detective Comics, dall'altro Malcom Wheeler-Nicholson con Adventure Comics, che aveva alle sue dipendenze due giovani promettenti come Jerry Siegel e Joe Shuster (i creatori di Superman). Alla fine Donenfeld e Liebowitz rilevarono l'azienda e le testate di Wheeler-Nicholson, dando così il via ufficiale alla così detta Golden Age, il periodo d'oro del fumetto americano. Eisner, però, era uno spirito libero ed indipendente. Fattosi le sue esperienze con la Eisner-Iger Ltd., decise di mettersi in proprio e sfidare il mercato con una sua creazione, della quale aveva tutta l'intenzione di mantenere i diritti: nasce così "Spirit", un detective mascherato che cerca di mantenere l'ordine e la giustizia, pubblicato dal 1940 fino al 1952 e ristampato più volte e tradotto in tutto il mondo. Capolavoro del fumetto d'avventura e di mistery, con "The Spirit", Eisner voleva realizzare un fumetto rivolto principalmente agli adulti (egli stesso, come ebbe modo più volte di dire, si rendeva conto che stava contribuendo a costruire «qualcosa di più di un semplice passatempo per bambini»), sperimentando nuovi modi di narrare una storia inventata che influenzarono non solo i suoi colleghi (buon ultimo Alan Moore con il suo "Greyshirt", dichiarato omaggio alla creatura di Wlli, senza dimenticare Frank Miller, Art Spiegelman o i fratelli Hernandez), ma anche grandissimi registi come Orson Welles e William Friedkin, che proprio grazie allo "Spirit" di Eisner deve uno dei cinque Oscar vinti con Il braccio violento della legge. Il detective mascherato apparve quindi sui supplementi domenicali a colori dei quotidiani statunitensi: in appena sette pagine Eisner era in grado di concentrare un'intera avventura autoconclusiva, nella quale introduceva non solo le atmosfere tipiche dei thriller o del noir, ma vi immetteva anche l'umorismo e l'ironia, il dramma ed i lutti della vita di ogni giorno. Ogni storia aveva un logo differente (scelta successivamente adottata anche da Warren Ellis per "Planetary"), era caratterizzata da un taglio altamente cinematografico e poteva anche succedere di leggere storie di "Spirit" senza che il protagonista vi comparisse mai (come accadeva, ad esempio, nel "Ken Parker" di Giancarlo Berardi e Ivo Milazzo o nello "Sconosciuto" di Magnus). Le sue avventure sono veramente deliziose, impreziosite dalla presenza di pin-up e dark ladies che Eisner riusciva a rendere graficamente irresistibili. Nel 1952, con grande coraggio e coerenza, decise di dedicarsi unicamente al suo studio editoriale, quando ritenne che ormai il suo personaggio avesse concluso il suo percorso narrativo, per realizzare libri sul fumetto e storie a fumetti di genere didattico. Nonostante il limbo in cui si autoconfinò, Eisner e Spirit ne uscirono quando, nel 1965, Jules Feiffer, suo vecchio assistente, inserì il suo detective in maschera tra i più grandi eroi dei fumetti: dall'anno successivo iniziano una lunga serie di ristampe che permisero di leggere le sue avventure, che sporadicamente Will continuò a realizzare (l'ultima venne pubblicata postuma) fino alla sua morte, ad una nuova platea di lettori, affascinati dalla "modernità" del tratto e della narrazione di quel "vecchio" personaggio. Eisner ritornò a realizzare fumetti nel 1972. La sua nuova produzione, quella più coraggiosa e innovativa, parte, però, nel 1978, per la Baronet Press, quando Eisner, rinnovando il suo stile, inaugurò un nuovo modo di concepire il fumetto, più autoriale e vicino ai contenuti. Con la pubblicazione del capolavoro "Contratto con Dio" partì ufficialmente il moderno romanzo a fumetti, la "graphic novel": nonostante la sua invenzione non sia attribuibile direttamente a Eisner, ne è comunque considerato il suo principale diffusore. Altri suoi lavori sono "Vita su un altro pianeta", "La forza della vita", "New York - The Big City", in cui, con una delicatezza e insieme un nichilismo incredibili, riusci a raccontare storie minimali di varia umanità, descrivendo, senza retorica, senza magniloquenza e senza malizia, le piccole storie di ordinaria meschinità, i piccoli drammi quotidiani che si svolgono all'ombra dei palazzoni nella tentacolare, umida e oscura New York dei più miseri bassifondi. Eisner si cimentò pure nei saggi sul mondo dei comics: "Fumetto & Arte sequenziale" e "Graphic Storytelling - Raccontare a Fumetti", che rimangono volumi imprescindibili per chi vuole conoscere a fondo questa nobile arte. Nel 2000 la DC Comics inizia la ristampa integrale di "The Spirit" e dell'intero corpus dei suoi romanzi grafici. Quasi a voler accomiatarsi dai suoi lettori, decise di completare il suo percorso di vita che sempre più lo aveva spinto ad interessarsi alle leggende, i miti e le grandi storie della letteratura mondiale, con la riduzione di "Sundiata - A Legend of Africa", adattamento a fumetti di un classico dell'epica Mali, "L'ultimo cavaliere", adattamento del Don Chisciotte di Cervantes e gli inediti (in Italia) "Moby Dick" e "Princess and the Frog". Sul finire del 2004 Eisner subisce un delicato intervento al cuore (quadruplice bypass), che, nonostante un iniziale ottimismo, ha portato ad una improvvisa complicazione, che lo ha condotto alla morte. Il mese prima di morire aveva consegnato al suo editore la sua ultima graphic novel, "Il complotto", che analizza il falso storico de "I protocolli dei savi di Sion" sin dalla loro origine. Peccato che i fumetti siano sempre così snobbati dalla critica "seria" e autori come il nostro Will siano destinati a pochi appassionati: fumetti come i suoi dovrebbero essere consigliati, anzi obbligati, nelle scuole! Altroché! 
Nota a margine: Il suo fan numero uno, Frank Miller, ha tentato l'impresa impossibile di ridurre a film "The Spirit" nel 2008. Il risultato, un flop che la maggior parte reputa un pure un fallimento a livello di contenuti, è comunque interessantissimo sul piano formale, anche se sembra più un auto- omaggio alla propria estetica che a quella di Eisner. A nostro avviso vale comunque una visione...

"Si può dire che lo stile è una forma di imperfezione"
Will Eisner

Will Eisner

5 marzo
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Una chicca per veri appassionati oggi, col poderoso FRED WILLIAMSON, "The Hammer", uno degli attori più Pulp di tutti! Se non era per il benemerito Rodríguez che lo ha ripescato per una particina nello stranoto "Dal Tramonto all'Alba", ben pochi oggi si ricorderebbero di lui. Eppure, cari amici dei Mutzhi Mambo, è stato uno dei pilastri della blaxsplotation e ha partecipato ad alcuni degli orrori (nel senso di brutti) più trash in assoluto, cosa che di per sé gli ha guadagnato un posto di riguardo nell'Empireo degli eroi del Pulp! Ex giocatore professionista di football americano, cintura nera di karate e taekwondo, ha oltretutto il vero "physique du rôle" per fare le parti da duraccio, specie da quando sfoggia i suoi bei baffoni da pappone! Fred Williamson è nato a Gary, in Indiana, il 5 marzo del 1938. Dopo aver giocato a football al college alla fine del 1950, viene ingaggiato dai Pittsburgh Steelers. Quando passa alla difesa, il suo aggressivo modo di giocare gli guadagna il soprannome di "The Hammer", il "Martello". Cambia varie squadre e durante il suo periodo da professionista, Williamson alimenta il suo soprannome "The Hammer", perché era solito usare il suo avambraccio a mo' di martello per sferrare colpi di karate sul capo dei giocatori avversari. Ma un giorno il suo nomignolo si è rivelato una beffa: durante una partita gli rompono davvero il famoso braccio, mettendo in crisi la sua carriera sportiva. Fred termina il suo impegno da professionista dopo otto stagioni nel 1967 e si ritira definitivamente l'anno dopo. Passato alla carriera di attore, diventa noto per il suo sodalizio con un'altra leggenda del football diventato anch'esso una star del cinema race, il famoso running back Jim Brown, con cui recita in film come "Three the Hard Way" (1974), di Gordon Parks, Jr., "La parola di un fuorilegge... è legge!" (1975), di Antonio Margheriti, con Lee Van Cleef e Catherine Spaak, "One Down, Two to Go" (1982), diretto dallo stesso Williamson e canto del cigno del genere blaxplotation, "Original Gangstas" (1996), rimpatriata delle star nere anni '70 e "On the Edge" (2002). Con Brown ha anche recitato per la televisione in vari ruoli. Nell'ottobre del 1973, Williamson ha posato nudo per la rivista Playgirl. Fra i suoi primi impegni televisivi c'è un ruolo in una puntata di Star Trek del 1969. I primi film in cui Williamson ha partecipato sono "M.A.S.H." (1970), la satira antimilitarista di Robert Altman, in cui il nostro Fred dirige le scene di football, e "Dimmi che mi ami, Junie Moon" (1970) di Otto Preminger. Poi inizia il delirio blaxpotation: "Hammer" (1972), di Bruce Clark, "Libero di crepare" (1972), di Martin Goldman e il suo seguito "The Soul of Nigger Charley" (1972), di Larry Spangler. Nel 1973 interpreta il ruolo di un mafioso afro-americano nel leggendario "Black Caesar - Il Padrino Nero", il remake "nigger" del classico hard-boiled "Piccolo Cesare", per la regia di Larry Cohen e la colonna sonora superfunk di James Brown, e nel suo sequel, "Tommy Gibbs criminale per giustizia", sempre di Cohen. Nello stesso anno è il protagonista del cult "That Man Bolt", di David Lowell Rich e Henry Levin, un miscuglio di Bond e i film di arti marziali in salsa black. L'anno seguente interpreta "Black Eye", del maestro Jack Arnold, l'ottimo "Crazy Joe", biopic sul gangster Joe Gallo, diretto da Carlo Lizzani, con Peter Boyle e Eli Wallach, e il teso "Uomini duri", di Duccio Tessari, con Lino Ventura e Isaac Hayes. Nel 1975 è il protagonista di "Bucktown", di Arthur Marks, con la meravigliosa Pam Grier, del western "Boss Nigger", di Jack Arnold, scritto dal nostro Fred in persona. Con "Il cobra nero" (1976), in cui interpreta un vessato ma vendicativo reduce del Vietnam (curioso precursore coloured di "Rambo"), Williamson debutta pure alla regia. Nello stesso anno scrive e interpreta il western "Joshua", diretto da Larry G. Spangler. A metà degli anni 1970, Williamson si trasferisce a Roma, e fonda la sua società "Po 'Boy Productions", che ha iniziato a produrre film d'azione tra cui "Adios Amigo" (1976), un western con Richard Pryor, il noir "No Way Back" e gli action "Death Journey" (1976) e "Mr. Mean" (1977), nei quali recita e cura la regia. Nel '78 interpreta "Blind Rage", un film di arti marziali e soprattutto "Quel maledetto treno blindato", film ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale e diretto da Enzo G. Castellari, il cui titolo inglese ("Inglorious Bastards") è stato ripreso da Tarantino per il suo omonimo capolavoro. Negli anni '80, complice la crisi della blaxpotation, il nostro Fred diventa attore di secondo piano e i suoi film finiscono per la maggior parte nel mercato direct-to-video. "Fist of Fear, Touch of Death" (1980) è un film di arti marziali di Matthew Mallinson, una produzione in cui doveva essere coinvolto pure Bruce Lee, prima che morisse. L'anno successivo è nel cast di "Cappotto di legno", un gangster movie dalla travagliatissima produzione di Gianni Manera mentre nel 1982 interpreta i trashissimi post-atomici "I Nuovi Barbari", e "1990: I guerrieri del Bronx", di Castellari, sulla falsariga di "Mad Max". Rimane nel filone distopico - avventuroso con il bizzarro "I guerrieri dell'anno 2072" (1983), di Lucio Fulci, una via di mezzo fra il peplum e la fantascenza, e "I predatori dell'anno Omega" (1984), di David Worth. Interpreta anche dei thriller come "Vigilante" (1983), di William Lustig, "Impatto mortale" (1984), di Fabrizio De Angelis, "White Fire" (1985), di Jean-Marie Pallardy e i quattro film della serie "Black Cobra" (1987-1989-1990-1992), la versione nera di "Cobra" di Stallone, il peggio del peggio della blaxpotation girata in Italia dai "reduci" del poliziottesco Stelvio Massi, Umberto Lenzi, e Edoardo Margheriti. Nel 1996 interpreta il suo celebre cameo nel già citato "Dal Tramonto all'Alba" di Robert Rodriguez dopodiché è tornato stabilmente a dignitose (?) produzioni action o horror di serie B. Questa sì che si chiama coerenza... Onore al nostro Fred Williamson!

"Ero in Vietnam, nel '72. Ero rimasto intrappolato in un accampamento nemico, tutti quelli della mia squadra erano morti. I vietcong pensavano di aver ucciso tutti e invece io ero vivo. Ma loro non lo sapevano, in fondo potevo essere morto. Una granata era esplosa a meno di un metro da me, ecco perché sono così bellino! Ammassarono tutti i corpi sopra di me, non mi restava altro che stare al gioco. Rimasi immobile. Sentivo il nemici scherzare, ridere di noi. Ora, dopo ora, finalmente uscì da quella montagna di carne. Era notte e li colsi di sorpresa, dormivano tutti. Ne uccisi uno! E un altro! E un altro ancora! Quattro! Cinque! Sei! Quando tornai finalmente in me mi resi conto che avevo sterminato tutti i vietcong da solo. C'erano... brandelli... di carne e sangue attaccati al mio fucile, ancora oggi... non riesco a dimenticare."
Frost/Fred Williamson - Dal Tramonto all'Alba

Fred Williamson

4 marzo 
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
Lo scrittore più cattivo di tutti! Il migliore! Chiaramente, cari amici dei Mutzhi Mambo, stiamo parlando dello spietato JAMES ELLROY, il più importante autore di noir vivente. Nessuno scrive come Ellroy, nessuno come lui è riuscito a scandagliare la malvagità umana e le bassezze della Storia riuscendo al contempo ad essere così avvincente e appassionante. Nessuno ha uno stile così secco e efficace, nessuno è così crudele, nessuno riesce a architettare trame tanto complesse e intelligenti, nessuno ha avuto il coraggio di mettere a nudo il mondo in modo tanto schietto! James Ellroy è un genio! La sua tetralogia di Los Angeles dovrebbe essere imposta nelle scuole come materia obbligatoria! Chi non legge o non ama Ellroy non è degno di seguire questo Vostro Almanacco! Lee Earle Ellroy (così all'anagrafe) è nato a Los Angeles, il 4 marzo del 1948. Nel 1958 sua madre, Geneva, fu uccisa a El Monte, dove lei e Lee Earle si erano trasferiti tre anni prima dopo il divorzio dal padre. Il delitto irrisolto e il regalo di compleanno di suo padre pochi mesi dopo, il libro "The Badge" di Jack Webb, che parla del LA Police Department , sono stati due punti cruciali della sua vita. Un altro evento che lo ha segnato è il famoso caso della "Dalia Nera", un caso di efferato omicidio di una giovane attricetta rimasto irrisolto, avvenuto a poca distanza da dove il giovane Ellroy abitava, diventato per lui una vera ossessione. Dopo aver abbandonato la scuola senza prendere il diploma, nel 1965, a diciassette anni, perde anche il padre. Ellroy finge un esaurimento nervoso e ne approfitta per lasciare l'esercito, dove si era arruolato volontario. È l'inizio di un periodo di sregolatezza, durante il quale il futuro scrittore si dedica a piccoli furti, alcol e droga, soprattutto anfetamine. Durante la sommossa di Watts, con alcuni amici tenta di entrare nella zona della rivolta, senza però riuscirci. Fa una vita da vagabondo, dormendo nei parchi pubblici di L.A., spiando come un guardone le donne negli appartamenti (arrivando a rubare ogni tanto della biancheria intima) e leggendo romanzi gialli. Viene addirittura arrestato alcune volte, finendo nella prigione della contea. A causa delle sue abitudini sregolate, va per due volte vicino alla morte per polmonite. Riesce ad uscire dal tunnel dell'Alcool nel 1975, grazie a un gruppo di sostegno, si avvicina alla fede cattolica e inizia a lavorare come Caddy nei circoli di golf di Los Angeles. Comincia in questo periodo ad elaborare il suo primo romanzo, "Prega detective", un buon noir ancora "tradizionale" che uscirà nel 1981. I suoi titoli iniziali sono generalmente accolti con favore dalla critica e gli assicurano uno status di autore di culto fra gli appassionati. Nel 1984 esce "Le strade dell'innocenza", il primo romanzo poliziesco della trilogia composta, oltre che da questo, anche da "Perché la notte" (1984) e "La collina dei suicidi" (1985). In tutti e tre i romanzi il protagonista è il tormentato ma durissimo Lloyd Hopkins, agente del Dipartimento di Polizia di Los Angeles. Pur essendo ancora "acerbo", già si vedono le premesse del suo stile e un'evoluzione evidente fino all'ultimo capitolo della trilogia, un vero capolavoro. Da "Le strade dell'innocenza", nel 1988 è stato tratto un buon film, "Indagine ad alto rischio" diretto da James B. Harris, con il grande James Woods nella parte di Lloyd Hopkins. Segue il bellissimo, crudele "L'angelo del silenzio" (1986), il cui protagonista (che è anche io narrante del racconto) è un serial killer che confessa una serie di omicidi perpetrati in giro per gli States con un grande SUV, chiamato Deathmobile, ai danni di autostoppisti e cittadini. Ma è solo con la "tetralogia di Los Angeles" che Ellroy diventa una vera e propria leggenda della crime fiction e, oltre a trovare il successo economico, riesce a lavorare a fondo sul suo stile. Apparsa a cavallo fra gli anni Ottanta e gli anni Novanta, è composta da "Dalia Nera" (1987), "Il grande nulla" (1988), "L.A. Confidential" (1990) e "White Jazz" (1992) e porta Ellroy a uno stile postmoderno sospeso fra invenzione e fatti realmente accaduti, fra storia americana e finzione. Uno dei più grandi capolavori della letteratura tout court, non si può non leggerla e rileggerla in fila, assaporando l'abilità di Ellroy di costruire trame pazzesche, violente, imprevedibili, rinnovando di volta in volta lo stile narrativo, la sua capacità di immergere il lettore in un mondo oscuro, marcio, cattivo, senza lieto fine e senza eroi. La tetralogia di LA sta al noir come 'Il Signore degli Anelli" sta al fantasy o come "Alla ricerca del tempo perduto" sta all'introspezione! Nel 1997 "L.A. Confidential" viene trasposto in un omonimo, splendido film diretto da Curtis Hanson, che riceverà numerosi premi tra cui l'Oscar alla miglior attrice non protagonista (Kim Basinger) e l'Oscar alla migliore sceneggiatura non originale (Hanson e Brian Helgeland). Diverso il discorso per la riduzione cinematografica de "La Dalia Nera" (2006), ad opera dell'immenso Brian De Palma: in questo caso le qualità autororiali del regista hanno un po' intralciato la messinscena del capolavoro di Ellroy. C'è a chi è piaciuto, a noi no.... La quadrilogia porta Ellroy alla stesura dell'incredibile "American Tabloid" (1995) che, con "Sei pezzi da mille" (2001) e "Il sangue è randagio" (2006), forma una nuova trilogia, la cosiddetta "Underworld USA Trilogy", che è l’esempio più alto di questa sua trasformazione di stile e contenuti e che mette in scena gli USA degli anni Sessanta, dal micro degli avvenimenti particolari al macro degli schemi e lotte di potere fra vari gruppi sociali, politici ed economici. Kennedy, Hughes, Castro, Hoover, son trattati alla stregua dei "suoi" personaggi hard boiled, creando un unico amalgama coerente. In tutta sincerità si può affermare che dal primo, eccezionale capitolo, il nostro James ha maturato un certo manierismo di fondo e gli altri due romanzi (pur essendo favolosi), non reggono il confronto e il giochino, alla fine, mostra un po' la corda. Ma sono sfumature: nessuno, ripetiamo nessuno, è in grado di scrivere come il nostro James! Nel 1996, ci offre l'ennesimo capolavoro, "I miei luoghi oscuri", la cronaca della sua ricerca dell'omicida della madre che diventa un viaggio iniziatico per affrancarsi dal lutto. In bilico fra nudo resoconto investigativo e rivelazione autobiografica, questo libro è probabilmente la vetta più alta a cui è arrivato il nostro, il suo contributo definitivo alla storia della letteratura. Ormai pienamente conscio dei suoi mezzi (ma siamo di fronte a un autore che è sempre stato molto sicuro di sé, sbruffone che rasenta quasi il ridicolo in alcune occasioni), nel 2014 James Ellroy avvia un nuovo progetto, sulla carta ancora più ambizioso e importante della "Underworld USA Trilogy". "Perfidia" è infatti il primo volume di una nuova tetralogia di Los Angeles che si svilupperà lungo gli anni Quaranta e nella quale, nuovamente, personaggi realmente esistiti si mischiano a protagonisti inventati. In questo nuovo progetto, approfondendo ancora di più l’interesse per la metanarrazione e il postmoderno, tornano, ovviamente più giovani, molte figure appartenenti a vari suoi romanzi, finendo con il collegare in modo tanto complesso quanto intrigante buona parte del corpus narrativo ellroyiano. Onestamente questo primo capitolo non ci ha fatto impazzire ma confidiamo sul talento del nostro James e sulla sua capacità di sorprenderci ogni volta. Tanti auguri Maestro!

"Ho vendicato mia madre facendo di lei un mito di carta, anche se ciò ha significato mettermi a nudo. E ho sfruttato il dolore di quella morte – lo ammetto – perché si parlasse di me."
James Ellroy

James Ellroy

3 marzo
L'ALMANACCO PULP dei Mutzhi Mambo 
A volte, a rovistare nella "monnezza" si trovano diamanti, gemme preziose e indistruttibili. Come il nostro trucidissimo TOMAS MILIAN, ad esempio, il simbolo del cinema italiano di genere anni '70! Prima di diventare famoso come commissario Giraldi, il nostro era già leggenda per essere stato il protagonista di alcune delle pellicole piu estreme della nostra filmografia. Tosto come un sigaro Avana, anzi come una Nazionale senza filtro, Milian ha offerto la sua faccia da simpatica carogna per il meglio (o il peggio, dipende dai gusti) dello spaghetti-western e del poliziottesco. Ma non basta, cari amici dei Mutzhi Mambo, con la serie delle parodie western demenziali prima e con quella di "monnezza" poi, ha praticamente scimmiottato di sé stesso, nonché i generi che lo avevano visto in prima linea, mettendo di fatto la pietra tombale su questa gloriosa stagione del cinema dello Stivale, la più succosa e violenta, l'ultima veramente degna di nota. Tomás Quintín Rodríguez Milián naque a L'Avana, il 3 marzo del 1933. Figlio di un generale del regime di Gerardo Machado, che venne poi arrestato in seguito al colpo di Stato di Fulgencio Batista, nel dicembre del 1945, appena dodicenne assistette al suicidio del padre. Nel '57, lasciò Cuba per gli Stati Uniti, dove ottenne la cittadinanza. Qui dapprima si iscrisse all'Università dell'Accademia Teatrale di Miami e poi si trasferì a New York. Da qui i primi lavori teatrali a Broadway e, nel 1957, la sua partecipazione a una serie televisiva statunitense, "Una donna poliziotto". Alla fine degli anni cinquanta trovo l'America in Italia: arrivato nel nostro paese con soli cinque dollari in tasca, partecipò nel 1959 al Festival di Spoleto: recitò una pantomima di Jean Cocteau e venne individuato e scelto dal regista Mauro Bolognini per il personaggio di un film che aveva intenzione di girare, "La notte brava". Milian firmò un contratto che lo legò alla Vides di Cristaldi e tra il 1960 e il 1966 recitò in ruoli impegnati lavorando con registi del calibro di Alberto Lattuada, Valerio Zurlini, Luchino Visconti e Pier Paolo Pasolini, oltre allo stesso Bolognini. A questo periodo della sua carriera appartengono i ruoli interpretati in molti film assieme con Claudia Cardinale, in opere quali "I delfini" e "Il bell'Antonio" (1960), "Gli indifferenti" (1964), e "Ruba al prossimo tuo" (1968), di Francesco Maselli. Contrariato dal doppiaggio, insoddisfatto dei ruoli e dei guadagni, non rinnovò il contratto e tentò la strada del cinema popolare. Nel 1967, dopo il buon successo di "The Bounty Killer", una coproduzione ispano-italiana per la regia di Eugenio Martín, fu protagonista del tremendo "Se sei vivo spara", uno dei più sadici e violenti western italiani, diretto da Giulio Questi, di "Faccia a faccia", al fianco di Gian Maria Volontè, e di "La resa dei conti", col gigantesco Lee Van Cleef (in cui per la prima volta interpreta Manuel "Cuchillo" Sanchez) diretti entrambi dal grande Sergio Sollima. Quindi continuò con questo genere, diventandone uno degli attori simbolo. "Sentenza di morte" (1968), di Mario Lanfranchi; "La lunga notte di Tombstone" (1968), di Jaime Jesus Balcazar; l'indimenticabile "Corri uomo corri" (1968), in cui ritorna il personaggio di "Cuchillo" sempre per la regia di Sergio Sollima; il politicizzatissimo "Tepepa" (1968), di Giulio Petroni; il singolare "O' Cangaceiro" (1970), dalla inedita ambientazione brasiliana, di Giovanni Fago; "Vamos a matar, compañeros" (1970), con Franco Nero e Jack Palance, e "La banda J. e S. cronaca criminale del Far West" (1972), con Telly Savalas, entrambi per la regia di Sergio Corbucci, in cui però le nubi della farsa si fanno più dense; "La vita, a volte, è molto dura, vero Provvidenza?" (1972), di Giulio Petroni, e "Ci risiamo, vero provvidenza?" (1973), di Alberto De Martino, in cui il nostro Milian è ormai una specie di Charlot del Far West; per coludere col terribile "Il bianco, il giallo, il nero" (1975), diretto ancora una volta da Sergio Corbucci con Giuliano Gemma e Eli Wallach, una vera e propria parodia del genere, col nostro Tomas a fare la parte di un cinese... Ultimo colpo di coda del genere (e che colpo!), fu l'agghiacciante "I Quattro dell'Apocalisse", visionario e violentissimo canto del cigno dello spaghetti-western firmato da Lucio Fulci. Anticipato dall'ottimo "Banditi a Milano", di Carlo Lizzani, del 1968, il grande successo giunse però col poliziottesco anni settanta (anche grazie all'eccellente doppiaggio di Ferruccio Amendola), che la critica ufficiale ha sempre giudicato di qualità inferiore ma che oggi finalmente viene rivalutato. Si parte con "Un uomo dalla pelle dura" (1972) di Francesco Prosperi, con la stratosferica Catherine Spaak, per proseguire con "Il consigliori" (1973), di Alberto De Martino, "Squadra volante" (1974) di Stelvio Massi, con Gastone Moschin, "La polizia accusa: il Servizio Segreto uccide" (1975), di Sergio Martino, con Luc Merenda e Mel Ferrer, "Liberi armati pericolosi" (1976), di Romolo Guerrieri, su soggetto di Fernando Di Leo. Famosa la sua collaborazione con il regista Umberto Lenzi, che lo ha diretto in molti polizieschi divenuti cult come "Milano odia: la polizia non può sparare" con Henry Silva e Ray Lovelock, "Il giustiziere sfida la città" (1975), con Joseph Cotten, dove il nostro Milian interpreta un personaggio col nome di Rambo ben sette anni prima di quello impersonato da Stallone (!), "Roma a mano armata" (1976), con Maurizio Merli, "Il trucido e lo sbirro" (1976), già in odor di commedia, dove si vede la prima apparizione "der Monnezza", "Il cinico, l'infame, il violento" (1977), e "La banda del gobbo" (1977), che segnò la fine del sodalizio Lenzi-Milian. Il secondo film con "monnezza", "La banda del trucido" (1977), fu diretto infatti da Stelvio Massi. Il nostro ha girato anche diversi thriller (di cui acuni ottimi) come il distopico "I cannibali" (1970), di Liliana Cavani, con Pierre Clémenti; "La vittima designata" (1971), di Maurizio Lucidi, sempre con Clémenti; il capolavoro "Non si sevizia un paperino" (1972), di Lucio Fulci; "Una donna da uccidere" (1975), di Yves Boisset; "Rebus per un assassinio" (1979) di William Richert; "Oltre ogni rischio" (1989), di Abel Ferrara, "Gioco al massacro", (1989), di Damiano Damiani; "Revenge - Vendetta" (1990), di Tony Scott; "Havana", (1990), di Sydney Pollack. Capitolo a parte meriterebbero i film con protagonista Nicola Giraldi, "Er Pirata", che, a partire da "Squadra antiscippo", di Bruno Corbucci (1976), con al fianco una indimenticabile Lilli Carati, ha definitivamente destrutturato il poliziottesco, rendendolo una pura accozzaglia di battutacce in romanesco (che a noi comunque piacciono da morire..). Se ne parlerà semmai capiterà di dedicare una puntata dell'Almanacco al regista Bruno Corbucci. Tra il 1976 e il 1981 si era dedicato anche a film della commedia erotica all'italiana (già prefigurata dal pionieristico "Dove vai tutta nuda?, del 1969, di Pasquale Festa Campanile, con la meravigliosa Maria Grazia Buccella): capolavori come "Messalina, Messalina!" (1977), di Bruno Corbucci, "40 gradi all'ombra del lenzuolo", un film ad episodi di Sergio Martino con Edwige Fenech, "Uno contro l'altro, praticamente amici" (1981), sempre di Corbucci, con Anna Maria Rizzoli e Renato Pozzetto. Tornò agli impegni d'autore con "La luna" (1979) di Bernardo Bertolucci e "Identificazione di una donna" (1982) di Antonioni. Il declino del genere poliziesco sembrò coincidere con quello della sua carriera ma, dopo un periodo di scarse apparizioni in pellicole non certo indimenticabili e di intensificati impegni teatrali, all'inizio degli anni novanta tornò negli Stati Uniti per partecipare, sia pure per parti minori, a film diretti da noti registi come Oliver Stone ("JFK"), Steven Spielberg ("Amistad"), James Gray ("The Yards"), Steven Soderbergh ("Traffic"), Andy Garcia ("The Lost City"), e a varie produzioni televisive. Attualmente vive a Miami Beach in Florida. Nel 2011 è ritornato in Italia, dopo un'assenza di vent'anni, per girare il film "Roma nuda" (rimasto tuttora inedito per problemi distributivi), con la regia di Giuseppe Ferrara, dove interpreta il ruolo di un funzionario di polizia in pensione. Durante una sua intervista per il programma Rai del 2010, ha dichiarato che alla sua morte vorrà essere sepolto sotto la terra di Roma, città che ha regalato all'artista una notorietà inossidabile nonostante i tanti anni di silenzio artistico. L'8 ottobre 2014, dopo una lunga gestazione, esce la sua autobiografia, scritta con la collaborazione di Manlio Gomarasca, "Monnezza amore mio". Nel 2014 è protagonista del documentario "The Cuban Hamlet – Storia di Tomas Milian", diretto da Giuseppe Sansonna, nel quale Tomas Milian ritorna dopo 58 anni nella sua Cuba, che aveva lasciato nel 1956. Auguri & Onore a Tomas Milian, il più grande trucido di tutti!

"Te devi fa' un ber clistere de ceramica, così diventi un bel cesso de lusso"
Nico Giraldi/Tomas Milian - Delitto al ristorante cinese

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